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Portogallo come la Grecia, sì ma non troppo

Settimana da record per il Portogallo su cui si scatena l’ultima ondata di speculazione. I titolo di stato a 10 anni hanno raggiunto un rendimento del 14,7% facendo volare il differenziale con i corrispettivi bund tedeschi al 1.290 punti base: il livello più alto dall’entrata nell’euro. E questa mattina non si respira aria migliore: lo spread ha toccato i 1.356 pb e i rendimenti dei Bônus decennali il 15,41%. Ulteriore segnale della debole fiducia nei confronti dello Stato lusitano sono i valori dei credit default swaps a 5 anni – titoli derivati che funzionano da assicurazione in caso di mancato pagamento da parte dell’emittente. I cds hanno raggiunto i 1.396 punti, quando gli stessi derivati per la Germania valgono 87, per la Francia 171 e per l’Italia 422. 

Non solo il sistema finanziario ma anche l’economia reale riflette la difficile situazione portoghese. Con un debito pubblico che supera il 90%, si prevede una contrazione dell’economia del 3% nel 2012. Quello che il governo lusitano teme di più però è il deficit pubblico, che per legge non può superare il 4,5%, ma lo stesso premier Pedro Passos Coelho ha dichiarato a fine dicembre che supererà il 5% se non saranno introdotte misure aggiuntive.

Risulta evidente dunque il motivo per cui questa mattina un pool di economisti della Reuters ha dichiarato che esiste un 70% di possibilità che il Portogallo chieda nuovi aiuti internazionali. Il nuovo governo di centro-destra ha già ottenuto 78 miliardi da Ue e Fmi, poco dopo il downgrade del rating sul debito sovrano (che Standard & Poor’s ha declassato nuovamente poche settimane fa a junk), in cambio di riforme e obiettivi da rispettare nei prossimi tre anni. Nonostante Passos Coelho abbia garantito stamane che “non chiederemo più denaro, né più tempo”, i 78 miliardi potrebbero non essere sufficienti, o almeno non fino al 2014. 

Secondo molti esperti nel 2013 Lisbona dovrà comunque sicuramente tornare sul mercato per ottenere i 9 miliardi di euro che scadono a settembre del prossimo anno. E come per Atene, l’Fmi potrebbe forzarli a un nuovo salvataggio se dovesse ritenere che il Paese non è ancora pronto per affrontare i mercati. 

Così sui giornali sono iniziate le profezie, che rischiano di alimentarsi da sole e trascinare il Paese in un vortice negativo. Sarà Lisbona la nuova Atene? Ma la crisi che sta colpendo l’Europa, e anche la nostra Italia, è in gran parte dovuta alla mancanza di fiducia, che considerazioni di questo tipo non fanno che peggiorare.

E, se la grave situazione sui mercati è sicuramente un punto che li accomuna, in molti hanno sottolineato le differenze tra i due Paesi. In primo luogo i numeri economici che non possono essere paragonati, perché in valore assoluto i problemi ellenici pesano molto di più sul bilancio europeo. Inoltre la situazione politica. I portoghesi hanno sempre dimostrato maggiore fiducia nei confronti dei proprio parlamento e hanno accettato periodi di austerità, come quello tra il 2004 e il 2007, con spirito di sacrificio e buona volontà. Se Atene scende in piazza, Lisbona si rimbocca le maniche. E potrebbe essere questo l’elemento in grado di fare la differenza.

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