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Ponte sullo Stretto: un passo avanti e due indietro

Il ponte sullo Stretto di Messina è utile e sarebbe bene farlo. Tuttavia rispetto al progetto già studiato per oltre vent’anni dalla società per lo Stretto che prevedeva una unica campata di oltre tre kilometri, sarebbe bene studiare un nuovo progetto a tre campate, cioè con piloni piantati a grande profondità in mare. Insomma con questa proposta si rischia di ricominciare daccapo, di spendere altri soldi nella progettazione e alla fine di rinviare la costruzione dell’opera a chissà quando, forse mai.

E’ stata consegnata nei giorni scorsi al Parlamento la relazione finale della Commissione tecnica voluta dall’ex ministro dei lavori pubblici Paola De Micheli e fatta propria dall’attuale ministro Enrico Giovannini che non ha voluto prendere alcuna decisione in proposito e si è limitato a trasferire tutto al Parlamento in modo da continuare un dibattito avviato quarant’anni fa e che senza l’assunzione di un impegno politico preciso e coraggioso da parte del Governo, sembra destinato a non finire mai.

E comunque si tratta di una relazione ampia e con molti aspetti di grande interesse. In primo luogo viene messo in chiaro che il ponte serve. Che sarebbe un bene per l’economia della Sicilia e in genere per tutto il Sud d’Italia . Da non trascurare anche l’aspetto simbolico di una grande opera che, come avvenuto in altri luoghi nel mondo, appare destinata a cambiare la percezione globale non solo sulla Sicilia ma sul nostro intero paese che verrebbe accettato nel club dei paesi tecnologicamente avanzati. Si tratta infatti, di un’opera pubblica destinata a far capire al mondo intero che l’Italia , dopo trent’anni di ripiegamento su se stessa, ha deciso di affrontare la modernità, di giocare ad armi pari con tutti i paesi più evoluti.

Anche il fatto di aver concepito una campata unica di oltre 3 Km che sarebbe la più lunga del mondo, lungi dal fatto di rappresentare un rischio, come dicono gli estensori della relazione tecnica, potrebbe essere un nostro punto di forza, per mostrare al mondo l’eccellenza della nostra ingegneria e delle nostre capacità di migliorare le tecnologie dei materiali e le tecniche di costruzione.  Positivo è che  viene di fatto del tutto accantonata l’improvvida idea lanciata dall’ex premier Conte di fare un tunnel. Si tratta infatti di una ipotesi già esaminata anni fà e scartata non solo per il rischio sismico ma anche per altre difficoltà di costruzione, come ad esempio il superamento delle pendenze tra le due sponde ( calabrese e siciliana ) che richiederebbe una galleria lunghissima.

Le critiche avanzate dalla commissione al ponte a campata unica, del resto, non sembrano di grande spessore. Si tratta della lontananza (circa 3 Km) dalle due città  di Messina e Reggio che non sembra un grande svantaggio, anzi potrebbe non essere negativo allontanare il traffico di transito dalle città. In secondo luogo si critica l’impatto visivo degli alti piloni costruiti sulla terra ferma da cui partono i cavi d’acciaio che sorreggono il ponte. Anche a San Francisco il Golden Gate ha un forte impatto visivo, ma è anche il simbolo della città californiana !

Quello che suscita maggiore preoccupazione è l’idea di ricominciare la progettazione di un nuovo tipo di ponte con tutto quello che ne consegue come ad esempio la posa di piloni a mare in un punto ad elevato rischio sismico. Per questa nuova idea progettuale si chiede infatti un nuovo stanziamento di 50 milioni, mentre non si fissano  l’iter procedurale e soprattutto i tempi entro cui si dovrà prendere una decisione definitiva.

In sostanza questa sembra una manovra volta a rinviare ancora e per chissà quanto tempo, una decisione su un’opera giudicata dalla stessa commissione di esperti utile ed anzi opportuna, sia pure con un aggiornamento degli studi sull’impatto economico nei territori più interessati all’opera.

Quanto al finanziamento infine, la commissione propende per un intervento finanziario interamente a carico dello Stato dato che i privati avrebbero bisogno di mettere tariffe molto alte per poter rientrare dai loro investimenti. Viste la grandi disponibilità di denaro pubblico oggi esistente anche grazie ai fondi europei, il problema della partecipazione dei privati non sembra tanto di carattere finanziario quanto di efficienza, nel senso di avere un soggetto interessato ad esaminare con scrupolo i costi per evitare sprechi e una lievitazione incontrollata delle spese.

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    • Grazie , ho visto il filmato ma non sono riuscito ad aprire l’articolo. In ogni caso non ho competenze tecniche per esprimere una opinione su questa questione. Apriremo un dibattito sul nostro giornale e , se vuole, potrà esprimere la propria opinione. Cordialità. Ernesto Auci