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Elezioni Francia, Macron rivince il duello con Le Pen: “Sei finanziata da una banca di Putin”

TF1

Se contasse solo il grande dibattito televisivo fra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, andato in onda su tutti i canali francesi, il presidente uscente avrebbe già vinto le elezioni. Per due ore e mezza Macron ha tenuto fuori dal gioco l’avversaria, battendola perfino sui terreni più sdrucciolevoli, quelli del potere di acquisto e delle pensioni, cavalcati dalla leader di estrema destra per tutta la campagna elettorale.

Il potere d’acquisto

Le Pen: abbassiamo l’Iva sui carburanti

Ha mosso per prima Marine Le Pen, secondo il sorteggio organizzato dalla redazione delle due tv ospitanti, la privata Tf1 e la pubblica France 2. Dopo il discorso di apertura, Le Pen è stata chiamata a rispondere proprio sul potere di acquisto. E, come recita il suo programma, ha spiegato ai francesi di voler restituire loro 12 miliardi di euro, abbassando la Tva, cioè l’Iva, sui carburanti, sull’elettricità e sul gas dal 20% al 5%. Costerebbe 500 milioni di euro alle casse dello Stato, soldi che lei vuole recuperare tassando le imprese che acquistano azioni.

La replica di Macron

Misura ingiusta, pericolosa e dannosa, ha contrattaccato Macron. Sarebbe ingiusta perché non fa differenza fra i vari salari (“noi che siamo qui non ce ne accorgeremmo neppure”); pericolosa perché costerebbe enormemente alle finanze pubbliche (rappresenta il 38% dell’importo fiscale della Francia); e dannosa perché bloccherebbe la transizione ecologica, spingendo a consumare più carburante.

Macron ha invece difeso lo “scudo tariffario” del governo che congelerà il prezzo del gas e dell’elettricità finché ci sarà la crisi, alleggerendo di molte centinaia di euro le bollette energetiche. “Senza questo scudo – ha spiegato – fra il 1° ottobre del 21 e il 1° maggio del 22 le bollette sarebbero aumentate del 78,3%. Se si fosse abbassata l’Iva, il 66% dell’aumento sarebbe rimasto”.

E qui Macron si è dilungato sulla serie di misure di sistema, come direbbero i politici italiani, che a suo dire risolveranno la crisi del potere di acquisto: raddoppiare gli aiuti alle madri single; re-indicizzare le pensioni sulla inflazione e portare la minima a 1.100 euro; triplicare il premio di produzione rendendolo obbligatorio per le imprese che si spartiscono i dividendi; sgravi fiscali per gli autonomi pari a 550 euro l’anno.

Le pensioni

Quanto alle pensioni, le posizioni solo in apparenza sono sembrate molto distanti: è vero che Le Pen vuole tenerle fra i 60 e i 62 anni e Macron vuole innalzarle fino ai 65. Entrambi però hanno fatto ricorso a sfumature: lei sottolineando che bisogna avere 40 anni di contributi; lui richiamando che la misura va completata a piccoli passi.

La politica energetica

L’eolico

Sulle fonti energetiche le distanze sono state ancora più forti: Marine Le Pen vuole smantellare tutte le pale eoliche. La candidata si è radicalizzata sull’argomento: nel 2017 voleva una moratoria, ora vuole lo smantellamento di tutto il parco eolico, 9.000 strutture.

Quanto di più lontano Macron, che vuole installare altre 50 strutture eoliche in mare per una potenza totale di 40 gigawattora, pari al 20% della consumazione elettrica della Francia. E intende raddoppiare le strutture su terra per recuperare il ritardo accumulato per far fronte alla transizione energetica. E a Le Pen che gli ricordava che queste strutture sono contestate da tutti gli amministratori, ha concesso solo che non prenderà le decisioni da solo. Oggi l’eolico produce il 7,9% della energia francese e secondo il programma di transizione energetica dovrebbe produrne tra il 25% e il 50% entro il 2050. La Francia vende anche questa energia oltre quella del nucleare, e a 200 euro per megawatt.

Il nucleare

Per entrambi il nucleare va rivisto e incrementato, ma per vedere le nuove strutture bisognerà aspettare il 2035, come ha fatto notare Macron.

Macron contro Le Pen: “Sei finanziata da una banca russa”

I due contendenti non sono stati cattivi l’uno verso l’altro. Anzi, lui non l’ha mai chiamata di “estrema destra” e lei non lo ha accusato di essere “il presidente dei ricchi”. Il più duro si può dire sia stato Macron: quando ha rinfacciato a Le Pen i suoi rapporti di sudditanza con Putin, ricordandole il prestito che il suo partito ha ottenuto da una banca russa. L’antagonista si è difesa sostenendo che in Francia non era riuscita a ottenerne nessuno e quindi si era rivolta all’estero. Perché abbia scelto proprio la Russia non lo ha spiegato.

Le Pen sulla guerra che Mosca ha scatenato a Kiev è stata chiara: si è detta a fianco degli ucraini, sebbene non una parola sia stata usata contro la Russia.

Macron contro Le Pen: il velo islamico

La seconda volta in cui Macron è stato duro è stato quando si è parlato del velo e dell’Islam, tema importante per la Francia per la presenza di milioni di musulmani nel Paese. Le Pen vuole vietarlo di portarlo in pubblico e quindi sanzionarlo con una multa, poiché è “aggressivo”. È anche questo un modo di combattere l’islamismo, ha detto.

Ma, le ha fatto notare Macron, la Costituzione francese garantisce la libertà a ciascuno di manifestare le proprie opinioni, comprese quelle religiose. Senza contare, ha insistito, che bisognerebbe allora impedire di portare la kippah o la croce: cioè tutti i segni distintivi di una religione, non solo quella musulmana. E poi una cosa è il terrorismo islamico, un’altra cosa è la religione dell’Islam: riconoscerlo significa essere veramente laici.

Lo scontro sull’Ue

Anche l’Unione Europea è stato un terreno di scontro: difesa a spada tratta da Macron, smontata nella Confederazione delle nazioni da Le Pen.

Il comportamento dei due candidati

Quanto al comportamento formale, lo scontro è stato più pacato di quello di cinque anni fa e molto concentrato sui programmi. Macron era più teso, Le Pen più calma e composta. Il presidente uscente è apparso di gran lunga più competente tutti i dossier, ma è una sua caratteristica, pare che li conosca a memoria.

I motivi del cambiamento dei due sono legati al contesto: la sfidante Marine doveva dimostrare di essere presidenziale; il presidente in carica doveva difendere non solo il suo progetto futuro, ma anche i suoi cinque anni passati.

L’incognita del secondo turno

Ma tutto ciò avrà effetto domenica prossima sulle elezioni? Quanti mélenchonisti saranno rimasti soddisfatti da Macron? E quanti invece continueranno a pensare che “tutti meno lui” e quindi voteranno Le Pen? E quanti ancora non voteranno per niente, perché “non si sceglie fra peste e colera”?

Insomma, ieri sera i due contendenti avevano un solo scopo: convincere di meritare il voto di chi al primo turno ha scelto Jean-Luc Mélenchon, il leader della sinistra radicale. Sono un bell’esercito, oltre 7 milioni. È soprattutto a loro che si sono rivolti: scopriremo domenica chi ci sarà riuscito meglio.

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