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Clima, la sinistra italiana ed europea ripensino radicalmente la propria strategia ambientale: il saggio di Mucchetti

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Massimo Mucchetti, giornalista di lungo corso ed ex presidente della Commissione Industria del Senato durante la sua breve esperienza da parlamentare, ha deciso di dare la sveglia alla sinistra, ancora ancorata ad un ambientalismo radicale che non solo ha fallito i suoi obiettivi, ma sta anche suscitando nelle opinioni pubbliche dei Paesi chiamati a maggiori cambiamenti (tra cui il nostro) una reazione molto forte che punta ad un deciso cambiamento degli obiettivi e delle modalità per raggiungerli.

Era ora che negli ambienti di sinistra si aprisse una seria riflessione su quello che non ha funzionato e su quali strategie alternative adottare, posto che il riscaldamento climatico è una realtà. Non si tratta di una novità assoluta nella lunga storia della terra dove si sono alternati periodi freddi (glaciazioni) e periodi più caldi. Quello che è nuovo oggi è la velocità con cui si manifestano questi cambiamenti e le conseguenze assai negative che essi provocano anche a causa del forte aumento della popolazione mondiale. Non è un caso che il saggio di Mucchetti è stato pubblicato dalla rivista ItalianiEuropei (sotto è possibile leggere il testo integrale in versione pdf, ndr) che fa capo alla Fondazione diretta da Massimo D’Alema e che quindi dovrebbe aprire una riflessione in Italia ma soprattutto in Europa, dove i parlamentari di Strasburgo sembrano ancorati al vecchio schema di azione imposto dall’allora commissario Frans Timmermans che però ha mostrato chiaramente tutte le sue carenze.

Mucchetti sottolinea come le grandi ambizioni nate nella Conferenza di Parigi e poste alla base delle politiche ambientali, si sono dimostrate non raggiungibili. Le emissioni di CO2 nel mondo sono aumentate. Le rinnovabili hanno aumentato la loro quota nella produzione di elettricità ma si sono dimostrate integrative e non sostitutive delle fonti fossili. Soprattutto non si è realizzata quella leadership industriale che secondo gli ideatori di rigidi vincoli alle emissioni sarebbe derivata all’Europa. Al contrario abbiamo perso terreno e si è affacciata una pericolosa de-industrializzazione. La spesa pubblica per sostenere il Green Deal è stata imponente e in gran parte scaricata sui cittadini consumatori e sulle imprese che quindi sono sempre meno competitive. Insomma bisogna cambiare decisamente strada. E questo è necessario anche considerando che i Paesi in via di sviluppo sono affamati di energia e non vogliono puntare solo sulle rinnovabili che, com’è noto, sono inaffidabili, cioè forniscono energia solo quando ci sono condizioni climatiche favorevoli. Bisogna quindi riscoprire il nucleare (che del resto molti Paesi del così detto Terzo mondo stanno già installando), e soprattutto bisognerà puntare molto di più sulla “mitigazione e sull’adattamento” in modo da poter convivere con i cambiamenti climatici previsti.

Questo non vuol dire che si deve abbandonare la politica della riduzione delle emissioni ma che sull’attuazione di simili politiche c’è molto da cambiare. Bisogna esaminare i dati reali. L’Europa vale solo il 6,5% delle missioni globali e negli ultimi vent’anni ha registrato una riduzione del 30%. La Cina ha aumentato le proprie emissioni del 262% e rappresenta oggi il 34% delle emissioni globali. Certo non possiamo fermare lo sviluppo dei Paesi arretrati. Ne vale la pena buttare centinaia di miliardi nei paesi europei per ottenere risultati modesti e ininfluenti nelle emissioni globali. Dobbiamo smetterla con il finanziare in maniera esagerata gli investimenti in rinnovabili che spesso sono diventati, come dice Mucchetti, “strumenti ciechi di occhiute rapine” mentre dobbiamo puntare molto di più sulla ricerca e innovazione, studiare meglio sistemi che l’ambientalismo radicale ha messo al bando come la cattura della CO2, o il nucleare piccolo o grande che sia. Basta con l’ipocrisia di non volere impianti nucleari e poi comprare circa il 14% del nostro fabbisogno elettrico dalla Francia che lo produce nelle proprie centrali nucleari.

Sulla questione ambientale l’Europa ha proprio sbagliato tutto. Bisogna ricominciare a ragionare con i piedi per terra, abbandonando il catastrofismo delle Greta Thunberg, e puntando sulla cose realistiche da fare subito a costi accettabili e con evidenti vantaggi per tutta la popolazione.

Di seguito, il testo a firma Massimo Mucchetti dal titolo Per un ripensamento delle strategie europee sul climate change, sfogliabile nella versione pdf.

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