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L’agroalimentare sostenibile perde 8 miliardi di euro

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Una batosta di cui tenere conto in tutta la strategia di ripresa della fase 2. Il sistema agroalimentare sostenibile italiano nelle settimane terribili del coronavirus ha perso 8 miliardi di euro, che vanno recuperati a beneficio di milioni di addetti. L’elenco dei settori colpiti per la chiusura del traffico interregionale e delle frontiere è lungo, a partire dalla permanenza in alloggi turistici fino alla ristorazione, agli acquisti. Discutendo sui prossimi aiuti dell’Unione europea, la politica deve pensare a come investire e sostenere la circolarità del turismo. Gli appelli al governo non si contano quasi più, ma ancora non si vede una strategia integrata di accoglienza che alla fine porti soldi nel sistema Italia.

Nei mesi bui dell’epidemia, spiega Coldiretti, a pagare il conto più salato è stato l’alimentare con il cibo che è diventato la voce principale del budget delle famiglie in vacanza in Italia con circa 1/3 della spesa destinato alla tavola. I vacanzieri, ovviamente, frequentano anche ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi che alimentano il giro d’affari cresciuto in qualità e sostenibilità. A maggio sono state 31 milioni le presenze turistiche italiane e straniere perse a causa dell’epidemia. Se non si riaprono rapidamente le frontiere, ristorazione, vendita prodotti agricoli e commercio non ripartiranno .

Dopo aver incrociato i propri dati con quelli di Confcommercio, Coldiretti ha accertato gli effetti a valanga del Made in Italy: dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche salumi e formaggi di alta qualità. Il cibo è diventato il vero valore aggiunto della vacanza Made in Italy. In ogni parte del Paese sono apprezzati i sistemi di coltivazione e gestione delle catene produttive. Se si cresce ( ancora troppo lentamente) nella green economy, il merito è anche delle oltre 60 mila aziende agricole biologiche che si disputano il primato della sicurezza alimentare mondiale e di circa 300 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario. Bisogna intervenire. Parafrasando il piano per l’export appena presentato, perché il governo non pensa anche ad un piano per l’import di turismo? In fondo basta stimolare le persone a frequentare i luoghi di vacanze, le città d’arte. Lì c’è già tutto.

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