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Ponte sullo Stretto, via libera dal Cipess: cosa prevede il progetto da 13,5 miliardi

Stretto di Messina S.p.A.

Il Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) ha approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina. Una mossa attesa da mesi, che ha fatto esplodere l’entusiasmo del governo e dei promotori dell’opera. Per il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è una “giornata storica”. Per i tecnici, sarà una sfida da record: 3,3 chilometri di campata unica, la più lunga al mondo.

Il progetto del Ponte sullo Stretto rientrerà tra le spese militari strategiche previste dal nuovo target Nato, il che potrebbe consentire di finanziarlo in parte con fondi della Difesa. Una scorciatoia utile per allentare i vincoli di bilancio, evitando le regole stringenti dell’Unione Europea. Un’opera civile che rischia di finire contabilizzata come spesa militare.

L’approvazione del Cipess include anche la dichiarazione di pubblica utilità, avvio degli espropri, e apertura dei cantieri prevista tra settembre e ottobre 2025. Ma non è ancora fatta. Manca l’ultimo passaggio, quello davanti alla Corte dei Conti. Solo dopo la registrazione formale si potrà davvero parlare di inizio lavori. Fino ad allora, il ponte resta un’ipotesi sospesa.

Numeri da record, costi da Stato

Il costo complessivo del progetto supera i 13,5 miliardi di euro, finanziati interamente con fondi pubblici, senza alcun apporto privato. Un’anomalia per un’opera che dovrebbe generare valore economico nel lungo periodo. Il Piano economico-finanziario, approvato dal Mit, stima un ritorno positivo netto per 1,8 miliardi, basato su minori tempi di trasporto, efficienza logistica, e aumento del turismo. Ma sono previsioni che poggiano su assunzioni ottimistiche, difficili da verificare a oggi.

Il ponte stesso rappresenta solo una parte dell’opera con altri 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari, per lo più in galleria, che collegheranno la struttura alle arterie principali di Sicilia e Calabria. Un investimento colossale, in un territorio dove molte altre priorità infrastrutturali, dall’Alta Velocità ferroviaria alla rete idrica, restano in stand-by.

Ponte sullo Stretto: lavori in tre fasi, fine prevista nel 2032

Il cronoprogramma ufficiale divide i lavori del Ponte sullo Stretto in tre fasi distinte, con un orizzonte temporale che punta al completamento tra il 2032 e il 2033:

  • Fase 1 (da maggio 2026): realizzazione dei collegamenti stradali e ferroviari;
  • Fase 2 (da settembre 2026): scavo delle gallerie, costruzione degli svincoli e di tre nuove stazioni ferroviarie;
  • Fase 3 (da marzo 2027): costruzione dell’opera principale, ovvero torri, impalcato sospeso, ancoraggi e sistema di sospensione.

Ma l’ambizione ingegneristica si scontra con una lunga eredità di ritardi e fallimenti: il progetto, nato sulla carta negli anni ’70, è sopravvissuto a decine di cambi di governo, revisioni progettuali e stop giudiziari. E il tempo, ancora una volta, non gioca a favore della credibilità.

Secondo le stime governative, il ponte sarà un volano per l’economia del Sud e dell’intero Paese. Salvini e Meloni parlano di “opera strategica” per il Mezzogiorno e l’Italia intera. Il Ponte, sostengono, “connetterà il Paese”, creerà fino a 120mila unità lavorative l’anno, favorirà la mobilità, ridurrà le emissioni, e addirittura ospiterà una “metropolitana dello Stretto” con tre fermate sul versante messinese.

Il sottosegretario Alessandro Morelli azzarda cifre ancora più ambiziose: 23 miliardi di contributo al PIL, 10 miliardi di entrate fiscali, riduzione delle emissioni e incremento del turismo. Ma per ora restano numeri sulla carta. L’unica certezza è che lo Stato spenderà 13,5 miliardi di euro, in gran parte già stanziati, indipendentemente dai risultati.

Con la dichiarazione di pubblica utilità, parte anche la fase espropriativa. Le notifiche verranno inviate via Pec o raccomandata, e le indennità saranno negoziate secondo procedura bonaria. Ma non mancano tensioni. Salvini ha promesso indennizzi “superiori a quelli dell’Alta Velocità”, ma il fronte dei contrari resta ampio, soprattutto nelle comunità locali che temono un impatto devastante.

Nel frattempo, le opere preliminari partiranno subito: bonifica di ordigni bellici, sistemazione dei sottoservizi, predisposizione dei cantieri. Una macchina complessa, che rischia di congestionare l’area prima ancora che si vedano i primi piloni.

Sul fronte della legalità, Salvini assicura un presidio continuo: !Siamo schierati h24 contro le infiltrazioni mafiose!, ha dichiarato. Sono previsti protocolli di legalità sul modello Expo e Olimpiadi. Ma in una regione storicamente permeabile alla criminalità organizzata, resta da vedere se i controlli saranno realmente efficaci. Il rischio che una parte dell’enorme flusso di denaro finisca in mani sbagliate è tutt’altro che remoto.

Le critiche: “Un colossale spreco”

Dura la reazione dell’opposizione. Per il Pd, il progetto è “un monumento all’inutilità”, una propaganda travestita da opera strategica. Il M5S denuncia il paradosso di finanziare il ponte mentre mancano oltre 17 miliardi per completare l’Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria. Angelo Bonelli (Avs) è ancora più netto: “14,6 miliardi di euro di denaro pubblico, senza un solo euro di investimenti privati. Nemmeno Berlusconi aveva osato tanto”.

Anche dal territorio arrivano segnali d’allarme. La sindaca di Villa San Giovanni, Giusy Caminiti, ha denunciato il rischio “di sopravvivenza della città”, destinata a essere spaccata in due dai cantieri, senza che siano state fatte le opportune valutazioni di impatto sociale e ambientale.

Per i promotori, il Ponte sullo Stretto è simbolo di modernità, di connessione, di rinascita del Sud. Per altri è una grande cattedrale nel mare, che distrarrà risorse da priorità più urgenti, lasciando dietro di sé cemento, debiti e illusioni. L’opera ha resistito a governi, crisi politiche e battaglie legali. Ma la sua realizzazione è ancora tutta da scrivere. E la domanda resta: davvero l’Italia ha bisogno di questo ponte?

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