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“Un socialista all’Eliseo”: Hollande 30 anni dopo Mitterrand, l’analisi di Angelica Attolico

Si è interrotta la maledizione che dalla fine della Presidenza Mitterand (1981-1995) ha tenuto i socialisti lontani dall’Eliseo. La vittoria del candidato per il partito socialista (PS), François Hollande, rappresenta un momento storico per il principale partito di centro-sinistra francese, non solo perché segna il suo ritorno alla presidenza dopo ben 17 anni di assenza, ma perché per la seconda volta nella storia della V Repubblica francese (prima solo Mitterand) sarà un socialista a occupare di nuovo la poltrona più importante di Francia. Non dello stesso avviso invece le principali cancellerie europee, a partire dalla Germania.

Superando di circa tre punti percentuali il suo principale rivale, Hollande ha vinto il ballottaggio del 6 maggio con il 51,62% delle preferenze contro il 48,38% del candidato per l’Unione per un Movimento Popolare (UMP) nonché Presidente uscente, Nicolas Sarkozy. E’ stata tuttavia una vittoria non del tutto scontata, dato che all’indomani del primo turno nessuno dei due principali candidati aveva conquistato la maggioranza assoluta dei voti, con uno scarto percentuale peraltro minimo fra i due (28,63% di Hollande contro il 27,18% totalizzato da Sarkozy).

Rimanevano infatti aperti degli interrogativi, primo fra tutti la difficile prevedibilità delle preferenze di voto al secondo turno dell’elettorato del partito della leader dell’estrema destra Le Pen (che al primo turno aveva conquistato un preoccupante 17,9%), nonché degli elettori del partito del centrista Bayrou (9,13% al primo turno). A differenza di questi due, il leader del Fronte della sinistra Mélenchon (11,1% al primo turno) aveva già all’indomani del primo turno confermato il suo sostegno esplicito all’elezione di Hollande. Al contrario, Marine Le Pen e Bayrou hanno reso note le loro intenzioni di voto solo all’ultimo, la prima dichiarando che avrebbe votato scheda bianca, il secondo che avrebbe conferito il proprio voto a Hollande.

Questo divario temporale ha permesso a Sarkozy di sperare quasi fino all’ultimo in una sua possibile rimonta sul rivale socialista, mettendo in atto un “corteggiamento” dell’elettorato di estrema destra che lo ha portato ad assumere toni sempre più nazional-populisti. Tuttavia, mancando il sostegno della sua principale leader, a poco è servito tutto ciò (si ritiene infatti probabile che il voto dell’estrema destra si sia diviso fra astensionismo e un marginale sostegno al Presidente uscente). A conti fatti, lo scarto percentuale fra i due principali contendenti è stato inferiore a quanto atteso.

L’Europa in attesa

La vittoria di Hollande è stata accolta dall’elettorato francese di centro-sinistra come un evento di portata storica. Non dello stesso avviso invece le principali cancellerie europee, che hanno sì salutato positivamente la sua elezione, ma d’altra parte non nascondono il loro timore, con particolare riguardo alla Germania, che il differente approccio di Hollande alla gestione della crisi del debito della zona Euro possa determinare nuovi attriti in ambito europeo.

D’altra parte, una simile preoccupazione è condivisa anche dalla stessa Gran Bretagna di Cameron, con cui la Presidenza Sarkozy aveva peraltro instaurato un’ottima collaborazione in materia di difesa e politica estera e che, con la presidenza Hollande, dati i tagli alla difesa annunciati, potrebbe allentarsi.

 
Le proposte di Hollande

D’altronde la campagna elettorale di Hollande è stata incentrata su di una serie di proposte (aumento delle tasse sulla ricchezza e incremento della spesa pari a circa € 20 miliardi; la creazione di circa 60.000 nuovi posti di lavoro – con particolare attenzione alle esigenze dei più giovani; una revisione parziale della riforma delle pensioni introdotta da Sarkozy) abbastanza lontane dall’ortodossia dell’austerity promossa finora dall’asse franco-tedesco “Merkozy”.

Hollande ha inoltre chiesto di rinegoziare il nuovo Trattato di disciplina fiscale (il cosiddetto “Fiscal Compact”) firmato da 25 Stati membri dell’Ue a marzo e di cui la Merkel è stata “co-architetta” insieme a Sarkozy.

La sua prima visita all’estero avrà infatti luogo in Germania e sarà importante per capire come si evolverà la cooperazione franco-tedesca in materia. La Merkel si è detta pronta ad accogliere “a braccia aperte” il nuovo Capo di Stato francese. Tuttavia, ha ribadito la sua fermezza nel non voler procedere a una revisione del patto fiscale. Ciò che invece potrebbe essere accolto in forma supplementare è un protocollo aggiuntivo, una sorta di “patto per la crescita” che accontenterebbe le richieste di Hollande di accompagnare il necessario rigore fiscale con misure atte a promuovere la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro. Del resto, il neo- Presidente non ha mancato di sottolineare nei suoi ultimi interventi l’importanza di riportare il bilancio pubblico francese in pareggio, obiettivo che si prefigge di perseguire entro il 2017, mediante per l’appunto un aumento della tassazione a discapito dei ricchi e delle grandi società e tagli alla spesa pubblica per generare un risparmio di circa €100 miliardi.

I prossimi esami

Tra le altre sfide che attendono il nuovo Presidente, si menzionano inoltre: le prossime elezioni politiche per rinnovare i membri dell’Assemblea nazionale previste per giugno, per cui fondamentale sarà ottenere una maggioranza di centro-sinistra al fine di poter poi procedere senza difficoltà alla realizzazione del proprio programma politico; i prossimi vertici del G8 e della Nato, dove Hollande annuncerà il ritiro anticipato delle truppe francesi dall’Afghanistan entro la fine dell’anno, con un anno di anticipo rispetto a quanto concordato e dunque non senza possibili tensioni con gli alleati.

Pertanto, finiti i festeggiamenti, il primo mese della Presidenza Hollande sarà tutt’altro che semplice. Fondamentale a riguardo sarà dunque il raggiungimento di un compromesso con la Cancelliera Merkel, non solo a garanzia del proseguimento della cooperazione franco-tedesca che si è rivelata finora fondamentale per la sopravvivenza dell’Eurozona, ma anche per conquistare la fiducia dei mercati (che esigeranno prima o poi anche una spiegazione più dettagliata del programma di riduzione del deficit, con particolare riguardo al piano di tagli alla spesa pubblica).

La vittoria di Hollande sta generando nuove riflessioni nelle arene del dibattito pubblico europeo sulla necessità di una svolta, o almeno di una revisione e/o aggiustamento della politica finora adottata per combattere la crisi del debito nella zona Euro. Del resto, sulla scia dei consensi ottenuti nelle recenti tornate elettorali dai partiti appartenenti alle frange estreme dello schieramento politico, o addirittura anti-establishment (si pensi al partito di Marine Le Pen, o ai risultati delle elezioni greche, o delle elezioni locali in Germania e in Italia) la questione acquisisce ancora più valenza politica. L’Europa “viva” delle persone è sull’orlo del collasso e una soluzione che accompagni la politica di necessario rigore fiscale è dunque quanto mai urgente.

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