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Bankitalia e la trappola della discontinuità dei Cinque Stelle

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La discontinuità pretesa dai Cinque Stelle e, in minor misura dalla Lega, sulla Banca d’Italia e sulla Ragioneria Generale dello Stato (RGS) ha soprattutto due nomi e due obiettivi: via Salvatore Rossi dalla Direzione Generale della banca centrale e via Daniele Franco dalla guida di RGS e suo ritorno in Bankitalia. È questo il piano perverso a cui lavorano i Cinque Stelle e il Governo, per il tramite del premier Giuseppe Conte che nei giorni scorsi ha incontrato il Governatore Ignazio Visco, al quale per legge spetta il compito di avanzare le candidature per il vertice della banca centrale da sottoporre al parere consultivo dell’Esecutivo e alla firma del Presidente della Repubblica.

Lo scopo del Governo ma soprattutto del vicepremier pentastellato, Luigi Di Maio, che deve recuperare in termini di immagine e di potere dopo le sconfitte elettorali e politiche subite in pochi mesi di governo, è chiaro: ammorbidire le critiche della Banca d’Italia e della Ragioneria Generale dello Stato alla politica economica del Governo e influire sui delicati equilibri che sorreggono le nomine ai vertici di due istituzioni essenziali del Paese dopo lo smacco subito in Consob e non solo.

La legge affida al Governatore della Banca d’Italia il potere di opporsi o di subire i disegni pentastellati attraverso il rinnovo delle nomine e a fine marzo, quando si riunirà il Consiglio Generale di Via Nazionale per discutere la materia, i giochi saranno chiari. Ma è fin troppo evidente che la vera posta in gioco non sono le nomine in sè ma l’indipendenza o meno della banca centrale dal Governo che in esse si sostanzia.

Se il Governatore subirà le pressioni dei Cinque Stelle potrà anche dire di aver formalmente difeso l’autonomia della Banca centrale avanzando le sue candidature per il Direttorio, dove il vice direttore Luigi Federico Signorini è per ora congelato e dove altri due membri (il Dg Rossi e la vice dg Valeria Sannucci) scadono il 20 maggio, ma sarà evidente a tutti che la resa alle ingerenze dei Cinque Stelle colpirà al cuore l’indipendenza di Via Nazionale dal potere politico. C’è da sperare che Visco, con la benedizione del Quirinale, riesca a resistere.

Se così non fosse, resterebbe invece da vedere se, una volta sacrificata la testa incolpevole del Direttore generale Rossi, che tutti conoscono come galantuomo ed economista fine e indipendente, a prenderne il posto sarà l’attuale Ragioniere Generale dello Stato Daniele Franco – che verrebbe sostituito nel suo attuale incarico da un candidato interno al Tesoro – o il vicedirettore di Banca d’Italia, Fabio Panetta. In questo secondo caso il risultato sarebbe a dir poco paradossale: non tanto perché Panetta è uno degli ultimi allievi dell’ex Governatore euroscettico Antonio Fazio, il cui mandato in Via Nazionale finì rovinosamente, ma perché proprio a Panetta spetta nel Direttorio la supervisione sulla Vigilanza bancaria, ripetutamente messa sotto accusa anche dai Cinque Stelle.

Se c’è un campo dove la discontinuità – di regole e di uomini – di Banca d’Italia sarebbe benvenuta è proprio quella della Vigilanza ma curiosamente (si fa per dire) Panetta è stato l’unico candidato al rinnovo del suo incarico di Vicedirettore su cui i Cinque Stelle ad ottobre non ebbero nulla da eccepire. E nessuno ha mai creduto che fosse un caso.

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