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Finanza sostenibile: il futuro dell’Italia nelle rinnovabili

FIRSTonline

Se due Presidenti delle più grandi banche italiane discutono dei cambiamenti climatici planetari, mettendo sul tavolo la primaria necessità di trovare risorse per raggiungere gli obiettivi delle conferenze sul clima, vuol dire proprio che il traguardo è a rischio. I denari vanno trovati rapidamente, riaprendo tavoli e confronti a più livelli. Fabrizio Saccomanni, presidente di Unicredit e Francesco Profumo Presidente della Compagnia San Paolo sono andati all’IAI (Istituto di Affari Internazionali ) a discutere le trasformazioni politiche, economiche e sociali messe in atto dai cambiamenti climatici. Il think tank romano ha organizzato con l’Harvard Kennedy School un confronto su questioni tanto complesse, quanto sfidanti. Con loro anche Lapo Pistelli, Direttore delle Relazioni internazionali di Eni, con il compito di spiegare, sensibilizzare, gli attori di processi trasversali che riguardano la vita delle persone, le relazioni geopolitiche e, certamente non ultimo, il mercato mondiale dell’energia.

La finanza italiana ha accettato la sfida dei mutamenti climatici, ma c’è anche coscienza che le istituzioni finanziarie devono fare passi avanti veloci con strumenti e procedure adeguate. E’ un dato di fatto che le multinazionali per sostenere le trasformazioni dei processi produttivi hanno bisogno di soldi. I ritardi che qui e là si sono accumulati sono tutti riconducibili a questa essenziale matrice economica. L’Italia negli ultimi due anni ha sostenuto in parte le sfide innovative, lasciando il vero peso dell’innovazione alla competizione tra imprese. Il progetto Industria 4.0 di Carlo Calenda ha contribuito con sgravi ed agevolazioni. Non è chiaro cosa realmente farà il governo in carica che rispetto alle poche risorse pubbliche disponibili ha esposto molti buoni propositi. In tema energetico-ambientale è parecchio aumentata la consapevolezza di intervenire, dice Saccomanni. E’ positivo che il G20 del 2015 abbia istituito una task force specifica con il compito di definire una cornice di regole condivise. Ma siamo in cammino. Cosa sta davvero frenando? I cambiamenti di assetto politico della Ue, le guide politiche degli Stati, la Brexit, la carbon tax parzialmente fallita. Una serie di fattori, insomma, che secondo Francesco Profumo incidono sul bilancio e sulla tenuta dell’Unione. Verso la decarbonizzazione industriale la tassa sui combustibili fossili all’avvio doveva racimolare tra i 70 e i 100 miliardi annui. Un buon punto di partenza, annacquato secondo Profumo, una volta che la norma è finita nel documento finale della Commissione che ha fissato il prelievo a soli 10 miliardi.

L’accesso all’energia dovrà essere garantito per molti anni, comunque, e non serve battersi il petto solo per le rinnovabili. L’Ue recentemente ha rivisto i propri indirizzi sul clima, ma per Lapo Pistelli si è già consumato il 65% della quota di C02 che può essere immessa nell’atmosfera prima di abbattere la soglia di rischio dei 2°C. Non siamo messi affatto bene. Una critica fondata a questo punto scatta verso tutti coloro che dibattono esclusivamente di fonti rinnovabili. La transizione energetica è ancora lunga e nel suo cammino i combustibili fossili rimarranno una fetta molto grande della torta energetica mondiale. Il gas, gli investimenti nella raffinazione, le politiche Usa a trazione Trump, sono il paradigma entro il quale giocoforza si deve lavorare. E soprattutto capire che le energie tradizionali non sono sparite e non spariranno, almeno per i prossimi 30-50 anni. Le aziende di gas e petrolio stanno rendendo il business più sostenibile. L’Eni stesso (lo ha ricordato recentemente anche il Ceo Claudio Descalzi) sta cercando di portare a zero tutte le emissioni legate alla raffinazione del greggio. Attenzione che rischiamo il gioco dell’oca, l’Europa tutta può tornare al punto di partenza, ossia ai traguardi delle conferenze sul clima dell’Onu. Per non dover ripartire e non dare ragione a tutti su tutto, con un sistema energetico ideale, da apostoli dell’ambientalismo, ci vogliono risorse e convinzione diffusa. I governi devono dare una mano.

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