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Pnrr: revisione o no? È un’occasione unica ma va collocato in una strategia complessiva per spingere la crescita

Photo by Mathieu Stern on Unsplash

Si discute di revisione del Pnrr ma di fatto ne è coinvolta l’intera politica economica, anche attraverso l’uso dei Fondi di coesione, il Repower Eu e il Fondo complementare, nel quadro dell’agenda EU in materia di politica industriale e del nuovo Patto di stabilità e crescita.

Il tema più evocato, in tema di revisione del PNRR, è quello del funzionamento della macchina amministrativa del Paese costruita per gestire l’ordinario ed impegnata di qui al 2026 in un esercizio che impone il metodo della programmazione e di gestione straordinaria, rappresentato dal PNRR.

La sfida è non soltanto quella di una spesa organica e tempestiva ma anche quella del rapporto con il territorio, nella quale saranno impegnati Comuni e Regioni nonché la capacità di mobilitare risorse private per il co-finanziamento dei Progetti ed affrontare le strozzature settoriali.

Più in generale è quella di inserire i Progetti nel via libera della EU alla politica degli aiuti nazionali alla politica industriale e nei vincoli del nuovo Patto Stabilità e Crescita, concentrando l’attenzione sia sulla transizione energetica e digitale che sul nuovo scenario della logistica 

Il recente Decreto del Governo sul PNRR prevede la centralizzazione a Palazzo Chigi degli organi decisionali e poteri sostitutivi centrali in caso di inadempienze e ritardi con l’idea  di realizzare quella capacità di programmazione e controllo che è condizione imprescindibile per il suo successo .

La centralizzazione dei fondi europei che mette assieme i 191,5 miliardi previsti dal NextGeEU con i fondi per le politiche di coesione (40 miliardi circa), quelli del Repower EU (9 miliardi circa) e quelli del Fondo Complementare (30 miliardi circa) messi a Bilancio dal Governo Draghi, offre un’occasione unica per porre in essere una strategia complessiva per lo sviluppo del Paese.

Perché questa strategia abbia successo occorre dare risposta all’esigenza, sollevata dal Gruppo dei 20 nel volume “Il PNRR. Una sfida da vincere(2022)“, di rendere esplicito il “filo rosso”, capace di assicurare il salto di produttività e crescita di cui abbiamo assoluto bisogno, perché il PNRR è, ad oggi, un impegnativo programma di spesa con blocchi di interventi (le “missioni”) di cui non è chiara l’interazione rispetto all’obbiettivo dello sviluppo.

La scelta del Governo di mettere insieme Fondi di coesione e Pnrr, oltre Repower Eu e Fondo Complementare, può e deve essere un’occasione per individuare un percorso che non sia il mero accentramento dei fondi ma determini un impegno a disegnare, anche attraverso questi fondi, la strada dello sviluppo.

Transizione energetica: spostare il baricentro dalla Russia al Mediterraneo richiede azioni precise

L’approccio da adottare deve, ovviamente, muoversi nell’ambito di una politica economica in linea con i vincoli EU e con la politica industriale avviata dall’Europa e non può non partire dai grandi cambiamenti del quadro energetico europeo seguito alla guerra in Ucraina .

La centralità degli investimenti previsti dal NextGeEu per transizione energetica (37% della spesa d’investimento) nonché per innovazione e digitalizzazione (20%) sono fissate dal PNRR e  vanno oggi legati alla politica industriale avviata dalla EU.

Per il nostro Paese questo significa partire, intanto, da uno spostamento dei nostri rifornimenti di gas ed energia dalla Russia ai Paesi Mediterranei e all’Africa che non può non avere importanti riflessi su scambi e politiche commerciali. Questa è la ragione per cui va data priorità agli “accordi preferenziali” con i paesi del mediterraneo.

Si può iniziare da qui e passare poi a sviluppare le implicazioni di un piano per l’energia (da mettere a punto al più presto) e di quello per la digitalizzazione, guardando all’impegno su infrastrutture ed innovazione, e allo spostamento del baricentro commerciale verso il Mediterraneo.

