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Rifiuti, CDP: puntare sui termovalorizzatori. Uno studio fa il punto sulle disparità Nord-CentroSud e sugli impianti da costruire

La gestione dei rifiuti non può essere considerata una variante della transizione ecologica ed energetica. La suddivisione tra Nord e Centro Sud nell’approccio e nell’impiantistica sullo smaltimento va superata in tempi ragionevoli. Soprattutto quando si devono investire risorse pubbliche. Entro il 2035 il fabbisogno di impianti per i rifiuti urbani in Italia è di 5,2 milioni di tonnellate. Più di 2 milioni sono per la frazione organica e 2,8 milioni per la frazione non riciclabile. Proprio considerando le due tipologie di rifiuti, la suddivisione Nord-Centro Sud risulta più evidente. Campania, Lazio e Sicilia, da anni ormai in affanno su come gestire le attività, si scontrano con la prima tipologia. Veneto e Lazio con la seconda. Sono queste, in sintesi, le considerazioni di un gruppo di analisti di Cassa Depositi e Prestiti finite nello studio ” Rifiuti e divari territoriali: quali prospettive per l’Italia ”.

Per il settore rifiuti 2 miliardi nel PNRR

Sulla disparità territoriale (guarda caso nel giorno in cui il governo approva il disegno di legge sull’autonomia differenziata) pesano ritardi e sottovalutazioni che costano care agli italiani. Sul bilancio dello Stato pesano milioni di euro da pagare all’Europa per una serie di infrazioni. L’Italia viene multata periodicamente per non rispettare le normative comunitarie e per non aver mai chiuso definitivamente le discariche. Il punto di maggiore interesse che viene fuori dallo studio di CDP sta nella necessità di colmare il divario territoriale sugli impianti. L’occasione dei 2 miliardi di fondi previsti nel PNRR deve consentire un salto di qualità capace di attrarre anche risorse private. Dove ? “Su progetti di comprovata fattibilità e rimasti esclusi dall’assegnazione dei fondi PNRR per esaurimento del plafond” rispondono gli analisti. E’ una strada (non l’unica) per andare verso una gestione moderna ed efficace del ciclo rifiuti. Le leve principali sono la termovalorizzazione, concepita come tecnologia di transizione e la digitalizzazione dei processi industriali. Insieme, l’una e l’altra, potranno condurre ad un cambiamento culturale trasversale. In questa ottica è singolare che nel Lazio- Regione critica, tra pochi giorni al voto- e nella Capitale d’Italia si litighi sull’opportunità o meno di costruire un termovalorizzatore da 600 milioni di euro. E nella polemica c’è ancora chi non distingue un’ inceneritore da un termovalorizzatore.

Passare ad in modello di produzione circolare

Il riciclo negli ultimi anni è cresciuto con buoni risultati per i rifiuti speciali. Per quelli urbani, invece si scontano maggiori difficoltà di gestione, con un tasso di riciclo che sfiora il 50%. Eppure entro il 2035 si dovrebbe arrivare al 65%. Tra le cause strutturali ci sono il mancato completamento della governance locale, la debolezza nella raccolta differenziata e la dotazione di impianti, negata in passato anche da un Ministro dell’Ambiente. Nelle Regioni del Centro Sud il 19 % dei rifiuti urbani finisce in discarica o in gravose esportazioni in Regioni non limitrofe. Ecco che gli “extra-costi associati all’esportazione di rifiuti fuori Regione gravano per il 90% sulle Regioni del Centro-Sud”. Per abbattere queste discrepanze l’analisi di CDP indica quattro fronti : attrarre investimenti privati sulle infrastrutture da costruire; puntare sui termovalorizzatori come tecnologia per passare da un modello di produzione lineare a quello circolare; promuovere soluzioni digitali legate che assicurino la tracciabilità dei rifiuti; costruire politiche che incentivino maggiore coscienza, a partire dalla Pubblica Amministrazione. L’obiettivo finale è di diffondere modelli comportamentali che tengano conto della limitatezza delle risorse e che non prevedano né lo scarto, né “l’usa e getta”. Dai rifiuti si può ricavare energia a basso costo a vantaggio di cittadini e imprese. La partita è tutta aperta.

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Categories: Economia e Imprese