Sembrava tutto pronto: l’accordo politico c’era, i numeri anche. E invece Friedrich Merz non ce l’ha fatta. Il leader della Cdu, che avrebbe dovuto guidare il prossimo governo tedesco sostenuto dalla Grande Coalizione tra cristiano-democratici e socialdemocratici, ha fallito per sei voti la fiducia del Bundestag. Uno scarto minimo, ma sufficiente a far deragliare una macchina che sembrava già in corsa.
A sorpresa, la seduta del Parlamento federale, che avrebbe dovuto sancire l’avvio del nuovo esecutivo, si è chiusa in un clima surreale di incertezza. Con 310 voti favorevoli, 307 contrari e 3 astensioni, Merz ha mancato la maggioranza assoluta richiesta di 316 voti. La coalizione nero-rossa – Cdu/Csu e Spd – aveva 328 seggi sulla carta, dodici in più del necessario. Il fallimento del primo turno di votazione apre ora una fase di crisi parlamentare dagli esiti imprevedibili.
Una formalità mancata, cosa è successo?
Alle 9:35 la chiamata al voto si è chiusa in aula. Poco dopo, il verdetto: Merz non è cancelliere. Il dato è tanto secco quanto sorprendente. In presenza anche dell’ex cancelliera Angela Merkel, la debolezza della nuova maggioranza si è materializzata nel momento più delicato, nonostante settimane di negoziati rapidi e apparentemente efficaci.
La Cdu e la Csu contavano rispettivamente su 208 seggi, ai quali si aggiungevano i 120 della Spd. Un margine sottile, certo, ma sufficiente, almeno in teoria, a garantire una navigazione sicura. Invece, sei voti si sono persi – per dissenso, per calcolo politico o per puro sabotaggio interno – e hanno mandato in stallo la nascita del nuovo governo.
Germania senza governo, cosa succede ora?
Quella che doveva essere una semplice formalità si trasforma ora in una crisi al buio. Secondo l’articolo 63 della Legge fondamentale tedesca, il Bundestag ha ora 14 giorni per eleggere Merz – o un altro candidato – con una maggioranza assoluta. Se nessuno ci riuscirà, sarà il presidente federale a decidere se nominare un cancelliere di minoranza o sciogliere la camera e indire nuove elezioni. Uno scenario da incubo, in un contesto già segnato da incertezza economica e politica.
La mancata fiducia arriva mentre l’economia tedesca fatica a rialzarsi: dopo due anni consecutivi di lieve recessione, anche il 2025 potrebbe chiudersi con una crescita piatta. Il rallentamento dell’export, il ridimensionamento dell’industria automobilistica, i ritardi sulla transizione elettrica e l’impatto della nuova guerra dei dazi avviata da Donald Trump sono solo alcune delle zavorre che gravano su Berlino.
Il modello tedesco mostra segni di stanchezza strutturale. In questo scenario, la promessa della nuova coalizione di rilanciare gli investimenti attraverso la storica riforma del freno al debito – già approvata con l’appoggio dei Verdi – rappresentava la principale leva di rilancio. Ma senza un governo legittimato, anche quella leva rischia di restare sospesa.
Un accordo-lampo diventato un boomerang
Il fallimento della fiducia è tanto più clamoroso se si considera la velocità con cui Cdu-Csu e Spd avevano raggiunto l’accordo di governo: solo 45 giorni dopo le elezioni del 23 febbraio, con trattative insolitamente rapide per gli standard tedeschi. La riforma costituzionale per allentare lo Schuldenbremse (freno del debito) e l’accordo su una ripartizione dei ministeri equilibrata avevano fatto pensare a una stabilità ritrovata.
Invece, il voto segreto ha svelato tensioni profonde e forse sottovalutate. Il programma presentato da Merz, basato su forti investimenti pubblici, stretta sull’immigrazione e sgravi fiscali per redditi medio-bassi, avrebbe dovuto rappresentare un compromesso accettabile per entrambi i partner. Ma il risultato mostra che, sotto la superficie, qualcosa si è già incrinato.
La pressione di AfD e il fantasma dell’estrema destra
A complicare ulteriormente il quadro, c’è la crescente forza dell’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD), che alle ultime elezioni ha sfiorato il 21% e nei sondaggi ora affianca la Cdu. L’ombra lunga del populismo pesa sempre di più sulla politica tedesca.