L’investimento sulla portualità e la sua accreciuta competitività attraverso tecnologia e liberalizzazioni, l’importanza delle vie del mare e dei traffici marini, sono aspetti importanti legati al nuovo ruolo della sponda africana. 

Le connessioni con le grandi reti di energia solari in via di realizzazione nel Sahara richiedono non solo investimenti infrastrutturali ma anche competenze che ad oggi non sono tra le priorità del PNRR. Altrettanto vale per la rete di rifornimento e servizio LNG sul nostro territorio. Così come l’impegno a realizzare reti di distribuzione dell’elettricità che godano delle nuove tecnologie informatiche che ne aumentino l’efficienza.

Anche l’innovazione non va trascurata: occhio ai servizi

L’aumento della produttività di cui abbiamo bisogno esige un investimento sull’innovazione che non si realizza solo con automazione, intelligenza artificiale e digitalizzazione.

Le innovazioni si realizzano, per fare qualche esempio, con le scelte in materia di efficienza energetica, incentivandone l’adozione (e non lo si è fatto con il 110% nonostante la dimensione della spesa), come altri Paesi hanno opportunamente fatto, creando nuovi settori di attività. Ma anche puntando sul riscaldamento elettrico nelle abitazioni, come da anni fa la Svezia. 

Le scelte europee in materia di “Microchips” e di “Auto elettriche” vanno viste come occasioni di salire sul treno dell’innovazione, sia pure con gli accorgimenti necessari ad evitare un effetto di spiazzamento del nostro sistema produttivo.

Non va dimenticato che ai risultati positivi del nostro export di beni si contrappone una sostanziale inadeguatezza della crescita di quello dei servizi, in particolare, nel settore dei trasporti e delle telecomunicazioni.

L’impegno che ci è richiesto dalla Commissione a favore della concorrenza riguarda non solo il settore dei servizi pubblici locali ma, in generale, la gestione del sistema portuale, quello delle reti a banda larga e, più in generale, il sistema delle concessioni governative.

Nuove competenze essenziali per il salto di qualità che ci chiede Bruxelles

Servono nuove competenze. Si è calcolato che sono almeno 500.000 coloro che devono essere formati alle nuove tecnologie sia nel settore dell’efficienza energetica e dei processi relativi alla digitalizzazione, all’automazione e, in generale, all’uso dell’intelligenza artificiale.Serve un piano di formazione mirato a queste esigenze ed un rapporto scuola-formazione che ne tenga conto.

Di tutto questo – e di molto altro – si può tener conto disegnando un percorso da realizzare con i fondi di coesione (evitando le non necessarie contrapposizioni nord-sud che già appaiono all’orizzonte), quelli del Repower eu e del fondo complementare, sempre che essi possano godere della necessaria flessibilità, una volta che trattativa in corso con Bruxelles sia andata a buon fine .

La loro associazione con quanto già previsto dal PNRR rappresenta uno snodo essenziale per consentire che diventi esplicito “il filo rosso”a favore del salto di produttività e sviluppo di cui abbiamo straordinario bisogno e che va realizzato nel quadro della politica industriale europea e del nuovo Patto di stabilità e sviluppo.

Un debito europeo per le infrastrutture in comune

Infine sarebbe di certo decisiva, al di là delle risorse europee che abbiamo a disposizione, una scelta europea a favore di un debito comune, magari favorita da un accordo per un suo utilizzo a favore di infrastrutture decise in comune. Si tratta di una prospettiva che occorre seguire con determinazione, anche se non è al momento, a giudicare dai fatti noti, tra gli accadimenti prevedibili a breve termine.

C’è dunque  molta materia ma anche molte opportunità che possono nascere da un impegno complessivo nell’uso dei fondi europei che abbiamo a disposizione. 

È un disegno che non deve dimenticare, sia chiaro, che gli investimenti sull’equità sociale, a partire da scuola e sanità sono condizione essenziale per lo sviluppo. Non si tratta di fare sforamenti di bilancio, ma come si sostiene nel volume del Gruppo dei 20 su Equità e sviluppo (2022), di ridurre bonus, sprechi di spesa ed evasione fiscale che minano l’equilibrio di bilancio e di realizzare l’equità come necessaria condizione di coesione sociale.

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