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I premi Nobel Stiglitz e Sen respingono: “Critichiamo l’euro ma siamo fortemente europeisti”

“Ci affligge venire a conoscenza della strumentalizzazione delle nostre analisi sul funzionamento dell’euro che, apprendiamo, si sta delineando con proclami politici in Francia e altri paesi europei. Siamo fortemente a favore di un’Europa più unita, in definitiva attraverso una maggiore integrazione politica. L’unione valutaria dovrebbe proseguire con un’unione fiscale e bancaria, che auspichiamo verranno entrambe realizzate a tempo debito. Mentre crediamo che istituire l’unione valutaria senza l’integrazione bancaria e fiscale, e quindi politica, sia un errore da un punto di vista economico, rimaniamo fortemente europeisti desiderando molto più che una mera unione valutaria.”

Sono le parole, inequivocabili, che chiariscono una volta per tutte la posizione dei due premi nobel all’economia Joseph Stiglitz e Amartya Sen, annoverati spesso dalle forze populiste e anti euro all’interno di quel cerchio di sei premi nobel, tra cui anche Paul Krugman, che criticano la struttura dell’euro fornendo argomentazioni a chi vorrebbe tornare alle vecchie valute.

Il successo alle amministrative francesi della destra populista e la prevedibile galoppata dei partiti nazionalisti e antieuropei alle prossime elezioni devono aver spaventato i due firmatari della nota, sollecitata da una domanda dall’ex premier Mario Monti, che ha chiesto loro di precisare la propria posizione. In Italia non sono pochi coloro che strumentalizzano le critiche dei nobel per portare acqua al mulino della sovranità monetaria. A partire dal trio antieuro Borghi – Bagnai – Rinaldi. Il primo dei quali candidato con il Carroccio alle prossime Europee.

Il messaggio di Stiglitz e Sen ha un significato politico evidente: un conto è la critica alla “genesi” dell’euro, attraverso la quale si è voluta “forzare” la via ad una vera unione politica. Ben altro è professarne la morte, che è però viatico di successo per tanti che vogliono acquisire visibilità sui media e successo personale.

Purtroppo, i nobel hanno avuto poca sensibilità, in passato, nel mettere una postilla alle loro lucide analisi economiche: la crisi dell’euro è prima di tutto una crisi di credibilità politica, ancor prima che di fiducia finanziaria. Il messaggio di oggi è però fondamentale perché smaschera l’aridità di tanti dibattiti meramente tecnici che non tengono conto del peso della politica e dei rapporti internazionali nelle strategie adottate dal 2010 ad oggi per stabilizzare l’economia europea. Sarebbe apprezzabile che anche i quattro rimanenti Nobel spesso citati dalle forze euroscettiche si esprimessero inequivocabilmente.

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