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QUIRINALE – La candidatura di Marini mette a nudo tutte le divisioni del Pd: da Renzi alla sinistra

Il prescelto è Franco Marini. Il petalo estratto dalla rosa dei candidati del Pd per la corsa al Quirinale è quello dell’ex presidente del Senato, rimasto fuori dal Parlamento, come ha ricordato con una certa perfidia Matteo Renzi nei giorni scorsi, dopo l’ultima tornata elettorale. Una scelta che piace al Pdl e, con qualche riserva, anche a Scelta civica, ma che, invece, si è abbattuta come un ciclone sul centrosinistra, lasciando intatto solo qualche palazzo, mentre intorno è polvere e macerie.

Il nome di Marini è emerso dal colloquio tra Bersani e Berlusconi, che ha ottenuto così ciò che realmente voleva, l’esclusione di Prodi dalla corsa, accettando di buon grado un candidato moderato come Marini e invitando il suo gruppo a votare compatto. L’ex presidente del Senato, seguendo la logica delle larghe intese, è visto come l’elemento capace di raccogliere su di sè la maggior trasversalità di consensi tra i vari schieramenti politici. 

Una trasversalità di consensi, però, che non è stata tale all’interno del centrosinistra: i grandi elettori del Pd hanno approvato la scelta con 222 sì e 90 al termine di un’assemblea rovente. Molti gli scontenti, a partire da Matteo Renzi, che già nei giorni scorsi aveva bocciato severamente la candidatura di Marini, colpevole, a suo dire, di aver sfruttato la sua appartenenza cattolica per ottenere una poltrona. Per il sindaco di Firenze, che può contare su una cinquantina di delegati, l’ex presidente del Senato è “la scelta peggiore”.

Non solo Renzi, però, perchè anche Stefano Fassina, e con lui tutti i giovani turchi, non hanno preso bene la decisione, e non hanno fatto nulla per nasconderlo. Ma l’ultimo strappo in ordine di tempo è quello di Nichi Vendola, fin qui piuttosto silente. Il leader di Sel ha espresso tutte le sue perplessità su Marini, annunciando la decisione del suo gruppo di sostenere Stefano Rodotà, candidato ufficiale del Movimento 5 Stelle dopo le rinunce di Milena Gabanelli e Gino Strada.

Ma a esprimere la loro delusione, oggi, sono soprattutto gli elettori del Pd. Dando una rapida occhiata sui social network, si leva un coro di voci che suona un’unica nota, il “no” convinto alla scelta di Marini, una scelta che viene vista come il fumo negli occhi da una base che tutto vorrebbe, ma non ritrovarsi in mano, ancora una volta, a Silvio Berlusconi. 

La base si auspicava piuttosto un’apertura al Movimento 5 Stelle sul nome di Rodotà, oppure una ripetizione della mossa, assai felice, che aveva portato alla presidenza delle Camere Grasso e Laura Boldrini, la proposta di un nome relativamente nuovo e sorprendente, che unisse la sinistra e mettesse con le spalle al muro i grillini. Il nome che ricorre più spesso, nei post su Facebook e nei tweet, è quello di Emma Bonino.

E mentre i consensi verso il partito e, soprattutto, verso il suo leader continuano la loro inflessibile erosione, il Pd deve deidere cosa vuole fare da grande: andare per la sua strada o continuare a inseguire i grillini, oppure aprire definitivamente la porta a Berlusconi e a un governo di larghe intese, sapendo che ognuno di questi tre sentieri porta a una salita impervia.

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