E’ una lunga storia quella che si dipana nel tempo ed ha per protagonista la Lokanda Devetak 1870 di San Michele del Carso. Inizia nel 1870 come dice l’insegna sotto il tetto di paglia di una capanna. È una storia che si svolge per più di centocinquanta anni sempre là, in uno stesso perimetro di qualche centinaio di metri, nella stessa famiglia, in mezzo all’Europa, in un paese sloveno all’incrocio tra le terre dei popoli slavi, latini e tedeschi che dopo tante vicissitudini arriva all’Italia. Lo scenario è un paesaggio povero, tra i meno fertili d’Europa, di pietre, grotte, roccia madre nuda e qualche manciata di alberi salvati dalle necessità di tagliarli per scaldarsi, per costruire, per ricavarne magri pascoli, per qualche soldo dal commercio. Qui i fiumi, i torrenti e i laghi scorrono solo nel sottosuolo. L’acqua viene raccolta in cisterne, stagni o, a quasi un’ora di cammino, dal fiume che fa da confine nord ovest al Carso, l’Isonzo. In questo piccolo paese di poche case, abitava un ciabattino che sposò la figlia del proprietario della piccola cava del Vallone. Mentre lui aggiustava gli scarponi degli operai che transitavano per andare a costruire la ferrovia di Rubbia, la moglie nell’attesa li rifocillava. Con cosa? In quei tempi di massima povertà, c’era poco. L’orto dava sedano, patate, fagioli. Nasce il minestrone con l’aggiunta dell’osso del prosciutto. È una storia di fiducia nella vita, negli antenati e nei discendenti, nel buon senso, nell’ospitalità, in una certa praticità e intraprendenza. Un mondo che sembrava cristallizzato nel tempo. Ancora nelle domeniche e nei sabati della prima metà degli anni ’70, quando un cliente entra nell’osteria Devetak, deve fendere l’aria di un ambiente chiuso, dove il fumo toglie respiro. Helka, una signora di quarant’anni, dà il benvenuto con un sorriso e con «Dober dan, buon giorno», per poi proseguire tra la cucina, il banco e i clienti, avanti e indietro. Ai tavoli, si levano chiacchiere, mormorii e urla in sloveno e in italiano, nelle parlate del Carso, della bisiaccaria, di Gorizia e di Trieste. C’è gente che fuma. Il vapore del sedano e del prosciutto si leva dalla Šelinka, la minestra della tradizione famigliare e carsolina distribuita sui tavoli in grandi pignatte. La gente si serve da sola coi mestoli dalle pignatte.
Poi all’inizio degli anni ’80, un giovanissimo Uštili prende in mano il locale. I Devetak iniziano a mettere sui tavoli botti di birra a caduta da 5 litri e la musica di un juke box di legno che tiene il ritmo dei tempi. Servono patatine fritte e panini caldi. Li servono con qualsiasi ingrediente possibile. È un grande successo. Vengono i giovani da tutto il circondario, come non se n’erano mai visti. Alcune sere chiudono alle 3 di mattina. Lavorano anche durante la settimana e sempre di più. Si divertono. Ma, presto, Uštili e la famiglia Devetak rimpiangono lo spirito della vecchia osteria, che si sta smarrendo. E’ la voce del loro DNA che si fa prepotentemente sentire. Decidono di tornare indietro. Nel 1987, i Devetak, investono di nuovo per ristrutturare il locale: via gli arredi in fòrmica, via i neon, via le vecchie posate e i vecchi piatti. Vogliono che la confezione dell’osteria fatta di pietra, tavole, sedie, tovaglie, servizi sia attraente tanto quella di un ristorante, conservando un cuore di ospitalità famigliare e ricette locali. E la loro audacia viene premiata. Un giorno d’autunno del 1990, arriva il postino sul Carso. Consegna un libro da Torino per la famiglia Devetak: è la Guida “Osterie d’Italia” 1991, Arcigola Slow Food Editore. È la prima di molte volte in cui l’osteria registrata dallo šušter nel 1870 apparirà su una guida nazionale. Scrive la Guida di Slow Food: «Oggi Agostino cura con la sorella Nerina il servizio in sala e tiene aggiornata la carta dei vini, specchio di una cantina con buona scelta di etichette di vini delle Doc regionali ed italiane. Ma tutti, in famiglia, dedicano le loro energie alla conduzione della trattoria: papà Renato e Claudio – il cognato – seguono l’orto e la lavorazione e stagionatura degli insaccati. In cucina vige il matriarcato: la mamma Michela, con trentacinque anni di lavoro ai fornelli, e la moglie di Agostino, Gabriella, l’unica italiana entrata nella famiglia di cultura slovena, che con entusiasmo e voglia d’imparare si impegna a perfezionare i piatti della tradizione carsica e slovena e a sperimentare qualche novità culinaria». Arrivano a seguire tutte le altre più importanti guide gastronomiche italiane. La Guida dei ristoranti de L’Espresso invita i suoi lettori ad andare a provare assolutamente il “baccalà della nonna Zuta”. E, finalmente, il riconoscimento ambito della Guida Michelin: “Un locale inossidabile che ha da poco festeggiato i 150 anni di vita con la medesima gestione familiare (le quattro figlie rappresentano la sesta generazione!) e che continua a riservare un’accoglienza calorosa e professionale. Immutata è anche la passione per i prodotti, i piatti e la storia di questa magnifica terra di confine”.
La grande intuizione della famiglia Devetak rimasta orgogliosamente fedele alla propria identità è risultata vincente riuscendo a mantenere un dialogo vivo con la storia e l’ambiente che la circonda, proponendo i sapori che testimoniano l’unicità della cultura di un luogo e l’esperienza di un’ospitalità unica, espressione del vivo legame con il Carso.
La ricetta della ŠELINKA
Antica ricetta di famiglia – minestrone a base di sedano (in sloveno šelin – da qui il nome), patate, fagioli e osso di prosciutto, che viene cotto sullo spargher (fuoco a legna) a fuoco lento per 6-8 ore.
Numero porzioni 10
Tempo di preparazione e cottura 6h 45 min, più l’ammollo dei fagioli
Ingredienti:
1 kg patate
150 gr fagioli borlotti secchi
250 gr foglie di sedano
2 peperoncini piccanti
1/2 osso di prosciutto
1 crosta di formaggio grana padano
acqua q.b.
sale q.b.
Preparazione
Copri d’acqua i fagioli e lasciali in ammollo per almeno 8 ore.
Taglia l’osso a pezzi e, per eliminare il “forte” del prosciutto, mettili a cuocere in acqua per circa mezz’ora dalla bollitura. Intanto sbuccia le patate e falle a cubetti. Pulisci e taglia grossolanamente le foglie di sedano.
In una grande pentola disponi gli ingredienti in quest’ordine: sul fondo le patate, poi il sedano, quindi i fagioli e infine il resto, con gli ossi del prosciutto scolato dall’acqua. Copri il tutto con acqua. Metti su un fuoco basso (meglio se su forno a legna) e cuoci per 6 ore, senza mescolare mai. A fine cottura regola di sale e schiaccia grossolanamente quello che resta delle patate. Servi con pezzetti di polenta bianca.
LOKANDA DEVETAK 1870
di Avguštin Devetak sas
San Michele del Carso – Vrh sv. Mihaela (Brežiči, 22)
34070 Savogna d’Isonzo – Sovodnje ob Soči (GO)
0481 882488 – 0481 882005 – fax 0481 882964 – 3319846067