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Ricorso al Tar di Epap con Cassa dei Ragionieri e Adepp contro il Ministero del Lavoro

L’Epap, l’Ente di previdenza di geologi, chimici, agronomi/forestali e attuari, ha fatto ricorso al TAR del Lazio contro la mancata approvazione, da parte del Ministero del Lavoro, della propria riforma contributiva.

Oggetto del contendere è l’articolo 4, che prevede l’aumento del contributo integrativo (quello che i clienti pagano in fattura) dall’attuale 2% al 4% ai sensi della legge n. 133/2011, meglio conosciuta come legge Lo Presti. Secondo il Ministero del Lavoro l’incremento del 2% (che porterebbe appunto l’aliquota al 4%) può valere per i committenti privati ma non per le amministrazioni pubbliche, cui si dovrebbe continuare ad applicare il 2%. Di qui la mancata approvazione della riforma contributiva dell’Ente.

L’Epap ritiene davvero singolare questa interpretazione della legge Lo Presti, la quale prevede sì che non ci siano costi per la “finanza pubblica” (e non per le amministrazioni pubbliche tout-court), ma soltanto per la sostenibilità degli Enti. Sarebbe come se le amministrazioni pubbliche non pagassero l’IVA esposta in fattura o ne pagassero una ridotta della metà.

Prima dell’Epap hanno subito la stessa sorte altri due enti previdenziali: l’Enpapi (infermieri professionisti) e l’Eppi (periti industriali). L’assurdità di tale interpretazione – sottolinea l’Epap – si rileva in un parere pro-veritate espressamente chiesto dall’ Eppi e da una interpellanza parlamentare posta al Governo dallo stesso On. Nino Lo Presti, primo firmatario della legge 133/2012 che porta il suo nome, cui ha risposto il viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali Michel Martone. Basti ricordare che i geometri, gli ingegneri/architetti, i commercialisti e gli avvocati espongono nelle loro fatture sempre il 4% di contributo integrativo sia per la committenza privata, sia per la committenza pubblica.

Contro la determinazione di rigetto della riforma contributiva da parte del Ministero del Lavoro l’Epap ha quindi deciso di opporre un ricorso al TAR del Lazio. Al ricorso hanno aderito, per sostenerne le ragioni, anche la Cassa dei Ragionieri e l’intera Adepp, ovvero l’associazione degli Enti di previdenza dei liberi professionisti.

“La legge Lo Presti – ha sottolineato il presidente dell’Epap Arcangelo Pirrello – è stata la prima (e l’unica) legge a venire incontro alla primaria esigenza di permettere agli Enti previdenziali privati dei liberi professionisti di elargire pensioni quantomeno dignitose. Il sistema contributivo puro, infatti, se è in grado di garantire la sostenibilità a lungo termine, produce un inevitabile disagio nell’ammontare delle pensioni che sono attualmente caratterizzate da un tasso di sostituzione del 20%: significa che con 37 anni di contribuzione si percepirà una pensione pari al 20% appena dell’ultimo reddito.

La Legge Lo Presti permette l’aumento della contribuzione integrativa che, di fatto, produce  un trascinamento della contribuzione soggettiva (dal 10% al 15% secondo la riforma Epap) e quindi montanti più corposi e pensioni meno mortificanti”.

“Con una interpretazione a dir poco ‘libera’” – ha osservato ancora Pirrello – “il Ministero ritiene che l’aumento della contribuzione integrativa debba essere esclusivamente sulle prestazioni professionali verso i privati. In questo modo si verrebbe oltretutto a creare una grave disparità tra le pensioni di professionisti che lavorano con committenti pubblici e le pensioni di professionisti che lavorano prevalentemente con committenti privati. Lo Stato, che è chiamato a vigilare sulla adeguatezza (e naturalmente sull’equità) delle pensioni ai sensi dell’Articolo 38 della Costituzione, non può permettere una simile, iniqua e ingiusta interpretazione”.

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