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Il pomodoro del Piennolo, l’oro del Vesuvio

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Gustare un piatto condito con un pomodoro fragrante, fresco d’inverno, non importato da paesi lontani dopo aver subito pesanti lavorazioni chimiche che ne alterano il sapore, la genuinità, e che possono rappresentare un danno per la nostra salute? Si può. Non c’è bisogno di una bacchetta magica, la soluzione l’abbiamo a portata di mano. Si chiama Pomodoro del Piennolo, uno straordinario prodotto coltivato in Campania, esclusivamente sulle falde del Vesuvio, su terreni per secoli devastati dalle eruzioni vulcaniche.

Incredibilmente quella stessa lava che ha provocato in passato morti e devastazioni oggi consente, con il suo prezioso contenuto di sostanze minerali, il fiorire di una agricoltura di nicchia che ha regalato alle popolazioni che vi abitano quello che oggi viene definito “L’oro rosso del Vesuvio” ovvero tanto benessere.

Partiamo dal nome, Piennolo: sta, in napoletano, per appeso. E sì, perché da tempo immemorabile i contadini che coltivavano questo succulento frutto che costituiva il veloce spuntino di mezza mattina nei campi schiattato sul pane, con un filo d’olio e basilico, usavano appenderlo a grappoli legati con uno spago al soffitto delle rimesse, delle cantine, dei casolari, delle cucine per poterlo consumare per tutto l’inverno. Ma il miracolo come avviene? Lo compie la terra lavica che copre una precisa zona delle falde del Vesuvio, quella compresa fra i comuni di San Sebastiano al Vesuvio, Ercolano, Massa di Somma (che rappresentano il territorio classico e di elezione per la coltivazione e raccolta del Pomodorino del Piennolo), altri comuni vocati come Ottaviano, Pollena Trocchia, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Terzigno, Boscoreale, Boscotrecase, e Trecase. Cioè quelle aree che da tempo immemorabile sono state sommerse da lava e lapilli (l’ultima eruzione che distrusse nuovamente Massa e San Sebastiano, cosparse di ceneri Ottaviano e tutto il Meridione, risale al marzo del 1944, in piena guerra,  documentata dai cinegiornali dell’esercito angloamericano che all’epoca occupava Napoli) che sono ricche di sostanze minerali come magnesio, fosforo, potassio. Oltre ovviamente al sole e al microclima della zona.

Altra caratteristica della coltivazione è che questa pianta non ha bisogno di acqua, tranne i primi quindici giorni che seguono al trapianto delle piantine, per cui le sostanze che la fortificano vengono assorbite direttamente dal terreno e non necessita di essere irrigata, la qual cosa è fondamentale per eliminare i rischi di marcescenza, una delle fisiopatie più diffuse che si possono riscontrare su questa coltivazione.

Grazie all’insieme di tutti questi fattori il Piennolo del Vesuvio DOP, chiamato a Napoli anche Spongillo o più dialettalmente Spunzillo, per la sua caratteristica forma leggermente allungata che termina a punta, presenta una elevata consistenza della buccia, quasi croccante al morso, una polpa soda e compatta dal sapore particolarmente dolce con una nota finale acidula che lo rende fresco, il peduncolo dell’attaccatura particolarmente resistente, un’alta concentrazione di zuccheri, acidi e altri solidi solubili che lo rendono un prodotto a lunga conservazione per cui nessuna delle sue qualità organolettiche subisce alterazioni per l’arco di tempo dei 7/8 mesi in cui può essere consumato dopo il raccolto.

