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Pitti uomo, Italian fashion e rilancio: al via la rassegna a Firenze

E’ il pensiero positivo che sembra dominare l’ottantaduesima edizione di Pitti uomo che si è aperta oggi a Firenze. Nonostante la crisi molto severa che ancora incombe, la volontà di andare oltre degli imprenditori della moda è evidente: basterebbe solo osservare la scelta attenta dei prodotti, nuovi, raffinati e di grande qualità. “I punti forti di quest’anno – spiega Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine, la società che organizza la manifestazione fiorentina – sono l’internazionalizzazione e il lavoro di ricerca che è stato fatto in particolare sull’abbigliamento formale contemporaneo. Certo – ammette – prevediamo un calo nelle presenze dei buyer italiani, ma dall’estero ci aspettiamo una buona tenuta, nonostante le difficoltà di Spagna e Grecia”.

Un sostegno al pensiero positivo è arrivato da Marco Fortis, economista, vicepresidente della Fondazione Edison.

“L’Italia – ha detto nel corso della cerimonia di inaugurazione – è il paese più competitivo al mondo nel settore del tessile/moda, cioè abbigliamento, cuoio, pelletteria e calzature, tessile. Ed è secondo nella meccanica non elettronica.” Lo dimostrano i dati del Trade performance Index Unctad/Wto. Non solo. “Il valore aggiunto della moda in senso lato, compresa quindi oreficeria, cosmesi e strumenti ottici, nel 2008 ha sfiorato 18 miliardi di euro, più delle auto in Francia e Spagna messe assieme. Mentre l’export di cuoio-pelle-calzature nel 2011 ha raggiunto un record storico (poco meno di 16 miliardi di euro), così come la cosmetica (oltre 2,5 miliardi) e l’occhialeria (quasi 2,5 miliardi), tutti ai massimi da almeno 20 anni. Il punto critico, dunque, non è il paese, ma il sistema paese, che competitivo non è per nulla” ha concluso Fortis.

Questa è la nota dolente che anche il presidente di Sistema Moda Italia (Smi), Michele Tronconi, ha sottolineato con particolare veemenza: “La politica non ha ancora capito l’importanza di un settore manifatturiero come il nostro, che non va abbandonato. Negli ultimi quattro anni 60 mila persone hanno perso il lavoro nel tessile/abbigliamento e nessuno ha detto niente! C’è troppa ipocrisia tra i politici, è facile dire: “esportate di più” , quindi producete di più, quando per produrre di più occorre che sia conveniente produrre in Italia. Non possiamo avere costi energetici superiori del 30% rispetto agli altri paesi, oltre a mille lacci e lacciuoli. Stiamo attenti a non passare dalla cura dimagrante all’anoressia, siamo bloccati da una crisi di domanda che va stimolata. Ed è un errore non credere di più nell’industria”.

Sì, perché “è proprio da questo settore che si può pensare di tornare a crescere” ha sottolineato il sindaco di Firenze, Matteo Renzi: “guardiamo al futuro non con la logica della rassegnazione, della paura, ma del coraggio”. Anche perché i numeri sono incoraggianti. Nel 2011 la moda maschile, secondo i dati del centro studi di Smi, ha raggiunto un fatturato di 8,44 miliardi, in crescita del 4,2%, con esportazioni per 4,9 miliardi (+10,9%) e un saldo commerciale positivo per 981 milioni. Nei primi quattro mesi di quest’anno la Francia (primo mercato di sbocco del nostro export) è calata del 2,6% ma in compenso gli Stati Uniti sono cresciuti del 5,5%. Quanto alla raccolta ordini, Smi stima un aumento del 5,5% nel primo trimestre per il mercato estero e un calo del 4,7% per quello domestico.

Le incertezze dunque restano, senza dubbio, ma i segnali che l’Italia può trovare risorse insperate ci sono. Uno per tutti: Carlo Rivetti, presidente di Stone Island, nel presentare la grandiosa istallazione creata alla Stazione Leopolda per festeggiare i 30 anni di vita del marchio di sportswear di Rivarolo (Modena), ha detto: “Voglio ricordare che il 75% delle case del nostro paese sono inagibili in seguito al terremoto ma tutti i nostri dipendenti stanno lavorando sotto i tendoni. Se tutta l’Italia fosse come hanno dimostrato di essere gli emiliani saremmo a cavallo”.       

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