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Risparmio e ricchezza: come cambia la finanza delle famiglie. Identikit in cinque punti

Pixabay

Risparmio e ricchezza. Come cambia la finanza delle famiglie” è un bel libro di Riccardo De Bonis, Luigi Infante e Enrico Saltari, edito da Carocci, con la prefazione dell’ex Governatore Ignazio Visco che dovrebbero leggere tutti e che dovrebbe diventare un testo per le lezioni nelle scuole di educazione finanziaria.

Perché dovrebbero leggerlo tutti? Perché, come sottolinea lo stesso Visco, tratta in maniera tecnicamente ineccepibile concetti basilari dell’economia e della finanza e della vita delle famiglie italiane – in questo caso il focus è sul risparmio come reddito non consumato e sulla ricchezza dei risparmiatori come somma dei risparmi al netto dei debiti – ma talmente chiara da essere avvincente.

Considerando che De Bonis e Infante sono due esimi dirigenti della Banca d’Italia e Saltari è professore emerito di Economia politica dell’Università La Sapienza di Roma era prevedibile che il testo potesse essere illuminante. Illuminante ma non scontato, perché il testo non annoia mai.

Ma perché studiare la ricchezza e la finanza delle famiglie? E’ quello che si chiedono gli autori fin dalle prime pagine del testo. Perché, spiega Visco nella sua introduzione, “il risparmio è un elemento fondamentale per lo sviluppo equilibrato di un paese” e la sua “miglior tutela risiede in una crescita sostenuta, ma anche equilibrata”. Capire come funziona il risparmio è estremamente utile a gestirlo al meglio.

Qual è dunque lo stato di salute del risparmio e della ricchezza delle famiglie italiane e come cambia nel tempo? In poche pagine,159 in tutto, gli autori mettono a fuoco cinque aspetti che meglio e più di altri ne fotografano la realtà.

Cinque aspetti chiave del risparmio e della ricchezza

Primo: il risparmio delle famiglie italiane è diminuito

“Negli ultimi trent’anni – rilevano De Bonis, Infante e Saltari – il risparmio degli italiani, con esclusione dell’intervallo della pandemia, si è ridotto”. Per due ragioni: per la dinamica stagnante del reddito disponibile e per l’aumento, ancorché modesto, dei consumi.

E i confronti internazionali non sono entusiasmanti. “Mentre in Italia il tasso di risparmio si è dimezzato negli ultimi trent’anni, nell’area dell’euro (a 12 Paesi) è rimasto sostanzialmente invariato” e nel 2022 “più della metà delle famiglie italiane non ha risparmiato”. Sono dati che fanno pensare, anche se non bisogna dimenticare l’effetto della pandemia.

Secondo: pandemia e inflazione hanno influito sui risparmi e sulla ricchezza

La limitazione della mobilità e il distanziamento sociale per combattere il Covid hanno avuto un effetto rilevante, sia provocando una forte contrazione dei consumi che un aumento straordinario dei risparmi nel 2020.

Al contrario, con la fine delle restrizioni, la propensione al risparmio ha iniziato dal 2021 a diminuire e la ricchezza netta reale ha registrato nel 2022 una riduzione dell’11,2% rispetto all’anno precedente, per poi risalire del 3% netto nel 2023, a emergenza sanitaria finita.

Terzo: la ricchezza totale netta degli italiani arranca

Al netto delle variazioni legate alla pandemia, le tendenze in atto nel risparmio e nella ricchezza delle famiglie italiane fanno riflettere.

“In passato i confronti internazionali – si legge nel libro – mostravano che le famiglie italiane erano ai primi posti nel rapporto tra ricchezza netta e reddito disponibile. Negli ultimi anni questo punto di forza si è indebolito, a causa della crescita debole dell’economia italiana e della riduzione dei risparmi”.

Nel 2022 la ricchezza netta delle famiglie italiane è tornata ai valori del 2005 (pari a 8,1 volte il reddito disponibile) e, in termini di valore pro capite, era la più bassa nel confronto internazionale, ad eccezione della Spagna.

Quarto: in Italia la ricchezza finanziaria ha quasi raggiunto quella reale

La ricchezza delle famiglie italiana è meno brillante di qualche tempo fa e cambia non solo in termini quantitativi ma anche nella sua qualità e nella sua composizione.

“Oggi poco più della metà delle attività complessive delle famiglie è composta da attività reali, in gran parte rappresentate da abitazioni”, ma dagli anni Novanta la finanziarizzazione della ricchezza è cresciuta in maniera “molto forte”.

“Oggi le famiglie italiane detengono il 28% della ricchezza finanziaria sotto forma di depositi e banconote” ed è molto cresciuto il risparmio gestito e un altro 28% delle attività finanziarie italiane è investito in azioni, in gran parte non quotate, data la rilevanza delle piccole imprese a gestione familiare”.

Negli Usa oltre il 65% delle famiglie investe in Borsa e non stupisce che l’andamento dei mercati abbia di recente spinto l’amministrazione Trump ad ammorbidire la sua bizzarra politica dei dazi.

Quinto: la distribuzione della ricchezza è diventata più diseguale.

“Nel periodo 2011-2022 le famiglie più ricche hanno accresciuto la loro quota di ricchezza netta in tutti i Paesi europei e Italia ha registrato l’aumento più forte. Nel 2022 il 5% delle famiglie italiane più abbienti possedeva circa il 46% della ricchezza netta totale”.

Ricchi e poveri investono però diversamente. I primi investono soprattutto in azioni e in prodotti del risparmio gestito, per i meno abbienti l’acquisto della prima casa resta l’obiettivo più diffuso.

Ma le diseguaglianze rilevano un nervo scoperto della società italiana.

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