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Fiat, Mirafiori sospesa tra la chiusura il miraggio della 500X

Ma non era il caso di accelerare la produzione della nuova Punto invece di puntare le proprie carte su una nuova versione della 500? Olivier François, responsabile del marketing Fiat, guarda Marchionne, poi risponde così: “Credo di poter interpretare il pensiero del mio capo: questo è il momento ideale per non fare cazzate. Scusate, ma non mi viene un termine più adatto…”. Marchionne, seduto in terza fila accanto a Gian Luigi Gabetti (in piena forma), ride di gusto. E apprezza anche il coup de théatre finale: per pochi secondi, in fondo al palco, s’intravvede la sagoma della 500 X, la sette porte che, se le cose fileranno lisce, verrà prodotta sulle linee di Mirafriori a fine 2013. Ma allo stato attuale quella vettura è quel che appare sul palco: un miraggio, o poco più.

E’ in questa cornice che il ceo di Fiat e Chrysler lancia il suo affondo, ribadendo cose note ma con accenti ultimativi perché i tempi stringono. “Certe cose – dice – andavano fatte ieri”. Nel frattempo, ci sono due fatti nuovi:

A) la Fiat ha esercitato la call sul 3,3% di Chrysler, salendo così al 61,8%. E’ solo il primo passo, perché il Lingotto intende esercitare le opzioni rimanenti e poi procedere all’acquisto dell’intera Chrysler. Quando? “Senz’altro prima del 2016. Mi preme sottolineare che la Fiat ha già in cassa i soldi necessari per l’operazione”.

Intanto la crescita di Chrysler prosegue a gonfie vele: l’utile operativo già quest’anno supererà i 3 miliardi, il target di 2,8 milioni di vetture entro il 2014 rischia di essere raggiunto l’anno prossimo. “Siamo ai limiti – spiega Marchionne – Anche se sa questa settimana è partito il terzo turno a Jefferson North e faremo lavorare gli impianti a pieno regime dal Messico al Canada”.

B) E’ qui che interviene la seconda novità. Stamane Fiat presenterà il suo ricorso contro la sentenza del tribunale di Roma che impone l’assunzione di 145 tesserati della Fiom. Al di là della battaglia legale e sindacale, “che lascio agli avvocati”, a Marchionne preme sottolineare che: 1) “L’offerta di utilizzare gli impianti italiani per produrre per conto del cliente Chrysler è più che mai attuale. Ma non si farà nulla finché non ci sarà la necessaria tranquillità italiana. Il diritto di fare impresa è della Fiat”; 2) in assenza di questo accordo tra Fiat e Chrysler, “data la situazione del mercato europeo, almeno uno stabilimento italiano su quattro è di troppo”. Potrebbe essere Mirafiori? “Con questo mercato – replica il ceo di Fiat – non intendo prendere alcun impegno”.

L’analisi del Lingotto sul mercato è netta. “La crisi della domanda – spiega Marchionne – è destinata a durare per altri 24-36 mesi”. Ma non è solo questione di volumi, bensì di prezzi. “In queste condizioni di concorrenza sui listini, che avvantaggiano i consumatori ma sono insostenibili per i produttori, sarebbe un errore lanciare nuovi modelli”. Per ora, poi, non è stato fatto alcun passo per ridurre la sovraccapacità produttiva nell’Europa Occidentale. Di qui la conclusione: o si lavora per il “cliente Usa”, cioè Chrysler, o si procede al taglio di almeno una fabbrica in Italia.

Ma il”cliente Usa” altri non è che lo stesso Marchionne, che non intende praticare sconti alla Fiat in Europa né tantomeno in Italia. “Chrysler – insiste – chiede di comprare alle condizioni di mercato”. Questione di prezzi, ma ancor di più di affidabilità degli impianti, che devono essere in grado di garantire al “cliente” la stessa flessibilità produttiva del resto del mercato. E non a caso Marchionne si rifa al contratto che le Unions britanniche hanno firmato con Gm per l’impianto di Ellesmere, dove si sposterà parte della produzione Opel. “Leggete quel contratto – insiste Marchionne – Sono previste 51 settimane di lavoro all’anno, tre turni più il sabato obbligatorio su richiesta dell’azienda. Queste sono le condizioni praticate sul mercato”, da cui Fiat non intende derogare. “Ma io – conclude Marchionne – continuo a lavorare per un progetto positivo. Non fatemi dire che io voglio chiudere uno stabilimento”.

Mirafiori, insomma, resta sospesa tra il “miraggio” del nuovo prodotto e la spada di Damocle della chiusura. Ieri, in occasione della presentazione della 500 L, in origine concepita per l’impianto torinese poi dirottata a Kragujevac, Serbia (“dove abbiamo goduto di una serie di vantaggi” riconosce il Ceo), si è fatta notare l’assenza dalla festa di John Philipp Elkann, il presidente di Exor. Non è un segnale positivo: nella storia Fiat quando si avvicinano i momenti più gravi, è buona norma che l’azionista di controllo si defili.    

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