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Visco: la Vigilanza europea rende più “pressante” la trasformazione delle banche popolari in spa

In settimana gli avversari della riforma Renzi sulle banche popolari giocheranno tutte le loro carte per ostacolarne e ritardarne il cammino parlamentare sollevando, nell’aula di Montecitorio, la pregiudiziale di incostituzionalità del decreto e sostenendo che non esistono i presupposti di “necessità e urgenza”. Ma contro queste obiezioni speciose il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha calato un asso nel suo intervento di sabato al congresso Assiom-Forex che taglia la testa la testa al toro.

Come già nel ’92 per la trasformazione per decreto di Iri, Eni, Enel e Ina, l’urgenza di modernizzare e mettere in sicurezza le maggiori Popolari dopo oltre vent’anni di attesa della riforma e di evitare che l’incertezza alimentasse fenomeni criminosi di insider trading e aggiotaggio in Borsa basterebbe a motivare il ricorso al decreto da parte del governo Renzi, ma il Governatore è andato più in là e ha messo sul tavolo un argomento incontrovertibile. 

Ad avviso di Visco, è il fatto che già da novembre ben 8 delle 10 Popolari sotto riforma (tranne cioè Etruria e Bari) siano passate sotto la Vigilanza europea della Bce a rendere “pressante” la loro trasformazione in spa, come prevede la riforma del Governo. Non solo perché il voto capitario e la blindatura attuale delle grandi Popolari non piacciono alla Bce – il cui presidente Mario Draghi si è sempre battuto per la loro trasformazione in spa – ma perché – ecco il punto cruciale sollevato dal Governatore – nuovi e “adeguati assetti di governo societario” sono “essenziali” per “accrescere solidità patrimoniale e capacità competitiva” delle stesse grandi banche popolari.

La trasformazione delle maggiori Popolari in spa – ha insistito Visco – “accresce la capacità di ricorso al mercato dei capitali”  che è decisiva per adeguare i ratios patrimoniali. Non ci scordiamo, del resto, che, secondo i dati di fine 2013, nessuna delle grandi banche popolari italiane, tranne Ubi, ha superato il doppio test della Bce, composto da stress test e asset quality review e che sette delle otto Popolari vigilate da Eurotower sono state rimandate a settembre e, infine, che otto delle dieci sotto riforma avevano un total capital ratio sotto la media dell’insieme delle Popolari.

Nel corso del 2014 il requisito minimo per il total capital ratio è salito dall’8 al 10,5% e “buona parte delle grandi Popolari – come rilevava ieri “Il Sole 24 Ore” – si è messa in regola”, fatta eccezione per la Popolare di Vicenza, Veneto Banca e la Banca dell’Etruria e del Lazio. Ma la necessità di tenere i coefficienti patrimoniali sotto controllo, specialmente in tempi difficili, resta più viva che mai e su questo la Banca centrale europea non farà di sicuro sconti. Ecco perché la trasformazione delle maggiori Popolari in spa per facilitarne il ricorso al mercato non è un’optional ma un’urgenza vera, come da anni e non per caso sottolineano la Banca d’Italia, la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale a cui finalmente il governo Renzi dà una risposta con la riforma, che sarebbe delittuoso ostacolare.

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