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Vacanze: il franco forte sta mettendo in crisi il turismo anche a Saint Moritz e nell’Engadina

“Otto franchi per due caffè?”. Una coppia di turisti italiani guarda perplessa lo scontrino, seduta al tavolo di uno dei tanti piccoli ristoranti sparsi per l’Engadina. Eppure il prezzo del caffè è lo stesso dell’anno scorso, non è cambiato. Quella che è cambiata è la percezione del franco svizzero: finora un prezzo che sembrava elevato tradotto in euro appariva subito accessibile. Uscire una sera al ristorante e pagare 80 franchi per la cena? Prima erano poco più di 50 euro, oggi sono 80 euro. Meglio restare a casa a mangiare, si sente dire da molti che la casa ce l’hanno. E gli altri? Alcuni hanno cambiato programma e sono rimasti nell’area euro, altri hanno accorciato la loro permanenza, molti arrivano con gli autobus, fanno un giro a Saint Moritz, si fermano davanti all’hotel Palace dove fanno bella mostra di sé una vecchia Jaguar e una Rolls Royce, fanno una gita in funivia e poi ripartono per dormire altrove.

 E’ un po’ questa l’estate 2011 dell’Engadina, una della valli svizzere più conosciute e frequentate dai turisti, a fianco della Valtellina. Molti gli alberghi pieni solo a metà, le case sfitte, i negozi mezzi vuoti, i cartelli con scritto “zimmer frei”  già a ferragosto (una novità per questi luoghi), i ristoranti dove si trova sempre posto quando l’anno scorso era indispensabile prenotare.

Neppure questo scorcio di fine agosto, con un tempo incredibilmente bello, riuscirà probabilmente a risollevare le sorti di una stagione poco felice. Tutta colpa del franco? Sicuramente no, ma le aggressioni dei mercati, le tempeste economiche, lo spettro delle recessione (anche in Italia) hanno giocato un ruolo non secondario. Cui si aggiunge un mese di luglio, in Engadina solitamente ben soleggiato, che quest’anno è stato dominato dal brutto tempo e ha convinto molti a cambiare programmi.

Indenne, almeno per ora, dalla rivalutazione del franco (passato in otto mesi da 0,80 centesimi per euro a sfiorare la parità con la valuta europea) appare il mercato immobiliare. “I prezzi delle case non sono scesi, anche se l’offerta è ancora alta, si è costruito molto e alcuni costruttori hanno ancora parecchie case sul gobbo– spiega Laura Pedone Marzotto, architetto che da anni lavora molto in Engadina –. La gente sta a guardare, non c’è una grande corsa. Le cose belle costano sempre tanto – aggiunge – si viaggia oltre 20mila franchi al metro quadro. Poi ci sono molte cose brutte, che però costano poco meno”. In effetti si è costruito molto in Engadina in questi anni,  la prospettiva di incassare insperate quantità di denaro vendendo terreni prima “inutilizzati” (e trovando sempre chi era pronto a comprare) ha funzionato come il canto delle sirene, cui nessuno sapeva resistere. Ora i Comuni dell’Alta Engadina, tra cui Saint Moritz,  Pontresina, Celerina e così via hanno deciso di mettere un freno a questa corsa sconsiderata che rischia di trasformarsi in una “bolla”.

Tornando alle conseguenze del franco forte (o sopravvalutato, come dicono gli svizzeri, che tendono a dare la colpa di tutto all’euro), al di là che si vede poca gente in giro, la domanda che molti si pongono, anche a livello di istituzioni locali o cantonali, è questa: perché gli operatori non reagiscono? Qualcuno l’ha fatto: un residence che ha ospitato una coppia di “vecchi” clienti italiani per 14 giorni in agosto, ha fatto loro pagare solo dieci giorni: “E pensare _ hanno commentato sorpresi – che un tempo se rompevamo un semplice piatto ce lo facevano pagare!”. Ma gli esempi sono pochissimi.
Alcune associazioni dei consumatori si sono mosse per ottenere una riduzione dei prezzi: nel canton Ticino quattro grosse catene di distribuzione,  Migros, Coop, Manor e Bennet, hanno tagliato i prezzi di alcuni prodotti di largo consumo (anche per evitare la corsa, già iniziata, degli svizzeri a fare la spesa in Italia). Non solo. Migros è riuscita anche a ottenere una riduzione del costo dei prodotti importati, rifiutando quegli importatori che non intendevano adeguare i propri margini.

Lo spazio per abbassare i prezzi dei servizi legati al turismo c’è: intanto perché molti alberghi fanno acquisti in Italia o comunque all’estero (per esempio il pesce arriva da Milano, ogni mattina, la frutta viene prevalentemente dall’estero), poi perché la forza lavoro è quasi tutta straniera e quindi beneficia di un forte aumento del valore del proprio reddito. Proprio per questo, in altri settori, sono in corso trattative con i sindacati per introdurre, a parità di salario, la possibilità di lavorare qualche ora in più, a titolo volontario.

Al momento, più che pensare a ridurre i prezzi e innovare l’offerta, gli albergatori svizzeri sembrano concentrati sulla richiesta alo Governo di riduzione dell’Iva al 2,5% (contro una media generale dell’8%).
La vera cartina di tornasole, comunque, sarà la stagione invernale: se la situazione valutaria non cambia si vedrà se i turisti sceglieranno altre mete in area euro, come l’Austria cui guardano molti svizzeri, oppure torneranno ad affollare l’affascinante valle dell’Inn. Molto dipenderà anche dalle politiche degli albergatori.       

             

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