Un tempo simbolo della supremazia tecnologica americana, Intel archivia definitivamente i suoi ambiziosi piani di espansione industriale nel Vecchio Continente. Le “mega-fabbriche” previste in Germania e Polonia, progetti da miliardi di dollari e migliaia di posti di lavoro, vengono cancellate senza appello. Dopo la sospensione annunciata nel 2024, ora la decisione è diventata irreversibile.
Il colpo più duro lo subisce Berlino. Il governo tedesco aveva promesso 10 miliardi di euro in sussidi pubblici per il sito di Magdeburgo, considerato una delle punte di diamante della strategia europea per l’autonomia tecnologica. Ma il sogno si è infranto contro i numeri e le priorità di mercato. “I progetti di politica industriale su larga scala non sono una buona idea”, ha commentato il professor Friedrich Heinemann del centro di ricerca economica ZEW, certificando il fallimento di uno dei simboli della cosiddetta “sovranità digitale” europea.
Ma non è solo una ritirata geografica, la crisi ha anche un volto umano. In arrivo anche licenziamenti di massa.
Licenziamenti senza precedenti: via un quarto dei dipendenti
Intel, infatti, si prepara a tagliare una fetta enorme del proprio organico. L’azienda prevede di chiudere il 2025 con circa 75.000 dipendenti, rispetto ai quasi 100.000 dell’anno precedente. Un taglio del 25% dell’organico, pari a circa 25 mila posti di lavoro, in parte già avviato nei mesi scorsi.
“Stiamo prendendo decisioni difficili ma necessarie per semplificare la nostra struttura, migliorare l’efficienza e rafforzare la responsabilità a ogni livello”, ha scritto in un memo interno il nuovo ceo Lip-Bu Tan, insediato a marzo dopo la rimozione di Pat Gelsinger.
Il piano include licenziamenti diretti, uscite volontarie e blocchi del turnover, con particolare impatto nei Paesi dove i progetti industriali non hanno raggiunto le aspettative: oltre a Germania e Polonia, anche il sito in Costa Rica verrà ridimensionato, con le operazioni spostate in Vietnam e Malaysia.
Perdite record, ma i ricavi sorprendono Wall Street
I conti del secondo trimestre 2025 mostrano l’estensione della crisi. Intel ha registrato una perdita netta di 2,9 miliardi di dollari, pari a 0,67 dollari per azione. Una flessione dell’81% rispetto all’anno precedente, in gran parte dovuta ai costi straordinari della ristrutturazione (1,8 miliardi).
Eppure, c’è una luce nel tunnel. I ricavi trimestrali, infatti, si sono mantenuti a 12,9 miliardi di dollari, sopra le attese degli analisti (11,9 miliardi). Anche le previsioni per il terzo trimestre indicano una possibile stabilizzazione, con un fatturato stimato tra 12,6 e 13,6 miliardi.
Intel: scommessa sull’IA per restare in partita
Al centro della nuova Intel c’è una parola chiave: intelligenza artificiale. L’azienda vuole tornare protagonista nel settore dei chip avanzati, dopo aver perso terreno sia sul fronte della progettazione (dominata da Nvidia) che su quello della produzione (controllato da Tsmc).
Intel punta tutto sulla nuova tecnologia produttiva 18A, attesa al debutto in volumi nel corso del 2025. Ma il futuro nodo 14A, ancora più avanzato, verrà sviluppato solo in presenza di un “cliente esterno significativo”. “Negli ultimi anni abbiamo investito troppo, troppo presto, senza un’adeguata richiesta. Ora dobbiamo correggere il corso“, ha dichiarato Tan. Il nuovo ceo si è anche assunto la responsabilità diretta dell’approvazione dei nuovi design prima dell’avvio della produzione, segno di un cambio di mentalità e governance.
Tan ha inoltre inviato un messaggio chiaro ai mercati: stop ai progetti privi di ritorni tangibili. “Investirò solo quando sarò certo che quei ritorni esistano”, ha ribadito agli analisti. Il principio vale anche per Intel Foundry, la divisione manifatturiera nata per sfidare Tsmc, ma finora incapace di produrre risultati sostenibili.
Il nuovo piano prevede un taglio delle spese operative a 17 miliardi per il 2025 e a 16 miliardi entro il 2026, con l’obiettivo di aumentare la redditività e creare valore azionario a lungo termine. La priorità è ottimizzare l’esistente, rallentando, e in alcuni casi cancellando, nuovi progetti industriali.
Intel oggi: David tra due Golia
Il contesto competitivo attualmente è spietato. Intel vale in Borsa circa 98,7 miliardi di dollari, un valore che impallidisce davanti ai 4.240 miliardi di Nvidia e alla supremazia produttiva di Tsmc. Le azioni del gruppo, pur in ripresa del 13% da inizio anno, restano in calo di quasi il 30% su base annua.
Intel non è più la regina dei chip, ma cerca un nuovo ruolo nell’ecosistema globale dei semiconduttori. La scommessa sull’intelligenza artificiale, la semplificazione della struttura interna e la concentrazione sugli asset strategici sono le carte che Lip-Bu Tan intende giocare. Il tempo dirà se basteranno per riportare l’azienda al centro della rivoluzione tecnologica in corso.