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Rcs: oggi riunione del patto di sindacato, il titolo vola in Borsa

Non sarà certo una riunione di routine, a giudicare dall’atteggiamento della Borsa, quella dei grandi soci di Rcs Media Group di oggi pomeriggio. Il titolo stamane ha aperto con un eloquente +5%, poi ridimensionato nel corso della mattina a +2%. Ma i nuovi acquisti cadono dopo un forte rialzo, pari ad un guadagno complessivo del 22% nella scorsa settimana.

Un’altalena di prezzi che sta a testimoniare di una convinzione diffusa tra gli operatori: dal 31 ottobre prossimo, quando scadrà l’attuale patto di sindacato, la società editoriale sarà più contendibile. Come e quanto lo stabilirà la riunione odierna, la prima in cui si affrontano, in sede ufficiale, John Philip Elkann, il nuovo socio di riferimento favorevole a mantenere un patto “leggero” di consultazione, e Diego Della Valle, il dissidente per vocazione, che tine a far sapere che intende avere mano libera sulle proprie azioni. Mister Tod’s, intervenendo nei giorni scorsi a Otto e Mezzo ha infatti ribadito l’invito a “tre o quattro” grandi soci a sedersi al tavolo per liberare “l’azienda da patti che ormai non hanno più senso”, escludendo ogni ipotesi di partecipare ad accordi parasociali.

I motivi per cui Fiat intende tenere in vita un patto “leggero”, relativo alla governance, sono facilmente intuibili. Dopo il blitz estivo, Fiat è molto più di un primus inter pares nella stanza dei bottoni di via Solferino. E’ noto che Elkann è il principale sponsor dell’ad Pietro Scotto Jovane, che si è limitato ad un ferreo no comment di fronte alle possibili nozze societarie tra La Stampa e l’Editoriale del Corriere della Sera, magari preceduta da un’assai più probabile integrazione operativa (e finanziaria) delle concessionarie di pubblicità e dei centri stampa. Non è certo privo d’importanza il passaggio in Corsera del capo del personale de La Stampa, la cui crisi finanziaria pesa sui conti Fiat.

Altrettanto comprensibili, però, i motivi per cui Mediobanca e Generali non intendono fare eccezioni alla scelta strategica di uscire dalla logica dei patti, come già in occasione di Telecom Italia. Sia la Banca di piazzetta Cuccia che la compagnia intendono seguire in maniera rigorosa la logica della creazione di valore, anche perché margini per mantenere il salotto buono così com’è non ce ne sono. E l’editoria, a giudicare dalla tabella di marcia del business plan approvato dai soci Rcs, non promette certo ritorni pirotecnici nel prossimo futuro.

Diversa la posizione d’Intesa, nell’imbarazzante doppia posizione di azionista e di creditrice, in campo sia per vigilare “sull’inadempienza” del quotidiano (ruolo da cui Giovanni Bazoli non intende recedere) che sul rispetto delle scadenze da parte del debitore. 

In questi giorni gli osservatori si sono sbizzarriti a far la conta dei vari partiti. Attualmente il patto conta azioni per il 60,27%, con Fiat al 20,33%. Sembra scontato che vogliano lasciare l’accordo Mediobanca (14,17%), Fonsai (5,43%) e Generali (0,96%). E’ verosimile anche un addio anche da Merloni (0,51%), che già aveva chiesto invano un’uscita anticipata.

E di recente Carlo Pesenti di Italmobiliare (3,92%) ha detto che “in questo preciso momento storico i patti, compresi quelli di consultazione, non hanno più ragione di essere”, senza però precisare le sue intenzioni su Rcs. Determinante per la tenuta del patto sarà a questo punto l’atteggiamento di Pirelli (5,42%) e Intesa (5,09%), oltre che dei soci minori figurano Mittel con il 1,33%, Lucchini al’1,3%, Edison all’1,08%, e Bertazzoni allo 0,79%. 

A complicare la vicenda è il complicato meccanismo per la vendita delle azioni prevista per gli aderenti al patto. Nel caso si scenda sotto il 30% e si proceda alla liquidazione dell’accordo, scatterebbero clausole che prevedono opzioni e tempi lunghi (fino a 3 anni…) per la vendita delle azioni. Quote consistenti fuori patto restano agli eredi Rotelli (3,37%) e a Urbano Cairo (2,84%), oltre ovviamente a Della Valle.

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