Aggiungiamo che il Pomodoro del piennolo è ricco di Vitamina A e C, cui vengono riconosciute proprietà anti-cancerogene, che la presenza di sali minerali come Calcio, Fosforo e Potassio, esercita concreti benefici sulla funzionalità del cuore e dei muscoli, e che la forte concentrazione di licopene, consente un’azione antiossidante, che, stimola la produzione di enzimi che favoriscono l’attività anti-cancerogena dei radicali liberi…

Il suo uso: fondamentale per conferire un gusto unico agli spaghetti alle vongole o ai frutti di mare ( non più di quattro o cinque schiacciati e lasciati appena appassire in padella tanto da costituire una cremina particolarmente gustosa e profumata) , il pesce con sughetto di Piennolo, freschi sughi di carne preparati all’istante, panzanelle e la pizza napoletana. E come sempre accade in questi casi i primi a comprendere la bontà di questo prodotto, al di fuori dalla sua terra elettiva,sono stati i più importanti chef e pizzaioli giourmet.
Abbiamo detto che questo tipo di pomodoro derivante dalle cultivar tradizionali note come Fiaschella, Lampadina, Patanara, Principe Borghese e Re Umberto è conosciuto da tempo. E difatti già il botanico Achille Bruni, nel 1858, nel suo “Degli ortaggi e loro coltivazione presso la città di Napoli”, descriveva pomodori a ciliegia, molto saporiti, che “si mantengono ottimi fino in primavera, purché legati in serti e sospesi alle soffitte”. Ma prima ancora ne troviamo testimonianza anche negli antichi presepi napoletani.

L’arrivo della DOP con provvedimento ministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 2010 ha regolamentato – e difeso – la sua produzione con un Disciplinare che detta precisi ambiti per la sua coltivazione.


Il suggerimento di First&Food

Azienda Agricola Gioli’ di Angelo Di Giacomo
Via Palmiro Togliatti 37
80046 San Giorgio a Cremano Napoli
Telefono 0817714144 Cell: 3386356591
e-mail info@agricolagioli.it

 

Da cinque generazioni la famiglia di Angelo Di Giacomo detto Gioli, titolare dell’Azienda Agricola Gioli in località San Sebastiano, è dedita alla coltivazione del Pomodoro del Piennolo nella varietà rossa, il più noto, e gialla, più dolce di sapore. Una lavoro duro, si inizia alle 5,30 del mattino a controllare le piante a muovere il terreno poi lunghe ore seduti a intrecciare i pomodorini da appendere e ancora fino a sera tarda per i contatti con i clienti, ristoratori e aziende. Gioli a questa attività, così come tutti in famiglia, si è dedicato fin dall’età di sette anni, ma suo è il merito di aver capito che si poteva passare da una attività familiare a mettere su un azienda modello che ha ottenuto il bollino DOP. Il suo terreno è situato proprio sulla sciara dell’ultima eruzione del 1944. Ai lati del terreno dove ci sono le coltivazioni del suo pregiato pomodorino, potenti e ancora inquietanti blocchi di lava nera stanno li a ricordare quanto lavoro è occorso nel tempo per rendere produttive queste terre. Da tempo immemorabile le famiglie di contadini della zona custodiscono gelosamente i semi della propria produzione di pomodori che si tramandano di generazione. La famiglia di Gioli è riuscita a farsi riconoscere una propria varietà: “Giolì” che ha dato poi il nome all’azienda.

Gioli non vende solo i grappoli nelle tipiche confezioni appese all’interno di un packaging particolarmente raffinato, riempito di trucioli di paglia ed arieggiato, per consentire una lunga conservazione dei preziosi pomodorini. Da tempo i gustori piennoli rossi o gialli si possono però anche acquistare in barattoli di vetro lavorati come Passata, Passata con Pomodorino intero acqua, con il metodo “a pacchetella” ovvero spaccati a metà e conservati, arricchita dal contenuto del liquido fuoriuscito nel corso della lavorazione. Ciò non solo garantisce di consumare il piennolo in cucina con tutto il suo gusto ma anche asicura che i sapori non si alterino.

Ne ha vinte diverse di sfide Gioli, la prossima è la certificazione BIO dei suoi prodotti che con la trasformazione aziendale sono richiesti dal mercato bel oltre i confini della Campania.

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