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Italicum, alla Camera ricomincia il gran ballo

La nuova legge elettorale, approvata nell’aprile del 2015 in un clima molto polemico, è diventata – dopo il varo della legge di riforma costituzionale che sta per essere sottoposta a referendum – un punto nevralgico del dibattito politico. La decisione, presa prima dell’ estate dai capigruppo di Montecitorio, di mettere all’ordine del giorno dell’aula la discussione su una mozione presentata a giugno che ha per argomento “iniziative in materia di riforma della legge elettorale” promette ora di rendere ancora più agitate le acque della ripresa post feriale.

Il documento, che ha come primo firmatario Arturo Scotto di Sel ed è stato sottoscritto anche dagli esponenti di Sinistra italiana (fuoriusciti dal Pd), è molto duro: bolla la nuova disciplina come una riedizione peggiorata del defunto Porcellum , ne denuncia “gli evidenti profili di incostituzionalità” e propone di “esaminare e deliberare in tempi rapidissimi” una radicale riforma del provvedimento varato appena 15 mesi fa.

La motivazione formalmente avanzata dai proponenti è che il Parlamento dovrebbe giocare d’anticipo rispetto a quella pronuncia di illegittimità da parte della Corte costituzionale che essi considerano del tutto probabile. Come si ricorderà, infatti , per effetto di ricorsi avanzati in parecchi Tribunali della Repubblica e in base a una ordinanza del Tribunale di Messina è stata chiamata in causa la Consulta che, in materia, terrà una udienza pubblica fissata, allo stato, per il prossimo 4 ottobre.

Ma è così certo che il destino dell’Italicum sia quello di un neonato strozzato in culla? È del tutto sicuro che si tratti di una norma completamente censurabile? E, soprattutto, quali sono le alternative che potrebbero concretamente prendere corpo in una condizione come quella attuale?

Molti esponenti politici ed osservatori sostengono che dovrebbe essere il presidente del Consiglio (e segretario del maggiore partito) ad assumersi la responsabilità di una iniziativa. Ma Matteo Renzi replica -lo ha detto anche ieri al Corriere della Sera – che considera l’Italicum “un’ottima legge elettorale”.

Sembra piuttosto bizzarro perciò attendersi che, dopo essersi tanto speso per farla approvare, sia proprio lui a voler fare la prima mossa per demolirla. Tuttavia – opportunamente sensibile a voci autorevoli come quella di Giorgio Napolitano – il capo del Governo aggiunge anche di non voler “fare le barricate” e non si oppone a una ricognizione aggiornata delle posizioni politiche presenti sul tema in Parlamento e a eventuali interventi modificativi basati, peraltro, su intese accettabili.

Sullo sfondo due “paletti” segnano però la sua posizione : il primo , scontato, è che spetti ai gruppi di opposizione scoprire le proprie carte; il secondo, più sotto traccia, è legato alla speranza che il verdetto della Consulta risulti in definitiva, pur se correttivo, non demolitorio della nuova normativa elettorale.

In attesa della Corte , perciò, è molto probabile che la discussione che comincia oggi alla Camera si riduca ad assomigliare a un rigodon, l’antico danza savoiarda cara allo scrittore Céline: un ballo con tante varianti ma con un unico esito. Dopo salti complicati e impetuose giravolte chi vi ha preso parte si ritrova, alla fine, nella stessa posizione di partenza.

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Categories: Politica