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Energie rinnovabili: cresce la convenienza, ma la burocrazia tira di nuovo i freni

Foto di Sebastian Ganso da Pixabay

Burocrazia contro energie rinnovabili. Non è una novità, ma ora il gioco al rallentamento delle pratiche ha un effetto particolarmente dannoso e perverso. Mai come in questa fase di prezzi finali dell’energia alle stelle, ma soprattutto di una proiezione anche per il futuro di prezzi tendenziali in rialzo, la corsa agli impianti di energia rinnovabile aumenta progressivamente la sua convenienza. Con la complicità, è bene ricordarlo, di una continua riduzione dei costi di installazione di esercizio delle energie verdi, fotovoltaico in testa.

Energie rinnovabili più convenienti ma la burocrazia le frena

Ma quanto cresce davvero la convenienza le energie verdi? E come continua a frenare la burocrazia? Le testimonianze, anche recentissime, non mancano. Sul primo fronte, quello della crescita di redditività negli investimenti nelle rinnovabili, una significativa conferma viene da Rystad Energy, Istituto di ricerca norvegese molto considerato dagli analisti di settore e che opera con sedi in mezzo mondo, dall’America gli emirati, dalla Russia al Giappone. Con gli attuali prezzi spot dell’elettricità un parco fotovoltaico imprenditoriale (utility scale) di taglia medio-grande o grande si ripaga in meno di un anno, sostiene l’Istituto di ricerca del suo ultimo report, nel quale rimarca che quest’anno nel mondo si sta investendo più in energie rinnovabili che nella filiera degli idrocarburi (Oil & Gas): quasi 500 miliardi di dollari l’investimento complessivo nel 2022 nel primo caso, meno di 450 miliardi negli idrocarburi.

Cresce la convenienza delle energie rinnovabili: ecco perché

Possibile obiezione: le tensioni sui prezzi delle attività potrebbero essere momentanea e riassorbiti in gran parte, come i segnali di questi giorni sembrano mostrare. Contro-obiezione: il confronto tra gli economics delle rinnovabili e della generazione elettrica tradizionale segna comunque un trend di vantaggi strutturali a favore delle prime, con un prezzo della generazione elettrica tradizionale che tende ineluttabilmente ad aumentare in prospettiva. Questo avverrà – stimano gli analisti – nel caso del ricorso agli idrocarburi, ma anche con una nuova spinta all’energia nucleare, considerando che i costi di investimento e di esercizio delle centrali nucleari sono oggi marcatamente dilatati rispetto a quelli dei decenni scorsi anche in ragione dei nuovi parametri obbligatori di sicurezza sia nella realizzazione delle infrastrutture che nell’esercizio.

Tabella 1 – Fonte: Rystad Energy research and analysis

Come parametro di riferimento per le sue stime sul fotovoltaico l’Istituto di ricerca prende la situazione in Germania, ma da noi le cose non sono molto diverse. Anzi, la maggior resa solare del nostro paese ci fa guadagnare qualche frazione in più nell’indice di convenienza. Gli analisti di Rystad Energy azzardano una stima davvero accattivante: con i prezzi spot attuali un parco fotovoltaico si ripaga in meno di un anno. E questo accade – stimano gli analisti – non solo in Germania ma anche in Francia, Italia e Inghilterra.

Vale la pena di sottolineare che nello scorso mese di settembre la media del Pun italiano (il prezzo unico nazionale dell’elettricità frutto delle transazioni della borsa elettrica) si è appena piegato a 429 euro per MegaWattora (MWh) rispetto ai picchi ancor più alti del periodo precedente (frutto, come sappiamo delle tensioni sui mercati internazionali ma anche dello scarso apporto in Italia dell’idroelettrico), che rappresenta comunque un multiplo rispetto ai livelli di prezzo di un paio di anni fa. E anche con una parziale normalizzazione di rialzi delle materie prime energetiche le proiezioni dell’Istituto di ricerca mostrano un livello di convenienza degli investimenti sul fotovoltaico marcatamente in crescita rispetto al passato.

Guadagni garantiti anche dopo l’emergenza prezzi

Per dare massima concretezza alle sue indicazioni Istituto di ricerca stima in prospettiva un prezzo realistico della nostra elettricità all’ingrosso (Pun) assestato sul livello di 180 euro al megawattora, comunque superiore ai livelli del recente passato. In questo caso il ritorno dell’investimento su un parco fotovoltaico non supererebbe comunque i cinque anni. Comunque un ottimo affare.

Tabella 2 – Fonte Resta Energy Renewable Cube

Traslare queste stime nel caso di piccoli impianti singoli allestiti dai privati sulle loro abitazioni non è semplicissimo ma neanche impossibile: se nel periodo precedente l’ultima crisi dei prezzi finali dell’energia un investimento su un impianto fotovoltaico di piccola taglia con scambio sul posto garantiva un ritorno dell’investimento comunque inferiore ai 10 anni in prospettiva la convenienza aumenta almeno del 25%.

Ma ecco il lato dolente dello scenario: i freni della burocrazia autorizzativa, vistosissimi nel caso di impianti “speculativi” di media e grossa taglia, ma che stanno addirittura aumentando nel caso dei piccoli impianti ad opera dei singoli consumatori-produttori. Nel primo caso (impianti industriali di medio grandi dimensioni) i freni sono stranoti e non accennano a mitigarsi, nonostante le promesse dei governi che si stanno susseguendo: infinite complicazioni nella modulistica, slalom tra le asseverazioni le autorizzazioni non solo urbanistiche ma anche ambientali e paesaggistiche. Con un iter che in una parte significativa dei casi è costellata di contestazioni e ricorsi che precipitano nelle note lentezze giudiziarie italiane.

Una “filiera” di ostacoli per piccoli e grandi impianti

Ma anche nel caso dei piccoli impianti privati le trappole sono all’ordine del giorno. Si moltiplicano le lettere ai giornali e siti specializzati da parte di cittadini costretti ad attendere mesi e mesi tra l’installazione dei pannelli fotovoltaici e il loro allacciamento in rete. Va ricordato a questo proposito che la normativa attuale vieta rigorosamente la messa in esercizio esercizio dei pannelli solari installati con i meccanismi incentivanti delle ristrutturazioni edilizie e dello scambio sul posto prima che sia stato perfezionato l’allacciamento alla rete pubblica. il che comporta il completamento di tutte le pratiche che riguardano i rapporti con il Gse (il Gestore dei servizi energetici che “governa” i flussi di energia e i corrispettivi da assegnare) e l’istallazione e attivazione da parte del distributore di energia del contatore di scambio.

Operazione complessa e in molti casi insidiosa, che stando alle testimonianze sia dei cittadini che delle aziende installatrici, stanno addirittura subendo freni aggiuntivi rispetto agli scorsi anni, con un immancabile blocco delle pratiche anche nel caso di piccole disfunzioni nello scambio di documentazione. Le responsabilità non sono semplici da attribuire. E in molti casi finiscono immeritatamente per ricadere sul primo interlocutore diretto di chi sta installando un impianto – ovvero Enel/E-Distribuzione – che rappresenta però solo un anello della catena di burocrazia che continua a frenare il settore.

Oliare i meccanismi serve davvero a tutti. Un richiamo alla forte attenzione del Governo che si va formando è doveroso.

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