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Unicredit: i Paesi dell’Europa centro-orientale sulla strada della ripresa, ma a ritmi diversi

Anche se le difficoltà permangono, i Paesi CEE stanno facendo progressi nel gestire le numerose sfide sul fronte della crescita. La regione si sta adeguando al ritmo di crescita più lento dei suoi partner commerciali, ma si scorgono già segnali di un miglioramento dell’attività economica. Sono questi alcuni dei principali risultati emersi dall’ultimo rapporto trimestrale sui Paesi CEE pubblicato da UniCredit Economics & FI/FX Research. La crescita dell’industria manifatturiera ha registrato un’accelerazione, mentre il credito è prossimo alla ripresa.

Il processo di riduzione delle passività esterne da parte degli istituti bancari (“deleveraging”) si è notevolmente attenuato nei nuovi Stati membri dell’UE. Infine, occorre tenere presente che gli anni antecedenti al 2008 sono stati un periodo straordinario in termini di crescita e quello schema è oggi irripetibile. I Paesi CEE stanno tuttavia conquistando una “nuova normalità”, anche se la debole domanda esterna e gli afflussi ridotti di capitali stranieri rappresentano un elemento di difficoltà.

La ripresa dell’attività manifatturiera, del credito e dell’inflazione evidenziano differenze significative da Paese a Paese

Nel primo trimestre, il settore manifatturiero ha registrato risultati migliori rispetto a fine 2012, soprattutto grazie all’aumento della produzione di veicoli. In base alla media del Purchasing Managers Index manifatturiero nel secondo trimestre, la Repubblica Ceca potrebbe continuare a mantenere i buoni risultati conseguiti e l’aumento delle esportazioni, mentre tutti gli altri Paesi non hanno eguagliato la performance del trimestre precedente. Sono attesi ulteriori miglioramenti, ma il processo sarà graduale e a tratti volatile. La capacità produttiva inutilizzata e l’aumento della competitività sono fattori che potrebbero giocare un ruolo di supporto, nonostante la flessione degli investimenti diretti esteri nel comparto manifatturiero della regione.

La domanda resta il problema principale e ciò si traduce in una perdita delle quote di export a livello globale. Così come per l’industria, anche l’impatto del credito sulla domanda interna sta migliorando, ma si tratta ancora una volta di un processo graduale e con andamento molto eterogeneo nella regione CEE. “La riduzione delle passività esterne è andata rallentando sensibilmente. In molti Paesi la crescita dei depositi supera quella del credito e ciò rende possibile un aumento dei nuovi crediti, anche se nei Paesi che sono entrati di recente nell’UE il fenomeno si sta concretizzando lentamente”, ha dichiarato Gillian Edgeworth, economista di UniCredit responsabile della regione EEMEA. Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia e Lituania sono gli unici Paesi della regione a registrare una crescita positiva del credito su base annua, anche se a livelli ridotti. I problemi maggiori restano l’alto numero di crediti in sofferenza e la scarsa domanda di credito.

In Ungheria, Lettonia, Romania e Croazia, la contrazione del credito sta rallentando, mentre in Romania e Croazia la congiuntura è ancora sfavorevole. Fanno eccezione Turchia e Russia, dove la crescita del credito è più sostenuta e la presenza di proprietà straniera nelle banche è minore. Occorre tuttavia fare un distinguo: in Turchia l’aumento dei nuovi crediti sta accelerando, mentre in Russia sta rallentando a causa di vincoli finanziari e normativi. Il miglioramento dell’attività manifatturiera e del credito si accompagna a una decelerazione del consolidamento fiscale. Nella maggior parte dei Paesi il saldo di bilancio non è preoccupante. Anzi, alcuni dei maggiori progressi su scala globale sono avvenuti proprio nei nuovi Stati membri dell’UE. Repubblica Ceca, Ungheria e Romania, ad esempio, sono riuscite a portare il saldo di bilancio strutturale entro il 3% del PIL. Molti Paesi stanno diminuendo l’impegno verso il
consolidamento per sostenere l’attività economica. Ma in alcune economie, come Croazia, Slovenia, Serbia e Ucraina, è necessario un ulteriore consolidamento, a causa della più debole performance fiscale e del rischio di mancare gli obiettivi di deficit.

Fortunatamente, l’attuale congiuntura inflazionistica consente ad alcuni Paesi di allentare la loro politica monetaria. Le pressioni inflazionistiche, infatti, si sono attenuate grazie al calo delle quotazioni petrolifere e dei prezzi regolamentati. Una minore inflazione sui generi alimentari e le previsioni di buoni raccolti contribuiscono a rendere il quadro dell’inflazione meno problematico. Molti Paesi hanno già avviato importanti misure di consolidamento fiscale e pertanto i provvedimenti sul fronte delle tasse costituiscono rischi minori di un aumento dell’inflazione nel prossimo futuro. Tuttavia, come avviene per altri settori economici, la regione è caratterizzata da forti differenze anche per quanto riguarda la capacità delle banche centrali di mantenere l’inflazione in linea con il target. Mentre Repubblica Ceca e Polonia restano al di sotto della soglia fissata, Turchia e Russia devono ancora affrontare un’inflazione che rimane sopra il target.

I finanziamenti esterni come rischio per la ripresa economica

Uno dei rischi principali per la ripresa è rappresentato da un deterioramento delle condizioni per i finanziamenti esterni. L’aumento dell’avversione al rischio sui mercati globali riduce gli afflussi di capitali esteri verso i Paesi CEE. Dato che, nel contempo, i deflussi da questa regione restano elevati, aumenta il rischio che i Paesi CEE debbano ripagare il proprio debito a un costo maggiore. Le situazioni a livello nazionale sono ancora una volta molto variegate. Polonia e Turchia hanno registrato ampi flussi in entrata nei portafogli. Anche Croazia e Lituania possono contare sull’afflusso di capitali stranieri.

L’accumulo di riserve in valuta estera non ha tenuto il ritmo con gli afflussi di capitali nei portafogli. La maggior parte delle banche centrali non ha adottato una politica di accumulo delle riserve per restare al passo con i flussi in entrata nei portafogli. Nonostante il miglioramento dell’attività nella regione e l’allentamento delle pressioni inflazionistiche sulle banche centrali, i rischi per la stabilità finanziaria sono un tema all’ordine del giorno per ciascun Paese e ciò data l’eterogeneità di situazioni nella regione, darà corso a
misure e politiche monetarie diverse. Nei Paesi che hanno già fatto progressi in termini di adeguamento al target inflazionistico e tutela della stabilità finanziaria, come Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, la politica monetaria sarà più accomodante.

“I segnali di ripresa che stiamo registrando nella regione sono messi a rischio da condizioni meno favorevoli sul fronte dei finanziamenti esterni e diventa quindi ancora più importante garantirsi dei margini di sicurezza”, ha osservato Gillian Edgeworth. Molti Paesi hanno scarse riserve in valuta estera e sviluppi negativi sia sul fronte interno che estero possono ripercuotersi sul sistema finanziario. I Paesi CEE devono trovare i giusti ancoraggi per poter dare stabilità al proprio contesto finanziario. Un sostegno potrebbe arrivare dai programmi del FMI. Un altro dalla prospettata Unione Bancaria all’interno dell’UE, che ha il potenziale per aumentare la credibilità dei sistemi finanziari.

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