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Coronavirus: c’è tempo per cucinare, addio ai “piatti pronti”

Il coronavirus sta stravolgendo le nostre abitudini alimentari. E non necessariamente in peggio, anzi. Se è vero che purtroppo dobbiamo rinunciare ad andare anche nei migliori ristoranti, è soprattutto vero che la quarantena ci costringe a casa, incentivandoci dunque – non fosse altro che per passare il tempo (sempre che non abbiamo comunque da lavorare) – a cimentarci con la cucina. Il fatto che la farina sia il prodotto più acquistato suggerisce un ritorno ad esempio del pane fatto in casa (una tradizione che appassiona il 32% delle famiglie), ma non solo: in questi giorni stanno spopolando sulla rete ricette e corsi di cucina di ogni tipo e per ogni livello.

Un altro dato ci conferma il ritorno all’home made: con l’emergenza Coronavirus infatti si sta verificando una storica inversione di tendenza e per la prima volta nei supermercati gli acquisti di piatti pronti take away calano addirittura del 18%, ma il crollo arriva al 27% per i prodotti della rosticceria. Il motivo è chiaramente il boom del fai-da-te domestico, che sia per passione o per fare di necessità virtù. Il dato è stato elaborato da Coldiretti, sulla base dei dati del mondo Coop dell’ultima settimana rispetto alle due precedenti.

Si tratta di un andamento della spesa che non si era mai registrato in passato, dettato come detto dall’esigenza di passare il tempo fra le mura domestiche: lo dimostra anche l’aumento degli acquisti di lievito di birra (+122%), della citata farina (+90%), di mozzarella anche per fare la pizza (+25%), di latte a lunga conservazione (+21%), di conserve di pomodoro (+17%), e infine zucchero (+9%). Guarda caso, tutto il necessario per fare impasti e dolci.

Dall’indagine di Coldirette emerge anche un dato se vogliamo commovente: l’82% degli italiani sta cercando in ogni modo di acquistare prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio, in un momento che si preannuncia drammatico per tutto il sistema, compresa la filiera agroalimentare. Non inganni infatti l’aumento record del 7,9% del fatturato dell’industria alimentare a gennaio: gli scaffali in questa fase sono salvi, ma gestire tutti i rischi, ad incominciare dal prevedibile crollo dell’export, non sarà una passeggiata.

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