Nel dizionario Treccani alla parola Seccagno si legge: “agg. [lat. siccaneus, der. di siccus «secco»]”. E’ quantomai appropriato il nome di Siccagno che contraddistingue una particolare varietà di pomodoro siciliano, quello di Zagarise, (Saccharision in greco bizantino) comune italiano di 1.339 abitanti della provincia di Catanzaro in Calabria noto per una sua caratteristica particolare: non richiede irrigazioni. L’antico borgo calabro che si apre nei pressi dei boschi della Sila e si divide in due nuclei: uno a ridosso della torre normanna e l’altro intorno alla chiesa madre, ha conservato nel tempo antiche tradizioni alimentari e gastronomiche, soprattutto il gusto per le cose semplici e genuine di un tempo come le patate friute; a frissurata, preparata con pancetta, lombata, fegato e grasso di maiale su cui si sparge molto peperoncino; a pitta fritta fatta con acqua e farina. Nei periodi giusti, e in occasione delle sagre stagionali, la cucina locale si arricchisce del profumo delle numerose specie di funghi che crescono nel territorio. Capitolo a parte meritano i dolci, invece, come i tardilli a base di uova e farina e ricoperti di miele; le crocette di fichi ripiene di noci e cannella; la pitta ‘nchiusa, a forma di coccinella, imbottita con uva passa, noci, zucchero e cannella; la nipitella, un calzone con uva passa, noci macinate, chiodi di garofano e vino cotto.
A queste si aggiunge la tradizionale coltivazione del pomodoro Siccagnu che, a dire il vero, non viene coltivato in assenza d’acqua come lascia intendere il nome, molto più realisticamente il Siccagnu non ha bisogno di irrigazioni regolari o frequenti. «Se le piantine vengono trapiantate ad aprile, grazie alle due o tre normali precipitazioni nella stagione estiva il nostro pomodoro riesce a crescere e a dare frutti» spiega Luigi Mangone, referente dei quattro produttori di pomodoro Siccagnu che oggi aderiscono al Presidio che aggiunge «Una stagione come quella di quest’anno, senza piogge da maggio a luglio, è però un problema anche per il siccagno di Zagarise».
Ma com’è possibile che una pianta di pomodori sappia resistere a condizioni simili? «Come per tutte le piante, la selezione operata dai contadini ha prodotto un miglioramento nella varietà: anno dopo anno, gli agricoltori hanno scelto le piantine più resistenti e, da quelle, ottenuto i semi per gli anni successivi. In questo modo si è arrivati ad avere piante in grado di sopportare carenze idriche importanti e dalle spiccate caratteristiche di adattamento» aggiunge Mangone. Il pomodorino è coltivato in tutto il territorio di Zagarise, comune del catanzarese che copre un dislivello di quasi mille metri, dai circa 65 metri sul livello del mare del punto più basso fino a quote di montagna: «Il suolo di Zagarise è certamente fertile, ma il fatto che la pianta cresca ovunque è la dimostrazione della sua capacità di adattamento» aggiunge il produttore.
«Il gusto è il punto forte di questo pomodorino – spiega Mangone –. Non avendo ricevuto molta acqua, le sostanze come i polifenoli non vengono diluite e di conseguenza il sapore rimane intenso, tanto che da noi i pomodori si mangiano senza sale perché sono sapidi già così».
In cucina, l’utilizzo più frequente dei pomodorini siccagni è a crudo, in insalata, ma la poca acqua e la buccia spessa li rendono ideali anche per la conservazione invernale: «C’è chi ne fa conserva, chi i pelati o i filetti senza buccia – continua il produttore –. Alcuni preferiscono far essiccare i pomodorini, altri li utilizzano per u salaturu, una salamoia con pomodori, olive e peperoni verdi, aglio e finocchietto. I più temerari, alla fine della stagione, li raccolgono ancora acerbi e li appendono per avere il pomodoro fresco in autunno inoltrato». La selezione fatta nel tempo ha prodotto anche maggiore resistenza ai parassiti: «Le piante oggi sono protette solo con macerati di ortica, di aglio, di peperoncino o di cipolle, soluzioni che vengono irrorate in maniera preventiva» prosegue Mangone.
Il pomodorino siccagno di Zagarise ha un gusto intenso e agrodolce, molta polpa e un elevato contenuto zuccherino. Si mangia perlopiù fresco, in insalata e sughi, oppure trasformato in passata, pelati, filetti, pomodori secchi. Quando la stagione produttiva volge al termine, si raccolgono le bacche che non arriveranno a maturazione e si prepara “u salaturu”, mettendo in salamoia pomodori e olive verdi, ma anche altre verdure e aromi come aglio e finocchietto; ogni famiglia ha la propria ricetta.
«La particolare resistenza del pomodorino siccagno di Zagarise si inserisce in maniera significativa nel quadro climatico odierno, caratterizzato da temperature alte e siccità estrema, come abbiamo potuto sperimentare negli ultimi mesi» spiega Giuseppe Caruso, responsabile della biodiversità nella Condotta Slow Food di Catanzaro. Per un produttore, scegliere di coltivare una varietà in grado di sopperire agilmente alle carenze idriche può fare davvero la differenza. E tutto ciò può avere riflessi economici interessanti: «Valorizzare un prodotto agricolo in un territorio che soffre lo spopolamento, come l’area di Zagarise, può dare una boccata d’ossigeno a un’economia in sofferenza – aggiunge Alberto Carpino, referente del progetto Presìdi Slow Food in Calabria –. In quest’area, oggi si producono perlopiù olio e miele: aggiungere a questo paniere di prodotti il pomodorino, la cui piccola produzione oggi è assorbita dai ristoranti e dalle osterie che aderiscono all’Alleanza Slow Food dei cuochi, porterà sicuramente dei benefici».
Come accade per tanti alti prodotti vanto della biodiversità italiana la sua scarsa resa produttiva rispetto a molte varietà introdotte dal mercato che assicurano maggiori guadagni con minimi costi di produzione rischiava di far scomparire questa particolare specie di pomodoro. Il suo inserimento fra i Presidi Slow food ha contribuito ad invertire questa tendenza attirando attenzione dei mercati per questa caratteristica produzione.