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Export: a pesare sul deficit UE-Russia è sempre l’energia

Come evidenziato dalle ultime rilevazioni pubblicate da Eurostat, il conto della bilancia dei pagamenti UE ha registrato un avanzo positivo per 21,8 miliardi di euro nel corso del primo trimestre 2013, contro un deficit di 7,7 mld dello stesso periodo dello scorso anno. Da un anno all’altro, i principali cambiamenti sono rappresentati dal commercio di beni, passato da un deficit di 32,8 mld a +0,8 mld, un timido rallentamento dell’interscambio di servizi (+29,8 mld contro +31,2 mld), così come nel conto interessi (+11,9 mld da +12,2), mentre ad aumentare è il disavanzo nei trasferimenti, passati da –18,3 mld a –20,7 mld.

In questo contesto, Eurostat ha reso noti gli aggiornamenti relativi all’interscambio di beni e servizi tra UE e Russia, in occasione del XXXI Summit tra i due partner commerciali in questione. Nel corso degli ultimi quattro anni, le esportazioni europee in Russia hanno registrato valori in continuo aumento, arrivando al picco di 123 mld nel 2012. Le importazioni, però, hanno seguito lo stesso corso, raggiungendo il record di 213 mld nel corso dello stesso anno, portando il deficit commerciale a salire da 52 mld nel 2009 a 90 mld sempre nel corso del 2012. E tutto ciò in virtù del sempre massiccio flusso di idrocarburi dal mercato russo (75% sul totale importato), solo parzialmente controbilanciato dall’export di beni e servizi UE, dominato da beni manufatti, che fanno della Russia il terzo principale partner commerciale dopo USA e Cina.

Dando uno sguardo ai singoli paesi europei, i principali partner esportatori sono rappresentati nell’ordine da Germania (31%), Italia (8%) e Francia (7%). Al tempo stesso, tra i maggiori importatori troviamo Germania (19%), Olanda (14%), Polonia (10%) e Italia (9%), laddove i disavanzi più pesanti interessano Olanda (-21,1 mld), Polonia (-13,8 mld) e Italia (-8,3 mld). Sottolineando, ancora una volta, quanto, senza un adeguato e tempestivo ripensamento, la variabile energetica sia un fattore fondamentale nel condizionare l’efficienza e la sostenibilità delle politiche commerciali a livello sia nazionale che comunitario, con le inevitabili ripercussioni che ciò potrà avere nell’equilibrio dello scacchiere politico ed economico in un futuro non troppo lontano.

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