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Monti gioca la carta delle privatizzazioni per tagliare il debito e dare un segnale forte ai mercati

Mario Monti non poteva scegliere tempi, modi e sedi migliori per annunciare l’intenzione del suo Governo di battere un colpo e di rilanciare la strategia delle privatizzazioni. Forse il vero significato del vertice a sorpresa di lunedì sera a Palazzo Chigi con ABC (Alfano, Bersani e Casini) era proprio questo: anticipare il colpo d’ala che il Governo ha in mente per segnare una svolta. Ieri Monti ha scelto Berlino, davanti al falco Schauble, per avvertire che il suo Governo vuole volare alto e mettere in campo un fondo a cui conferire tutte le partecipazioni pubbliche, mobiliari e immobiliari, da collocare sul mercato. Qual è il senso dell’operazione e perché riprendere oggi la via delle privatizzazioni proprio in un momento in cui le Borse sono talmente depresse da sconsigliare le dismissioni di beni pubblici? Il senso dell’operazione è triplice, le modalità sono innovative e sono pensate proprio per scongiurare le svendite di beni pubblici.

Il senso è quello di dare finalmente un colpo al debito pubblico, che è sempre il terzo debito pubblico più grande del mondo e che supera ormai il 120% del Pil, ma anche di dare un segnale forte ai mercati che l’Italia si muove sulla strada delle riforme e del cambiamento e, infine – ma non da ultimo – di cominciare a rimuovere gli ostacoli e il groviglio di interessi particolari e corporativi che impediscono la crescita riducendo la mostruosità di una presenza pubblica abnorme che spesso alimenta il cortocircuito tra politica e affari.

Anche le modalità delle privatizzazioni di Monti sono innovative. Giustamente il premier ha sempre ricordato che vendere beni pubblici oggi – in presenza di corsi azionari così depressi – rischia di portare alla svendita. Sacrosanto, ma questo non vuol dire stare fermi. E’ da anni che autorevoli economisti consigliano di raccogliere tutte le partecipazioni pubbliche in un fondo che, nei tempi e nei modi più convenienti, provveda a collocare quote sul mercato in maniera da ottimizzare le vendite. Se l’operazione Monti decollerà, questa sarà finalmente la volta in cui non solo si venderanno nel modo più conveniente quote di beni pubblici mobiliari nazionali – pensiamo alle Poste Italiane oppure alle Ferrovie dello Stato – ma anche, e soprattutto, i beni dell’immenso patrimonio demaniale scavalcando tutti quei lacci e lacciuoli che fino ad ora hanno impedito spesso di vendere perfino una caserma in disuso.

Ma c’è un altro aspetto della mossa di Monti che è molto importante e che rappresenta la frontiera più avanzata della strategia del cambiamento e della discontinuità sulla quale nessuno ha mai osato realmente avventurarsi. Ed è quella della cessione – nei tempi e nei modi giusti – delle partecipazioni mobiliari locali e comunali. Il vasto sciocchezzaio della Lega, che ha sempre nascosto interessi corporativi e localistici all’ombra di un mal congegnato federalismo, aveva finora impedito di muoversi lungo questa strada, presidiata da un blocco conservatore trasversale che si ergeva e si erge a difesa delle ex municipalizzate senza guardare all’interesse generale.

Le utilities locali del gas, dell’acqua, dell’elettricità, dei rifiuti sono dei tesoretti e dei monopoli locali che i Comuni, affamati di soldi, e la politica, affamata di potere, hanno spesso usato a loro piacere e arbitrio senza pensare al vero interesse dei cittadini. Non si capisce (o, se si vuole, si comprende fin troppo bene) perché i Comuni controllino con maggioranze bulgare le loro ex municipalizzate anche quando sono quotate in Borsa. Lo spettacolo di questi giorni dello scontro sull’Acea di Roma sarebbe comico se non fosse tragico.

La verità è una sola ed è quella che uno studioso del valore del professor Sabino Cassese svelò anni fa parlando dei fatti e dei misfatti del cosiddetto socialismo municipale, rappresentato principalmente dalla aziende locali o comunali di servizi. E’ vero che le ex municipalizzate forniscono spesso lauti dividendi ai Comuni, ma ciò che interessa ai ras locali è il dividendo politico assai più di quello economico. Controllare pienamente una azienda comunale di servizi vuol dire decidere nomine, occupare poltrone, garantire commesse e appalti, inventare posti fasulli e fare delle ex municipalizzate della grandi greppie al servizio della politica deteriore e contro e all’insaputa dei cittadini.

Monti prova ora a smontare questo pezzo di socialismo reale che frena lo sviluppo e alimenta la corruzione. Per questo bisogna tifare per lui e bisogna sperare che i cittadini onesti e i mercati comprendano la portata rivoluzionaria dell’operazione senza lasciarsi incantare dalle false sirene che sicuramente troveranno e inventeranno mille cavilli per boicottarla o ridimensionarla o anche dagli azzeccagarbugli che fissano sempre il dito senza scorgere la luna. Talvolta però il sistema sa vendicarsi delle piccinerie degli uomini e dei miopi interessi di parrocchia. E spariamo che stavolta sia proprio così.

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