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Il Patto di stabilità e le imperdonabili sbandate del Pd, che rinnega Gentiloni, e della Lega, che sconfessa Giorgetti

Imagoeconomica

Dopo l’approvazione di ieri a larga maggioranza del Parlamento europeo, il nuovo Patto di stabilità entrerà in vigore da metà anno con regole più realistiche e più flessibili in materia di debito pubblico e di deficit. Si può sempre fare meglio, certamente, ma il nuovo Patto è un buon compromesso. Sul piano politico però l’Italia rimedia una pessima figura, malgrado il padre del nuovo Patto di stabilità sia stato l’eurocommissario di estrazione Pd Paolo Gentiloni e malgrado il ministro leghista dell’Economia, Giancarlo Giorgetti abbia onestamente fatto la sua parte. Sono stati solo quattro i parlamentari italiani che hanno votato a favore del nuovo Patto, mentre tutte le nostre forze politiche si sono indecorosamente astenute, tranne i Cinque Stelle che hanno votato contro. Ma quello che più colpisce – oltre naturalmente all’atteggiamento del partito della premier Meloni che inizialmente aveva approvato il nuovo Patto e che ieri si è sottratta- sono state le astensioni del Pd e della Lega che hanno platealmente rinnegato l’operato di Gentiloni per un verso e di Giorgetti per un altro. Che la Lega facesse fatica ad approvare il nuovo Patto e a smarcarsi dalla linea astensionista di tutta la maggioranza di Governo si può capire, anche se la sconfessione puramente elettoralistica di Giorgetti altro non è che una pagliacciata. Ma la sbandata peggiore è quella del Pd di Elly Schlein. Una volta il Pd (e prima il Pci) era un partito di lotta e di governo, un partito popolare e nazionale: oggi è solo il partito della confusione. Una confusione che non solo lo porta a rinnegare l’opera di Gentiloni, apprezzata da tutte le principali famiglie politiche europee, ma a prendere le distanze anche dal gruppo dei Socialisti, di cui lo stesso Pd fa parte. A questo punto non si capisce più quale sia la vera identità del Pd che, per un pugno di voti, è pronto a svendere la sua originaria anima riformista, sempre più offuscata dalle pulsioni massimaliste e dalla infausta rincorsa ai Cinque Stelle. Chissà che cosa avrebbe detto un grande europeista come l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri è stato giustamente ricordato in un interessante convegno a Palermo. Ma, soprattutto, chissà cosa diranno a giugno gli elettori che ogni giorno di più faticano a capire che cosa sia oggi il Pd.

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Categories: Politica