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Doris e Tamburi: “Con i Pir comincia in Borsa un’altra storia”

FIRSTonline

Attenti a quei due. Metti la verve contagiosa di Ennio Doris, aggiungi l’ottimismo virale di Gianni Tamburi. E gli eventuali dubbi sulla durata e l’efficacia del fenomeno Pir svaniranno d’incanto. È quel che è successo alla presentazione della ricerca dedicata ai “Pir. Gli effetti di domanda ed offerta di capitali nel mercato borsistico italiano” curata dal Politecnico di Milano per conto di Intermonte. Un esame accurato, che non ha trascurato alcune criticità che emergono dietro il “miracolo” di una raccolta che ha battuto ogni previsione (ma non di Doris). In particolare:

  • I Pir hanno indotto un aumento dei prezzi dei titoli delle small cap e di quelli trattati allo Star rispetto alle blue chips. Per quanto riguarda le Pmi, si tratta di un fenomeno comune ai listini di Francia e Germania, la performance migliore riguarda lo Star.
  • Il fenomeno ha coinciso con un aumento degli scambi limitato all’Aim che non ha contagiato i titoli maggiori. Si può parlare, insomma, di “cannibalizzazione” sui titoli maggiori a vantaggio dei volumi dell’Aim (cresciuti di oltre sei volte) e dello Star (“solo” raddoppiati).
  • La corsa all’acquisto non si però tradotta per ora in un significativo aumento delle matricole. Sul listino principale ci sono state 8 matricole, sull’Aim c’è stato un “timido” aumento delle quotazioni (23 nel corso dell’anno), inferiore alle stime iniziali.
  • Questi i risultati raggiunti nel 2017, un’ottima annata per la Borsa. Ma adesso? Il trend continuerà o è destinato a perdere slancio in una stagione di rialzo dei tassi, più avara di performances?

Ennio Doris, nume tutelare di Banca Mediolanum, la vede così. “Piuttosto che far previsioni convinciamoci che il futuro è nelle nostre mani. Diamoci da fare perché, con l’introduzione dei Pir, abbiamo in mano uno strumento straordinario per far crescere l’economia. Ma bisogna darsi da fare per spiegare agli industriali che hanno a disposizione un formidabile strumento per rafforzare le imprese”. Lui lo sta facendo. “Da quando è nata la legge ho avuto incontri con duemila imprenditori. Sono stati venti, l’1%, quelli che mi hanno già dato un segnale positivo. Pochi? Io insisto, nella convinzione che sia la soluzione giusta, favorita per giunta dagli incentivi alla quotazione. I risultati raggiunti finora, dopo sei mesi o poco più di lavoro, sono estremamente positivi”.

Concorda Gianni Tamburi, fondatore e guida di TIP. “Non è facile convincere un imprenditore a compiere il primo passo. Lo so bene, visto che nella mia vita ho guidato 38 quotazioni in Borsa. In Italia, poi, abbiamo a che fare con imprenditori molto ricchi sul piano personale che hanno sempre potuto contare sul credito delle banche, disposte a farsi concorrenza per finanziare le buone aziende. E pure quelle meno buone. Ma le cose sono cambiate: un po’ per un salto di qualità culturale, un po’ perché i patrimoni vanno divisi tra un numero crescente di eredi, la strada della Borsa acquista sempre più peso. Comunque Ennio, hai ragione. Bisogna spiegare ai clienti di non aver fretta. Pensa che Farinetti, il proprietario di Eataly è venuto da a dirmi: perché ci mettiamo tanto ad andare il Borsa? Doris mi ha detto che lui mi quotava in una settimana”.

Il presidente di Mediolanum sorrise a 32 denti. “È importante presentare le cose nel modo giusto. Se un imprenditore dice di aver paura di una scalata, devi dirgli che l’ingresso in Borsa è il modo migliore per difendere il controllo grazie al sostegno di tanti soci di minoranza, quali quelli che possono garantiti dalle sottoscrizioni dei Pir: un’azienda più forte sul piano patrimoniale è più protetta dalle scalate. E più numerosi sono i soci, più sei protetto dagli avvoltoi”.

“L’effetto bolla – continua Tamburi – non è da escludere. Ma non mi sembra che ci sia. E non credo che valgano ancora i parametri tradizionali di giudizio in un momento di grande trasformazione dove il digitale ha sconvolto i multipli. È una situazione per certi versi inedita, in cui la politica non conta più niente. E gli investitori stranieri sono sempre più interessati alle nostre aziende, che hanno pochi eguali al mondo”.

“Gli operatori – conclude Doris – devono ragionare sul breve termine. Ma un investitore, che ha altri orizzonti, non deve dimenticare che i mercati sono destinati a crescere nel tempo. Nella mia vita ho vissuto tre crisi: il 1973-74, il 2001 e il ribasso seguito al tracollo di Lehman. Ma anche le crisi più gravi sono state assorbite nel giro di mesi, massimo un anno. L’investitore, prima o poi ci guadagna. Soprattutto oggi, grazie ai Pir. Quando è stata approvata la legge ho radunato la nostra squadra per dire: da oggi la nostra strategia cambia. È un’occasione storica”. Ma adesso? Che suggerimenti per un nuovo governo?” Non c’è assolutamente bisogno di nulla – chiude Tamburi – Ora tocca a noi”. “Finalmente abbiamo un mercato” gongola Doris. Attenti a quei due, insomma.

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