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Class action, la riforma solleva almeno tre dubbi: ecco perché

Imagoeconomica

La corsa del Parlamento ad approvare una riforma radicale dell’azione di classe lascia perplessi per più di un motivo.  

Lo strumento dell’azione di classe è operativo in Italia da otto anni. L’esperienza delle aule giudiziarie non fornisce specifiche indicazioni di inadeguatezza del sistema. In mancanza di dati ufficiali, dalle notizie riportate sulla stampa o sui siti delle associazioni di consumatori emerge che circa la metà delle azioni di classe finora promosse non ha superato il vaglio preventivo di ammissibilità, in genere per la mancanza di omogeneità dei diritti fatti valere. Tra le azioni ammesse, alcune hanno registrato un numero significativo di adesioni e hanno portato a risarcimenti.  

Prima di rimettere mano alle regole, sarebbe anche opportuno tener conto degli sviluppi in corso a livello europeo. In parallelo ai lavori del Parlamento italiano, a Bruxelles prosegue l’iter di adozione di una direttiva sulle azioni collettive a tutela dei consumatori. Per assicurare la coerenza della legislazione nazionale con quella UE e scongiurare modifiche successive, che causano instabilità del quadro di riferimento, converrebbe impegnarsi nella fase ascendente del diritto europeo e aspettare di vedere quali scelte saranno compiute nel testo definitivo della direttiva.  

Alcuni aggiustamenti alla normativa vigente possono essere necessari per aumentare l’efficienza del sistema. Ad esempio, rendere la procedura di adesione all’azione interamente telematica favorirebbe una maggiore partecipazione degli interessati. L’accelerazione della legge in Parlamento può tuttavia riflettere un ’impostazione ideologica anti-impresa. È fondamentale non perdere l’equilibrio della disciplina, che deve mirare a garantire il ristoro dei soggetti danneggiati da illeciti di massa, non a incentivare la litigiosità attribuendo ai risarcimenti una connotazione punitiva, che è estranea al nostro ordinamento. Il fatto che la proposta di legge trasformi l’azione di classe da strumento utilizzabile per specifici illeciti a danno dei consumatori a strumento di portata generale, inserito nel codice di procedura civile, rende ancora più importante che le regole siano equilibrate, perché in caso contrario l’impatto sull’attività delle imprese e sull’intera economia può essere molto dannoso.  

Le previsioni più problematiche nella proposta di legge riguardano tre profili: il meccanismo di adesione, l’obbligo di disclosure del materiale probatorio da parte dell’azienda e le spese legali.  

Adesioni  

Pur confermando la necessità per i singoli danneggiati di manifestare la volontà di aderire all’azione (opt- in), la proposta ne dilata enormemente la portata, prevedendo che si possa aderire all’azione anche dopo la sentenza di condanna. In questo scenario risulta estremamente difficile per l’impresa convenuta effettuare una stima attendibile delle somme da risarcire, mentre è evidente il rischio di condotte opportunistiche degli interessati. Tale disposizione può inoltre alterare gli incentivi delle parti ad avvalersi di strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e a concludere accordi transattivi. Sarebbe più equilibrato consentire l’opt-in in un termine congruo, comunque non oltre la sentenza di primo grado, e subordinare a precise condizioni la facoltà di revoca dell’adesione.  

Disclosure  

Viene introdotto l’istituto della disclosure: il giudice, su istanza motivata e circostanziata dell’attore, potrà ordinare all’azienda convenuta di esibire elementi di prova in suo possesso rilevanti per la decisione della causa. Le regole replicano quanto previsto per le azioni di risarcimento dei danni antitrust e fissano garanzie per contemperare i diversi interessi, compreso il diritto del convenuto di essere sentito prima dell’ordine di disclosure. La questione cruciale è assicurare che i giudici compiano un controllo rigoroso sull’effettiva utilità delle prove richieste e sulla proporzionalità della misura, tenendo conto dei costi che l’esibizione può comportare per l’azienda, inclusi quelli di rivelare elementi sensibili delle sue strategie commerciali.  

Spese legali 

In caso di condanna il convenuto dovrà corrispondere sia all’avvocato dell’attore che al rappresentante degli aderenti, nominato dal giudice, compensi stabiliti in percentuale dell’importo totale del risarcimento. Nel caso dell’avvocato, a differenza del rappresentante degli aderenti, questo meccanismo di remunerazione ha carattere premiale, in quanto si aggiunge all’onorario per la prestazione professionale, e non appare giustificato dall’esigenza di rendere più efficace la disciplina dell’azione di classe. Il sistema premiale determina piuttosto un forte incentivo alla litigiosità e aggrava l’onere del convenuto ben oltre la somma delle pretese risarcitorie dei singoli, assumendo una connotazione punitiva.  

A noi pare che questi aspetti vadano ripensati in modo da giungere a una disciplina equilibrata, che garantisca la tutela dei danneggiati da illeciti di massa senza produrre costi ingiustificati per le imprese.

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