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Crisi raffinazione in Italia, al via indagine alla Camera

Con l’audizione dei sindacati prende il via in commissione Attività produttive della Camera l’indagine sul settore della raffinazione in Italia. Questo comparto, sin dal 2009, sta attraversando una grave crisi determinata da molteplici fattori che hanno condotto ad un calo generalizzato dei consumi di carburanti e ad un drastico ridimensionamento delle esportazioni soprattutto verso gli Stati Uniti.

Ma è l’intero settore della raffinazione europea a essere investito da alcuni anni da una crisi di sistema, che potrebbe evolvere verso un quadro ben più drammatico rispetto a quanto già osservato. Occorre poi aggiungere che le nuove regole introdotte dall’Ue in materia di efficienza energetica hanno avuto un forte e negativo impatto sulle raffinerie europee, mettendo a rischio il mantenimento di questa industria in Europa.

Sul fronte Italia, il nostro sistema è costituito da 16 raffinerie, per una capacità complessiva di raffinazione di poco superiore ai 100 milioni di tonnellate/anno. Si tratta di realtà industriali e di investimenti importanti per l’economia locale, con numeri significativi sul piano dell’occupazione diretta e indotta, e la cui chiusura avrebbe ripercussioni a cascata su tutto l’hinterland in cui operano.

In particolare, gli impianti attualmente presenti sono quelli di Augusta (ExxonMobil), Busalla (Iplom), Cremona (Tamoil), Falconara (Api), Gela (Eni), Livorno (Eni), Mantova (Mol), Milazzo (Eni/Kupit), Pantano (Total/Erg), Porto Marghera (Eni), Priolo (Erg/Lukoil), Sannazzaro (Eni), Sarroch (Saras), Taranto (Eni) e Trecate (ExxonMobil/Erg).

L’indagine conoscitiva che la commissione Attività produttive ha avviato vuole approfondire l’analisi sul settore della raffinazione come rilevante comparto del sistema industriale del nostro Paese e della sua intera economia a causa delle strette interdipendenze che legano la raffinazione a molteplici comparti produttivi.

Scopo dell’indagine è inoltre quello di valutare la necessità di interventi di carattere legislativo che – viene specificato – “non potranno prescindere da una maggiore consapevolezza circa la strategicità del settore della raffinazione ai fini della sicurezza energetica del Paese né da una profonda e concreta analisi dei possibili impatti sul piano occupazionale e sociale di eventuali chiusure stante il consistente numero di occupati, diretti ed indiretti, nel settore e del loro alto grado di qualificazione tecnica e professionale”.

I sindacati di categoria aprono una lunga serie di audizioni che vedranno susseguirsi, oltre all’Unione Petrolifera e a Confindustria, anche i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico. L’indagine non dovrebbe prolungarsi oltre i 4 mesi.

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