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Crisi, a piccoli passi anche la Germania sta cambiando strategia in difesa dell’euro

“Rafforzare l’euro è un obiettivo ambizioso, ma raggiungibile, da perseguire passo dopo passo”. Così si espressa ieri Angela Merkel, a margine del vertice bilaterale a Berlino con il Presidente francese, Nicolas Sarkozy. Il Cancelliere deve da mesi fare i conti, da un lato con le critiche che provengono dall’estero, secondo le quali ella mancherebbe del necessario europeismo per risolvere la crisi e dall’altro con le critiche interne dei suoi elettori, secondo cui l’esecutivo avrebbe già concesso fin troppo agli altri Stati membri, Francia inclusa. Dopo la delibera del Consiglio Europeo di dicembre sul cosiddetto Fiscal Compact, il vertice di ieri è servito ad accelerare ulteriormente i tempi  per l’entrata in vigore delle misure previste. Già entro fine gennaio i capi di Stato e di Governo dovrebbero infatti firmare il trattato internazionale valido per l’UEM e per alcuni paesi dell’UE. Non c’è tuttavia accordo sull’ambito di applicazione della Tobin Tax. Benché Merkel e Sarkozy si siano nuovamente detti a favore, in Germania lo scetticismo per un balzello che non va certo a toccare le radici della crisi attuale aumenta di giorno in giorno, in particolare presso la Bundesbank. Secondo i media tedeschi, i liberali dell’FDP, alleati del Cancelliere, sarebbero tuttora contrari alla tassa, anche se in realtà nel maggio del 2010 il gruppo parlamentare liberale deliberò in maggioranza a suo favore. La scorsa settimana lo stesso Ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, si era detto pronto ad applicarla anche qualora non vi fosse l’accordo dei colleghi europei. Ora pare che la signora Merkel ci abbia (di nuovo) ripensato.

Come tuttavia suggeriscono diversi economisti tedeschi in un’intervista comune rilasciata al settimanale economico Wirtschaftswoche, la soluzione della crisi passa soprattutto per altre vie e la Tobin Tax è un’arma di distrazione di massa. In primo luogo, il Fiscal Compact non fa abbastanza nel breve termine. Per Stefan Schilbe, il capo economista di HSBC in Germania, accanto alle regole di consolidamento, urge ora implementare un firewall in grado di reggere l’onda d’urto dei prossimi mesi. L’entrata in vigore dell’ESM, il veicolo che dovrebbe aiutare i paesi in difficoltà a rifinanziarsi senza troppe difficoltà, è stata già anticipata alla metà di quest’anno. Ma nel frattempo l’EFSF stenta a decollare. Gli investitori sono titubanti di fronte a garanzie degli Stati membri non meglio precisate. Secondo il professor Hans–Joachim Voth, intervistato anch’egli dal settimanale Wirtschaftswoche, l’enfasi finora posta sull’obbligo di risparmio dei paesi periferici è eccessiva. “Si tratta di misure fortemente procicliche. Non ha senso che l’Italia approvi una manovra del genere” ha detto anche il socialdemocratico Peter Bofinger, tra i cinque saggi economici che consigliano l’esecutivo. “L’unica istituzione di dare un segnale chiaro ai mercati è la BCE, che dovrebbe mostrarsi disponibile a comprare in quantità illimitata titoli di Stato”, dice ancora Schilbe. Un segnale del fatto che l’atteggiamento tedesco sia sul punto di cambiare è dato peraltro dalle parole distensive del neoeletto membro tedesco all’Eurotower, Jörg Asmussen, secondo il quale il consiglio direttivo non dovrà più apparire diviso all’esterno. Chiare le critiche implicite ai furiosi attacchi degli scorsi mesi provenienti dai falchi Weber e Stark. Dal canto suo, Michael Hüther, direttore dell’Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia (IW) e tra i più strenui sostenitori dei pacchetti di risparmio nei PIIGS, considera l’ipotesi di una fuoriuscita della Grecia dannosa, soprattutto per l’economia tedesca e per la sua industria esportatrice. Non parliamo poi dell’idea tedesca di abbandonare l’euro: “Dovremmo dire addio a tutti i progressi degli ultimi dieci anni”, conclude Schilbe.

Giovanni Boggero scrive di Germania per Il Foglio, Il Riformista e Aspenia.

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