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Lotta alla violenza sulle donne e parità di genere fanno bene al Pil

FIRSTonline

Ricorderemo a lungo il mese di novembre 2020 come il tempo della progettualità e della ripresa economica e finanziaria post Covid-19, soprattutto da quando il dibattito sulle priorità degli investimenti del Recovery Fund in Italia ha monopolizzato l’attenzione mediatica. Novembre è anche il mese della lotta alla violenza contro le donne, e più in generale del rispetto della parità di genere e delle misure politiche, sociali ed economiche che fanno sì che le discriminazioni di genere sul lavoro e nella vita quotidiana diventino sempre più marginali. Apparentemente distanti, le due questioni sono in realtà conciliabili e interconnesse: parole d’ordine dei nuovi provvedimenti inseriti nella nuova legge di bilancio saranno la decontribuzione sul lavoro femminile, le politiche di conciliazione di lavoro e famiglia e gli strumenti da fornire alle aziende per permettere la crescita delle donne nella carriera. «Si tratta di una grande apertura, un passo importante, ma ancora insufficiente per poter parlare di un inizio di un cambiamento che dipenderà dall’impegno di ciascuno di noi», spiega la senatrice Donatella Conzatti, capogruppo di Italia Viva in commissione Bilancio e segretaria della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, istituita nel 2018.

«In ogni caso le risorse per le donne non saranno mai abbastanza nel nostro paese. Il Recovery Fund ha messo l’accento sulla valenza economica della parità di genere, e quest’ultima in Italia può valere quasi quanto l’indebitamento di quest’anno, 100 miliardi, se avessimo lo stesso livello di occupazione maschile o se le donne avessero lo stesso livello di occupazione delle donne europee»: insomma, spiega convinta Conzatti, «il Recovery Fund potrebbe rappresentare un impulso straordinario per la nostra economia». Investire nell’occupazione femminile dunque non solo per rispettare la parità di genere ma anche per rendere i nuovi investimenti un volano per la crescita. Le ultime stime evidenziano infatti che se con il Recovery Fund l’occupazione femminile salisse al 60%, il Pil aumenterebbe di 7 punti percentuali.

«L’Italia è al quartultimo posto per occupazione femminile tra i paesi dell’Unione europea. Tra contrasto alla violenza di genere e promozione della parità lavorativa si stanziano nel nostro paese oltre 30 milioni di euro l’anno ma il costo diretto e indiretto delle discriminazioni e delle violenze (assistenti sociali, spese mediche e legali) ammonta a 17 miliardi di euro l’anno. Serve che ci siano più risorse, ed è necessario l’impegno di ciascuno di noi su tutti i fronti», continua la senatrice renziana. Ed è proprio sul senso della Prevenzione nel contrasto alla discriminazione e alla violenza di genere che la senatrice Conzatti sarà relatrice in un convegno in Senato il 27 novembre dal titolo “La prevenzione della violenza sulle donne attraverso l’intervento sugli uomini autori di atti di violenza domestica” dove presenterà il Disegno di legge sugli uomini maltrattanti che porta il suo nome. Un lavoro delicato e poco dibattuto quello da svolgere sugli uomini maltrattanti in Italia, per il quale Donatella Conzatti ha ricevuto delle critiche da alcune frange del femminismo radicale, ma su cui non intende mollare la presa: «È interesse di tutti che le donne e i figli siano protetti, e che i figli maschi non imparino il comportamento violento dei padri. Però noi siamo convinte che per attuare tutto questo serva anche lavorare sugli uomini».

Se infatti gli autori delle violenze sulle donne sono gli uomini, spiega la senatrice impegnata da anni sul tema, «serve che essi siano i primi a cambiare comportamento per cambiare il contesto culturale del paese, e questo è un lavoro che va fatto dalle scuole all’università con campagne di comunicazione con un orizzonte medio. Non possiamo non lavorare sugli uomini. Non si tratta di un approccio alternativo alla lotta contro la violenza: come dice la Convenzione di Istanbul è un approccio integrato su più livelli di intervento, e gli uomini devono far parte di questo grande progetto». E i numeri delle cifre stanziate per il contrasto alla violenza di genere nella nuova legge di bilancio non possono che dare ragione a questo approccio: 30 milioni di euro per sostenere i centri antiviolenza, l’assistenza sociale alle donne maltrattate e le spese mediche e legali per i casi più gravi. Un milione di euro invece per i costi delle strutture che ospiteranno gli uomini maltrattanti, che però dovranno pagare di tasca propria i percorsi di riabilitazione in società così come altre spese legate alla vita in comunità.
Contrasto alla violenza a parte, la partita fondamentale per l’inclusione di genere e per la parità si gioca soprattutto nel campo economico con nuove politiche pubbliche volte all’eguaglianza salariale e all’accesso al lavoro. «Noi stiamo lavorando perché il Governo italiano assuma un impegno affinché ci siano delle risorse certe destinate al riequilibrio di genere che aiuterà l’Italia a ristabilire con il lavoro femminile punti di crescita, a incrementare la natalità al nostro paese e anche di conseguenza a equilibrare conti previdenziali», insiste la senatrice che non dimentica che «quando si parla di questi temi parliamo di economia esattamente come quando parliamo di Mes o di Recovery Fund, perché le donne occupate in Italia sono ancora solo una su due ma se l’occupazione femminile fosse piena, se riuscissimo a portare al lavoro due milioni di donne in più, il Pil aumenterebbe di un punto all’anno».

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