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Il crollo dei Pil di Germania e Usa e le mosse di Trump affondano le Borse

Screenshot discorso Trump

I crolli storici del pil tedesco e del pil americano affossano le borse mondiali, appesantite anche dai risultati di colossi del settore petrolifero, come Eni -7,04%. Piazza Affari chiude in ribasso del 3,28% e scende a 19.228 punti base, con tutte le blue chip in rosso tranne Prysmian +0,05%.

La maglia nera spetta a Francoforte -3,52%, ma vanno a fondo anche Madrid -2,9%, Parigi -2,13% e Londra -2,26%. 

Wall Street, partita stonata, sta cercando spunti per arginare i cali e il Nasdaq si sta muovendo intorno alla parità, con le Big Tech Alphabet, Apple, Facebook e Amazon in recupero rispetto all’avvio, in attesa di presentare i loro conti. 

Intanto Donald Trump, via Twitter, propone di rimandare le elezioni Usa, perché “con il voto per corrispondenza universale, l’elezione del 2020 sarà la più imprecisa e fraudolenta della storia”.

Insomma il Covid 19 mostra il suo volto peggiore sia sul fronte dell’economia reale sia sul fronte politico e dal numero crescente di contagi nel mondo c’è il timore che il vaccino arrivi dopo troppi danni. Il premier britannico Boris Johnson invita i suoi concittadini a non “illudersi che sia finita. Non siamo fuori pericolo, non pensiamo che sia finita, perché non lo è”. Johnson, citato dal Daily Telegraph, osserva che c’è una nuova crescita del virus in Europa, il che lascia temere una seconda ondata. La fiducia non abbonda neppure in Italia: secondo una ricerca condotta da Grant Thornton, società internazionale di consulenza, solo il 23% delle aziende tricolore è ottimista sulla ripresa economica entro i prossimi 12 mesi. 

E il conto pagato sin qui è già molto salato. La Germania, locomotiva d’Europa, nel secondo trimestre ha registrato un calo record della crescita del 10,1%, contro attese di -9%. Gli Stati Uniti, locomotiva del mondo, hanno perso il 32,9%, una percentuale ciclopica, benché le previsioni fossero persino peggiori. Il governo ha inoltre confermato a -5% la performance del primo trimestre. Anche le richieste di sussidi di disoccupazione sono leggermente sotto il consensus, ma arrivano alla 19esima settimana di seguito oltre il milione. Come ha detto ieri Jerome Powell “Il coronavirus rappresenta il più grande shock per l’economia Usa mai registrato a memoria d’uomo”. A catena si deprime il petrolio, che teme un ulteriore crollo della domanda: il Brent cede il 2,5% e scambia intorno a 43 dollari al barile. Persino l’oro oggi arretra leggermente dai picchi raggiunti e tratta in rosso a 1942 dollari l’oncia.

Sul mercato valutario l’euro è poco mosso contro il dollaro, con il cambio vicinissimo a 1,18. In Italia, in attesa del dato sul pil di domani, l’Istat rivela che in un anno sono stati persi 752mila posti di lavoro (-3,2%) e gli inattivi sono arrivati a quota 899mila. Rispetto al pre-Covid si sono persi 600 mila occupati. Un clima generale che non può che riversarsi negativamente su Piazza Affari, alle prese anche con i conti di importanti big cap.

In primo piano c’è Eni, che ha evidenziato una perdita netta rettificata di 714 milioni di euro nel secondo trimestre per effetto di svalutazioni legate al calo del prezzo del greggio. Il gruppo ha annunciato il taglio del dividendo a partire dal 2020 legato al prezzo del Brent che offre un valore base di 0,36 euro per azione. A inizio 2020 Eni aveva annunciato un dividendo di 0,89 euro per l’anno.

Resta oggetto di forti vendite Saipem, -6,55%, dopo il tonfo di ieri a seguito dei risultati del secondo trimestre sotto le attese. Da inizio anno le azioni della società di ingegneristica controllata da Eni e Cdp sono in rosso del 56%. 

La trimestrale pesa su Generali, -5,11%, in un settore assicurativo in grande ribasso in tutta Europa. Si fa sentire il crollo di Lloyds -7,6%, a Londra, che ha chiuso il semestre in rosso a causa delle pesanti riserve per far fronte al l’emergenza coronavirus. Unipol -5,73%. In scia Banca Generali -5,39%.

I ribassi sono pesanti per il settore bancario con Banco Bpm -5,34% e Unicredit -4,94%. Mediobanca, -2,7%, ha chiuso l’esercizio 2019-2020 con un utile netto di 600 milioni, in calo del 27% rispetto a un anno prima. Il risultato sconta oneri non ricorrenti da 285 milioni, per l’80% dovuti al Covid (228 milioni), ma è superiore ai 587 milioni previsti dal consensus fornito dalla società. Piazzetta Cuccia si allinea inoltre alla raccomandazione della Bce e non paga la cedola

Fiat, -3,94%, in un contesto globale dove Volkswagen (-5,4% a Francoforte) ha registrato una perdita di 1,4 miliardi in sei mesi e tagliato il dividendo.  Renault (-9,26% a Parigi) ha chiuso il semestre con un a perdita record di 7,3 miliardi.

Non si salvano neppure le utility: Enel -2,98%, benché abbia chiuso il semestre con un aumento dell’utile netto del 5,6% e confermato la cedola. Galleggia l’obbligazionario: lo spread fra decennale italiano e tedesco chiude a 151 punti base (+1,25%), con un calo dei rendimenti. Il tasso del Btp scende a 0,96%.

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