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Le difficoltà intrinseche dello sviluppo in Arabia Saudita

L’Arabia Saudita, con un PIL nominale pari a oltre 745,3 miliardi di dollari nel 2013, è l’economia più grande del gruppo del Consiglio di Cooperazione del Golfo, con un peso pari al 45%. Il settore idrocarburi, che contribuisce a un quinto del PIL reale e al 47% su quello nominale, resta il motore dell’economia. Da gas e petrolio viene il 92% delle entrate fiscali e quasi il 90% dei proventi delle esportazioni. Inoltre, il settore alimenta le principali industrie manifatturiere del Paese, nello specifico la petrolchimica e la lavorazione dei metalli. Secondo i dati forniti dall’ultimo focus Intesa Sanpaolo, nel 2012 le riserve conosciute di petrolio ammontavano a 266 miliardi di barili (le quinte a livello mondiale) che, al tasso di estrazione del 2012 (9,8 milioni al giorno), si esaurirebbero entro 78 anni. Quelle di gas, pari a 8232 miliardi di metri cubi (le quarte a livello mondiale), al tasso di estrazione del 2012 (92 miliardi di metri cubi) durerebbero oltre 90 anni. In prospettiva, la dinamica della produzione di petrolio dell’Arabia Saudita dipende dalla stabilizzazione in Paesi produttori come la Libia dove, nel recente passato, l’attività di estrazione è stata ostacolata dalle tensioni politiche interne. L’estrazione media giornaliera di petrolio in Arabia Saudita superò i 10 milioni di barili nel quadrimestre luglio-ottobre 2013, toccando i 10,2 milioni di barili lo scorso agosto, il livello più alto da oltre 30 anni, per far fronte alla minore offerta da altri Paesi.

Come le altre economie della regione, nel recente passato l’Arabia Saudita ha perseguito una politica di relativa diversificazione della struttura dell’economia, tesa a ridurre la dipendenza dal settore energia. Lo sviluppo di queste attività ha riguardato in primis i servizi di trasporto e comunicazione, seguiti dal manifatturiero, dai servizi di pubblica utilità, da servizi di vendita e alberghieri e da quelli finanziari. All’interno del manifatturiero, le industrie più importanti sono quelle energy intensive (chimica, gomma e lavorazione dei metalli) e quelle della trasformazione alimentare. Tra il 2009 e il 2013 l’economia dell’Arabia Saudita ha registrato un tasso di crescita medio del 5,5% (+1,7% la parte idrocarburi, +6,7% la parte non-oil) uno dei più elevati nel gruppo del G20, inferiore solo a quelli di Cina e India. Durante questo periodo, la crescita media del PIL nei paesi del gruppo GCC è stata pari al 4,4% (+2,9% idrocarburi e 4,9% non idrocarburi). L’Arabia Saudita, grazie alla disponibilità di una consistente capacità di estrazione del petrolio non utilizzata, ha continuato a svolgere un ruolo di stabilizzazione dell’offerta di petrolio, sopperendo ai tagli di produzione in altri mercati produttori. Le consistenti entrate petrolifere hanno determinato ampi surplus della bilancia corrente (mediamente pari al 16,4% del PIL nel quinquennio) e di bilancio pubblico (6,4% del PIL dato medio nello stesso periodo). Per prevenire la protesta esplosa nella regione, in anni recenti il Paese ha perseguito politiche fiscali espansive che hanno sostenuto la crescita e hanno portato a un aumento del prezzo del petrolio di breakeven, salito da 65,2 dollari nel 2009 a 85,5 USD nel 2013. Nella seconda metà del 2013 e nei primi mesi dell’anno le pressioni inflazionistiche provenienti dai due comparti più importanti e interessati da generosi sussidi, food&beverage (26%) e costi per le abitazioni (18%), sono state bilanciate dal calo dei prezzi per i prodotti tessili e dell’abbigliamento e per i servizi di trasporto e comunicazione. Il tasso medio d’inflazione è previsto in calo al 3,2% nel 2014 dal 3,5% nel 2013.

Il Paese si posiziona tra i primi posti nelle speciali classifiche della Banca Mondiale riguardo la facilità di fare affari (22° posto su 185 paesi) e del World Economic Forum sulle condizioni di competitività (20° posto su 148 paesi), anche se il punteggio riguardo sanità, istruzione ed efficienza del mercato del lavoro non è particolarmente alto. I Fondi Sovrani gestiti da SAMA, l’autorità monetaria dell’Arabia Saudita, hanno investito in titoli esteri 540 miliardi di dollari nel primo trimestre 2014, con un importante impatto sul mercato finanziario mondiale. L’Arabia Saudita ha una popolazione consistente (quasi 30 milioni, dei quali il 9,7 milioni immigrati) e inoltre ne registra un elevato tasso di crescita, che nell’ultimo decennio è stato mediamente pari al 2,5% annuo. L’aumento sostenuto della nuova forza lavoro, unitamente a un sistema di istruzione non in linea con la domanda del mercato e a generosi sussidi per i disoccupati, hanno determinate un sostanziale aumento del tasso di disoccupazione, che tra la popolazione nativa è pari all’11,7%. Secondo le stime pubblicate, per far scendere il tasso di disoccupazione di 5pp nei prossimi cinque anni, la parte non-oil dell’economia dovrebbe crescere mediamente del 7,5%. La disoccupazione è invece praticamente inesistente tra i non-Sauditi. Nel 2011 il Governo ha lanciato un programma per incentivare l’assunzione di Sauditi nel settore privato. Inoltre a fine 2013 è iniziato un programma di regolarizzazione degli stranieri presenti nel Paese che ha comportato l’espulsione di oltre 1 milione di persone prive dei documenti necessary, senza dimenticare le restrizioni introdotte al rinnovo e alla concessione dei visti ai lavoratori stranieri.

