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San Giuseppe Festa del Papà: in Italia è tutto un dolce. La ricetta originale della Raviola di Trebbo

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Nonostante sia il padre putativo di Gesù il povero San Giuseppe ha dovuto aspettare ben 1000 anni prima che la chiesa cattolica gli dedicasse una festa.  Furono infatti i monaci benedettini nel 1003 a celebrarlo il giorno 19 marzo. Poi arrivarono i Servi di Maria nel 1324 e i Francescani nel 1399. La festa venne infine promossa dagli interventi dei papi Sisto IV e Pio V, ed estesa a tutta la Chiesa nel 1621 da Gregorio XV

E nel martirologio apparve il tanto atteso riconoscimento ufficiale della «Solennità di San Giuseppe, sposo della beata Vergine Maria: uomo giusto, nato dalla stirpe di Davide, fece da padre al Figlio di Dio Gesù Cristo, che volle essere chiamato figlio di Giuseppe ed essergli sottomesso come un figlio al padre. La Chiesa con speciale onore lo venera come patrono, posto dal Signore a custodia della sua famiglia». Con ciò stesso celebrando nella stessa occasione il santo e il padre. Ma per San Giuseppe, celebrato oramai in tutto il mondo, i dispiaceri non erano ancora finiti perché lo Stato Italiano il 5 marzo del 1977 decise di abolire il giorno festivo per quella data assieme ad altre festività.

Ma gli onori di San Giuseppe restano tutti:  in quanto archetipo del padre, nella tradizione popolare protegge anche gli orfani, le giovani nubili e i più sfortunati. Per queste sue caratteristiche in alcune zone della Sicilia, il 19 marzo è tradizione invitare i poveri a pranzo. In altre aree la festa coincide con la festa di fine inverno: come riti propiziatori, si brucia l’incolto sui campi da lavorare e sulle piazze si accendono falò da superare con un balzo.

La dolcezza e la mitezza della figura di San Giuseppe trovano riscontro nei numerosi dolci che la diffusa devozione popolare gli tributa un po’ ovunque per la sua ricorrenza. Secondo la tradizione, dopo la fuga in Egitto, con Maria e Gesù, san Giuseppe dovette vendere frittelle per poter mantenere la famiglia in terra straniera. Da qui deriva il fatto che molti dei dolci dedicati al santo siano fritti anche se poi arricchiti di grandi sapori.  A Roma Il più famoso, che porta il suo nome, è il Bignè di San Giuseppe, tradizionalmente fritto e ripieno di crema (da qualche anno si prepara anche al forno per stomaci più delicati) ma  ci sono anche varianti regionali per lo più a base di creme e/o marmellate, con pasta choux.

A Napoli prende il nome di zeppola di San Giuseppe. Sono realizzate con pasta choux e possono essere fritte o al forno; al di sopra viene posta di norma crema pasticcera e marmellata di amarene.

In Toscana e in Umbria è diffuso come dolce tipico la frittella di riso, preparata con riso cotto nel latte e aromatizzato con spezie e liquori e poi fritta.

In Molise, in particolare nel comune di Riccia, il dolce tipico è il calzone di San Giuseppe (in dialetto molisano “cavezone”), dolce fritto, composto da una pasta sfoglia e un ripieno vellutato composto da ceci, miele e/o zucchero ed essenza di cannella o di vaniglia o di cedro.

In alcune regioni del centro Italia (soprattutto Toscana, Umbria e Lazio) sono inoltre diffusi dei dolcetti, sempre fritti, a base di riso cotto nel latte a cui si aggiungono a piacere vin santo, uva passa o canditi e che vengono chiamati frittelle.

In Sicilia a Palermo sono famose  le sfince di San Giuseppe gustose e morbide frittelle di origine palermitana, coperte di una delicata crema di ricotta e gocce di cioccolato, pistacchi tritati, ciliegie e scorze d’arancia candite; mentre tipici della tradizione catanese e diffusi in tutta l’isola, sono i dolci fritti a forma di tocchetti o bastoncini a base di riso, aromatizzati con buccia d’arancia e miele, noti come zeppole di riso o crispelle di riso.

Particolarmente tipico e diverso dagli altri il dolce preparato in Emilia-Romagna: la Raviola, un piccolo involucro di pasta frolla o pasta di ciambella richiuso sopra una cucchiaiata di mostarda, di marmellata o di crema, cotto al forno (ma esiste anche la versione fritta).  Il sapore asprigno del ripieno di mostrarda si combina perfettamente con la dolcezza dell’impasto, dando origine a un pasticcino rustico, genuino e molto gustoso, che si conserva anche per tre settimane Nelle campagne era tradizione dei contadini tenere sul davanzale della finestra un piatto di raviole per offrirle a chi passava Un atto di generosità sociale un po’ come il caffè pagato a Napoli. A Fiesso, una frazione di Castenaso, si appendevano addirittura alle siepi di biancospino in modo che i passanti se ne servissero liberamente. La festa di san Giuseppe e le raviole sono così connesse che un detto popolare recita: “Per San Giuseppe mangia le raviole, per Pasqua uova sode e agnello”.

A Trebbo di Reno, in provincia di Bologna, c’è un vero culto per la Raviola. Ogni anno nella terza domenica del mese di marzo, c’è l’usanza, bicentenaria, di celebrare una “Festa della raviola” che prevede sia riti religiosi, sia altre manifestazioni che richiamano al paese parenti, visitatori e turisti. Quest’anno le date dell’evento sono 17, 18 e 19 marzo. Durante la festa, oltre a manifestazioni sportive, mercati gastronomici, spettacoli ed eventi popolari  viene organizzata anche una gara della Raviola, dove chi vuole, porta una Raviola che verrà assaggiata da una giuria che ne decreterà la Regina (o Re) della Raviola.

La ricetta originale della Raviola bolognese con mostarda.

Ingredienti

Per la pastafrolla:

500 g di farina

200 g di zucchero

200 g di burro

scorza di 1 limone grattugiato

10 g di lievito chimico per dolci

2 uova

1 pizzico di sale

Per la mostarda:

300 g fra mele cotogne, mandorle, prugne secche, cannella, un cucchiaio di semi di senape, scorza di arancia e succo di limone lasciare riposare una notte poi cuocere a fuoco basso per quattro ore  in un tegame capiente in acciaio con fondo spesso assieme allo zucchero e alla senape e mezzo litro di acqua. Attendere che il tutto si addensi.

zucchero semolato da spolverizzare. In, mettere

poco latte per spennellare la superficie

Preparazione

Preparare la pasta frolla con la farina, lo zucchero, la buccia di limone grattugiato, lievito, sale e burro;

Aggiungere le uova e continuare a mischiare il tutto per bene; stendere la pasta aiutandosi con la farina; fare delle formine tonde con la pasta frolla; stendere la marmellata su ogni formina e chiudere a modo di raviolo. Spennellare le raviole con il latte;

Cuocere per un quarto d’ora a 180°C;

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