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Accadde Oggi: 11 febbraio 1929 si firmano i Patti Lateranensi, l’accordo storico tra lo Stato Italiano e la Chiesa

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95 anni fa, l’11 febbraio 1929, venivano firmati i Patti Lateranensi che mettevano fine ad una lunga disputa tra lo Stato Italiano (l’allora Regno d’Italia) e la Santa Sede. L’accordo, composto da tre documenti, un trattato, una convenzione e un concordato (quest’ultimo rivisto nel 1984), segnano la fine del cosiddetto “Problema Romano” e istituiscono una nuova relazione tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica, riprendendo i rapporti interrotti nel 1870 con l’unificazione dell’Italia. Istituita anche la Città del Vaticano come stato indipendente.

I patti lateranensi sono richiamati dall’articolo 7 della Costituzione Italiana:

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

La questione romana

La questione romana affondava le sue radici nel 1870, quando le truppe italiane, guidate da Vittorio Emanuele II, entrarono a Roma e la dichiararono capitale del Regno d’Italia. Questo evento mise fine al potere temporale dei Papi, che governavano lo Stato Pontificio da secoli. La Chiesa, guidata dal Papa Pio IX, rifiutò di riconoscere il nuovo stato italiano e dichiarò la propria prigionia nel Vaticano.

Nonostante l’Italia avesse unilateralmente delineato i rapporti con la Chiesa nel 1871 con la legge delle Guarentigie, queste disposizioni non furono mai riconosciute dai papi successivi.

Per decenni, la questione romana rimase una fonte di tensione tra la Chiesa e lo Stato italiano. La Santa Sede rifiutò di riconoscere l’autorità dello Stato italiano su Roma e perseguì una politica di non expedit, proibendo ai cattolici italiani di partecipare attivamente alla politica del nuovo stato.

Nel corso dei decenni successivi, emerse l’idea che un territorio indipendente avrebbe garantito al Papa la libertà d’azione. Nel contesto del desiderio del Papa Pio XI di proteggere la libertà della Chiesa in un’Italia fascista e dell’obiettivo di Mussolini di integrare il cattolicesimo nazionale nel movimento fascista, si giunse alla firma dei Patti Lateranensi.

Il contenuto dei Patti Lateranensi

Dopo anni di negoziati, il governo italiano guidato da Benito Mussolini e il Papa Pio XI giunsero a un accordo nel 1929. Gli accordi furono firmati, l’11 febbraio 1929, da Pietro Gasparri per la Santa Sede e dal Duce per il Regno d’Italia.

I Patti Lateranensi consistevano in tre documenti principali:

  • Trattato Lateranense: questo stabiliva i termini della sovranità vaticana su uno stato indipendente di 44 ettari, noto come Città del Vaticano. In cambio, la Santa Sede riconosceva l’Italia come stato sovrano e dichiarava la fine dello stato di prigionia del Papa.
  • Convenzione Finanziaria: in allegato al trattato vi era la convenzione finanziaria. Questa prevedeva un risarcimento finanziario di 750 milioni di lire all’allora Papa Pio XI per la perdita dello Stato Pontificio nel 1870. Questo importo includeva sia un pagamento in contanti sia l’emissione di titoli di stato.

Art. 1: “L’Italia si obbliga a versare, allo scambio delle ratifiche del Trattato, alla Santa Sede la somma di lire italiane 750.000.000 (settecento cinquanta milioni) e a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto Consolidato italiano 5% al portatore (col cupone scadente al 30 giugno p.v.) del valore nominale di lire italiane 1.000.000.000 (un miliardo)

  • Concordato: questo definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo, sostituendo il precedente rapporto regolato dalla Legge delle Guarentigie. Una caratteristica significativa del Concordato era il rispetto dell’indipendenza del Papa, esemplificato dalla non obbligatorietà del giuramento di fedeltà al governo italiano per il cardinale vicario di Roma, rappresentante del Papa. Il governo italiano accettò di conformare le leggi sul matrimonio e il divorzio a quelle della Chiesa cattolica e di esentare il clero dal servizio militare. I Patti assicurarono al cattolicesimo lo status di religione di Stato in Italia, con implicazioni significative nel sistema scolastico pubblico, come l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica. Inoltre, il Concordato riconosceva il carattere sacro della città di Roma, in quanto sede vescovile del Papa.

Nel 1948 i Patti furono riconosciuti costituzionalmente nell’articolo 7. Eventuali modifiche ai Patti devono avvenire di comune accordo tra lo Stato e la Santa Sede, senza richiedere un procedimento di revisione costituzionale.

La revisione del concordato del 1984

Il Concordato, che era stato contestato da laici e radicali perché in alcuni suoi aspetti ritenuto troppo sbilanciato a favore del Vaticano, è stato poi rivisto nel 1984 principalmente per rimuovere la clausola riguardante la religione di Stato della Chiesa cattolica in Italia. Questa revisione, firmata a Villa Madama il 18 febbraio, vide la partecipazione del presidente del Consiglio Bettino Craxi per lo Stato italiano e del cardinale Agostino Casaroli per la Santa Sede.

Dopo l’abolizione dell’assegno di congrua, un finanziamento mensile garantito dallo Stato ai parroci, rimasto in vigore dall’unità d’Italia al 1986, si pose la questione del nuovo finanziamento della Chiesa da parte della Repubblica. Il nuovo Concordato stabilì la defiscalizzazione delle offerte e l’introduzione dell’8×1000, che consisteva nella distribuzione di una quota dell’IRPEF allo Stato o alle confessioni religiose in base alle scelte espresse dai contribuenti nelle dichiarazioni dei redditi. Ratificato dall’Italia nel 1985, entrò in vigore nel giugno dello stesso anno.

Il meccanismo di ripartizione dell’8×1000 fu ideato in modo non intuitivo per favorire la Chiesa Cattolica, sfruttando l’ignoranza e la pigrizia dei contribuenti. La scelta del destinatario del contributo non è obbligatoria e molti italiani credono erroneamente che lasciando la casella vuota, l’8×1000 vada automaticamente allo Stato, ma questo non è vero.

Il motivo è semplice: i contributi dei contribuenti che non compilano la casella vengono ripartiti in proporzione alle scelte fatte da coloro che indicano un beneficiario. Questo sistema crea una distorsione significativa, poiché più della metà degli italiani non specifica quale istituzione desidera finanziare, mentre la minoranza che lo fa, in 8 casi su 10, sceglie la Chiesa Cattolica.

Di conseguenza, l’80% dell’8×1000 dei non specificati finisce nelle casse della Chiesa Cattolica, spesso senza che i cittadini ne siano consapevoli.

Grazie a questo meccanismo, la Santa Sede riceve circa un miliardo di euro all’anno dallo Stato italiano. Se invece la Chiesa Cattolica ricevesse solo i fondi di coloro che l’hanno indicata come beneficiaria, il flusso di denaro sarebbe ridotto di oltre la metà.

La Corte dei Conti ha denunciato la mancanza di trasparenza nelle erogazioni e lo spreco di risorse da parte dello Stato, che sembra mostrare disinteresse per la quota di propria competenza. La politica finora ha ignorato questo problema.

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