La crescita dell’economia ha frenato al 3,8% nel 2013, dal 5,8% nel 2012 a causa principalmente del calo delle attività di estrazione e lavorazione di idrocarburi (-0,6%) mentre le attività diverse dagli idrocarburi hanno registrato una crescita ancora sostenuta (+5,1% da +5,8% nel 2012). In particolare, l’economia ha beneficiato dell’accelerazione delle attività di costruzione (+8,2% da +4,8%) sostenuta sia dalle infrastrutture che, soprattutto, dalle abitazioni civili grazie alla domanda di una popolazione in forte crescita. La dinamica dei servizi ha frenato (+5% da +6,3%) per il minor apporto dell’operatore pubblico, dopo gli interventi straordinari fatti negli ultimi anni. Tra i servizi, solo trasporto e comunicazione hanno accelerato (+7,2% da +6%). In questo senso l’economia continua a beneficiare dei piani di sviluppo delle infrastrutture (vedi trasporti urbani e extraurbani), servizi (scuole e ospedali) e residenziale, senza dimenticare l’espansione della base manifatturiera, in gran parte energy-intensive (raffinerie, impianti petrolchimici per la lavorazione dei metalli e per la liquefazione del gas). L’ammontare totale dei progetti in essere già finanziati dallo Stato ha superato 1.1 trilioni di dollari nei primi mesi del 2014.

La crescita del PIL è prevista in contenuta accelerazione nel 2014 (4%) per l’aumento atteso nell’indotto energetico in grado di bilanciare l’atteso rallentamento (+4,8%) della parte non-oil dell’economia. Nel 2015, il PIL è atteso portarsi al 4,4%, una volta assorbiti gli effetti delle citate misure su occupazione e immigrazione. Rischi al ribasso per la parte non-idrocarburi, in particolare i servizi, vengono dall’eventuale espansione nella penisola arabica del virus MERS, una sindrome respiratoria con possibili effetti mortali simile alla SARS che colpì l’Asia tra il 2002 ed il 2003. Le preoccupazioni di contrarre questa malattia potrebbero indurre molti fedeli musulmani a rinunciare al pellegrinaggio a La Mecca e scoraggiare la frequentazione di luoghi pubblici con conseguenti effetti negativi sui servizi dipendenti dal turismo e ricreativi.

La solvibilità dell’Arabia Saudita è assicurata, dati l’ampio stock di risorse finanziarie accantonate, il basso debito pubblico e i consistenti surplus dello Stato e del conto corrente della bilancia dei pagamenti. Lo scorso marzo Fitch ha alzato il rating del debito sovrano in valuta da AA- ad AA sulla base dei solidi fondamentali macro e la sostenuta crescita della parte non-oil dell’economia vista negli ultimi anni. S&P e Moody’s assegnano all’Arabia Saudita rispettivamente un rating di AA- con outlook positivo e di Aa3.

In anni recenti, il Paese ha compiuto sforzi per modernizzare l’economia. Tra le riforme più significative:

1)     la presentazione di un programma di privatizzazioni, che ha visto il primo collocamento di una società pubblica, la compagnia di telecomunicazione STC (2002) a cui è seguito quello di NCCI, la principale compagnia assicurativa del mondi arabo (2004);

2)     l’unione doganale tra le economie del Golfo (2003);

3)     la modernizzazione del sistema legale e dell’attività di assicurazione (2003);

4)     l’adesione al WTO (2005);

5)     le licenze ad attività di capital market, brokeraggio e assicurazione (2006-07);

6)   l’insediamento della SASEC, l’Autorità di Controllo sul Mercato dei Capitali e l’istituzione del SASE, il Mercato Azionario dell’Arabia Saudita (2004) e il rafforzamento dell’attività di supervisione sul sistema bancario. Dal 2012 le società straniere potranno essere quotate al Tadawul Stock Exchange.

L’economia e i saldi di bilancio e dei conti con l’estero sono tuttavia vulnerabili alla congiuntura petrolifera. I principali progetti di investimento in corso  nel settore industriale riguardano tutte le attività a elevato consumo energetico, nello specifico centrali elettriche e impianti di dissalazione alimentati dal petrolio, quelli petrolchimici e per la produzione di alluminio. L’Arabia Saudita è con la Cina uno dei paesi a più elevata crescita della domanda di idrocarburi. A pesare, come nel caso dell’India, è piuttosto la carenza di infrastrutture e di unità abitative, fattori che evidenzia una certa difficoltà a spendere la ricchezza petrolifera nella direzione di uno sviluppo a lungo termine. Senza dimenticare che dal punto di vista geopolitico l’Arabia Saudita si trova in un’area particolarmente instabile.

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