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Bankitalia: Visco demolisce il programma Lega-M5S

Imagoeconomica

Il “contratto” di governo che Di Maio e Salvini hanno scritto in due settimane di intenso lavoro (come loro dicono con sprezzo del ridicolo) è stato demolito con poche frasi ben documentate dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nelle consuete Considerazioni Finali che accompagnano il bilancio della banca centrale. Senza nominare alcuna forza politica nè citare possibili assetti di governo, Visco ha chiarito che nell’attuale situazione economica italiana ed europea non “sarebbe utile aumentare il disavanzo” del bilancio pubblico e che “non sarebbe saggio ignorare le compatibilità finanziarie” a causa di scelte politiche che comportano aumenti di spesa finanziati a debito.

Scendendo più in dettaglio Visco ha spiegato che la riforma Fornero delle pensioni è uno dei pilastri su cui si basa la sostenibilità della nostra finanza pubblica. Certo si possono fare alcuni aggiustamenti (molti sono stati già fatti) ma non certo tornare al sistema precedente. Analogo il discorso per quel che riguarda il contrasto alla povertà. Il reddito di inclusione, già esistente, potrà essere perfezionato ed ulteriormente finanziato ma occorre evitare che si trasformi in un  disincentivo alla ricerca di un posto di lavoro e comunque bisogna tener sempre presente la necessità di non ampliare troppo la spesa pubblica. Infine Visco ha bocciato in toto qualsiasi ritorno al nazionalismo o qualsiasi pulsione sovranista spiegando che nella società moderna molti fenomeni da governare hanno necessariamente una scala internazionale: “L’integrazione economica, il progresso tecnologico, l’immigrazione, la finanza sono questioni che non possono essere gestite nei ristretti confini nazionali. Non ci può essere sviluppo nell’isolamento”.

I nostri vincoli di bilancio non derivano dalle regole europee, ma dalla logica dell’economia che, da che mondo è mondo, non prevede pasti gratis. Fare nuovo debito per alimentare la demagogia della necessità di soddisfare le esigenze dei cittadini, come dicono i nostri sovranisti, significa solo scaricare oneri sulle generazioni future ammesso che si trovi qualcuno disposto a farci ancora credito. Anche nel breve termine i limitati vantaggi che l’aumento della spesa pubblica porterebbe, sarebbero rapidamente vanificati dall’aumento dei tassi d’interesse sia sul debito pubblico che su quello privato con il rischio di arrivare in poco tempo a bloccare i primi segnali di ripresa che, pur insufficienti, costituiscono dopo tanti anni di crisi, un primo indice di recupero di un assetto più efficiente delle nostre imprese e delle nostre banche.

Ma il quadro delineato dal Governatore della Banca d’ Italia è tutt’altro che sconfortante. In realtà esiste una strada diversa che possiamo percorrere e che può condurre a risultati positivi per tutti i cittadini senza correre il rischio di finire in una nuova crisi. Le parole chiave ripetute spesso da Visco sono “fiducia” e “credibilità”, e noi abbiamo negli anni scorsi fatto una serie di riforme che hanno aumentato la considerazione di cui godiamo nel mondo. Soprattutto abbiamo potuto garantire il risparmio sia degli italiani che degli investitori internazionali che cominciavano a guardare con maggiore interesse alle opportunità offerte dal nostro paese. La difesa del risparmio è al primo posto: “Se venisse messo a repentaglio il valore della ricchezza (posseduta dalle famiglie) queste reagirebbero fuggendo, cercando altrove riparo”.

Ed è proprio quello che sta succedendo in questi giorni dove i risparmiatori italiani (non solo i grandi speculatori, ma anche quelli piccoli e medi) stanno cercando rifugi sicuri nei quali parcheggiare il proprio piccolo gruzzolo prima che questo venga vanificato da una uscita dall’euro o da una grossa tassa patrimoniale. La crisi finanziaria che colpirebbe il nostro paese in seguito a questa fuga dal rischio (e che stiamo vivendo solo sulla base delle dichiarazioni di intenti dei due” quasi vincitori” delle elezioni) ci farebbe fare molti passi indietro. Per contro dobbiamo avere fiducia nelle nostre possibilità e nelle nostre capacità. Non si tratta di somministrare al nostro corpo sociale nuove dosi di austerità, ma di continuare sulla strada delle riforme che abbiamo appena imboccato negli anni scorsi e che riguardano in primo luogo la creazione di un’ambiente più favorevole allo sviluppo delle attività economiche, la revisione della Pubblica amministrazione, quella della Giustizia, la scuola che ancora non fornisce giovani adatti a gestire le nuove tecnologie.

Infine occorre stimolare l’innovazione, anche organizzativa, e riprendere una politica di investimenti nelle infrastrutture che da tempo sono ferme con gravi conseguenze sulla nostra competitività. E non è vero che queste riforme richiedono molto tempo prima di poterne apprezzare i risultati. Proprio la credibilità della strada che intendiamo intraprendere può stimolare il mercato ad anticipare gli investimenti e quindi la creazione di nuovi posti di lavoro. Insomma, come ha detto Visco, la scelta “sta a noi”, ai nostri comportamenti, ed ora, nell’imminenza di nuove elezioni, alle nostre scelte politiche.

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