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La vera truffa grilloleghista sui “truffati” delle banche

Imagoeconomica

Il premier Conte, nonostante sia un valente giurista, non sa che il voto di scambio è un reato. Infatti ieri, durante l’accesa discussione sul decreto per rimborsare i risparmiatori truffati dalle banche, ha dichiarato chiaro e tondo che i ministri interessati dovevano tener conto dell’altissimo peso che il provvedimento potrebbe avere in termini elettorali. Insomma si dovrebbero usare con disinvoltura soldi pubblici per ottenere in cambio i voti di coloro che riceveranno questi rimborsi e delle loro famiglie.

Ma il ministro Tria non si è fatto impressionare e nessuna decisione è stata presa. La questione è veramente ingarbugliata: tutti hanno un pizzico di ragione ma anche i torti sono equamente ripartiti, per cui non si riesce a trovare una strada praticabile per chiudere la questione.

Tutto nasce con le promesse fatte in campagna elettorale dai due partiti al governo, di rimborsare pienamente tutti i possessori di obbligazioni e di azioni delle banche fallite sia delle umbro-toscane sia delle venete. Ma da Bruxelles si è fatto notare che il rimborso avrebbe dovuto essere vagliato caso per caso da una apposita commissione in modo da poter distinguere coloro che hanno realmente subito una truffa da chi invece era ben consapevole del rischio che correva, ma ha fatto ugualmente quegli acquisti di obbligazioni o di azioni sperando di lucrarci sopra un buon reddito. E d’altra parte i soldi che lo Stato usa per questi rimborsi sono soldi di tutti gli italiani e quindi, giustamente, la Commissione Europea cerca di salvaguardare un principio di equità e di giustizia. Principi che evidentemente non sfiorano la mente di Di Maio, di Salvini o di Conte, per i quali i soldi dello Stato non sono i soldi di tutti gli italiani che devono essere amministrati con prudenza, ma soldi di nessuno che quindi possono essere adoperati per la convenienza elettorale dei loro partiti.

La UE in sostanza dice che i risparmiatori possono essere rimborsati solo se dimostrano di essere stati truffati, con l’unica eccezione dei piccoli risparmiatori che hanno un reddito inferiore a 35 mila Euro ed un patrimonio investito inferiore a 100 mila Euro. E per dimostrarlo devono rivolgersi ad un tribunale o all’apposita commissione formata da persone “indipendenti” istituita presso il ministero del Tesoro. Ma questo non sta bene a Di Maio il quale vorrebbe che tutti fossero rimborsati senza troppe verifiche sui loro diritti e sulla loro situazione patrimoniale. Salvini che in Veneto ha una sua base elettorale, è sostanzialmente d’accordo, anche se sembra più impegnato a trovare una soluzione pratica che consenta di avviare le procedure per i rimborsi, almeno per la grande maggioranza dei piccoli risparmiatori.

In sostanza è vero che in alcune banche era in atto una prassi truffaldina che accollava ai risparmiatori titoli rischiosi senza dare una adeguata informazione, o peggio si davano prestiti ai clienti in cambio dell’acquisto di azioni della stessa banca in modo da sostenerne i corsi, ma è anche vero che i possessori di obbligazioni sono già stati rimborsati in larga misura e che per quelli che possedevano azioni, nel caso delle venete c’è già stata una offerta di 9 euro ad azione che è circa il 15% delle ultime quotazioni di Borsa. Se si esamina l’andamento delle azioni della altre banche quotate si vede che durante la crisi i vecchi azionisti hanno visto decurtare il valore dei loro titoli di almeno l’80-90% cioè più o meno quanto hanno perso gli azionisti delle banche fallite. Ed allora cosa deve fare lo Stato? Rimborsare tutti coloro che possedevano azioni delle banche prima dello scoppio della grande crisi del 2008? Il discorso è un po’ diverso ma sostanzialmente analogo anche per coloro che possedevano obbligazioni. Ed allora è ovvio che lo Stato può intervenire solo nel caso in cui si sia dimostrata una truffa visto che i truffatori non hanno la capienza patrimoniale adeguata a risarcire le vittime e considerando che la crisi delle banche è esplosa anche per una applicazione un po’ frettolosa delle nuove norme sul “bail in” entrate in vigore senza averne dato adeguata informazione ai risparmiatori.

Ma attenzione si tratta sempre di soldi pubblici e quindi ci vuole molta prudenza e perfetta trasparenza prima di costringere milioni di contribuenti a versare i loro soldi in favore di 200 mila risparmiatori. Altrimenti anche in termini politici, per riprendere il concetto di Conte, non è detto che i voti che si vanno a “comprare” compensino quelli che si perdono dalla parte dei contribuenti arrabbiati.

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