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Ex Ilva, stangata sul lavoro dopo stop ad altoforno di Taranto: subito 1.000 in più in cassa integrazione, si superano i 4 mila

Imagoeconomica

È di 4.046 lavoratori totali la nuova richiesta di cassa integrazione straordinaria presentata oggi a Taranto ai sindacati metalmeccanici da Acciaierie d’Italia, ex Ilva, con effetto immediato. Rispetto alla cassa in corso, si sale di 1.000 dipendenti diretti. E questo a causa dell’incendio di mercoledì scorso all’altoforno 1 del siderurgico di Taranto, del sequestro dell’impianto senza facoltà d’uso disposto dalla Procura di Taranto e soprattutto, secondo l’azienda, del ritardo con cui la stessa Procura ha dato ad AdI il via libera ai lavori di messa in sicurezza e salvaguardia dello stesso altoforno. Ritardo segnalato da AdI
alla Procura e sottolineato anche dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso.

Ex Ilva: più di 4 mila in cassa integrazione

Il nuovo quadro di cassa presentato da Acciaierie, e in attuazione nelle prossime ore, prevede così ripartiti i 4.046 lavoratori sospesi temporaneamente: 3.538 a Taranto, 178 a Genova, 163 a Novi Ligure, 26 a Marghera, 10 a Legnaro, 36 a Milano (uffici), 15 a Paderno, 20 a Salerno e 15 nella società collegata Taranto Energia che gestisce le centrali elettriche del siderurgico. Attualmente l’accordo del 4 marzo scorso al ministero del Lavoro tra AdI e sindacati ha previsto nel gruppo un massimo di 3.062 cassintegrati a rotazione su poco meno di 10mila dipendenti, di cui 2.680 a Taranto su poco meno di 8mila addetti. Nella realtà, prima dell’incendio di mercoledì, la cassa viaggiava su questi numeri: 2.100-2.200 a Taranto, 150 a Genova e 100-110 a Novi Ligure. Fonti vicine al dossier segnalano intanto che “domani partirà verso il ministero del Lavoro l’istanza di esame congiunto di una cassa integrazione ancora più robusta”.

A illustrare le decisioni dell’azienda, nel corso di una riunione in videoconferenza, è stato il responsabile delle Risorse Umane Claudio Picucci. Per i sindacati nazionali erano presenti Valerio D’Alò della Fim Cisl, Loris Scarpa della Fiom Cgil, Guglielmo Gambardella della Uilm e Francesco Rizzo dell’Usb.

Ex Ilva, stop all’altoforno: vendita a rischio

L’Afo1 è stato sottoposto a sequestro probatorio senza facoltà d’uso nell’ambito dell’inchiesta condotta dal pm Francesco Ciardo che ha iscritto nel registro degli indagati il direttore generale Maurizio Saitta, il direttore dello stabilimento, Benedetto Valli, e il direttore dell’area altiforni, Arcangelo De Biasi. I reati ipotizzati sono omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose. A uno degli indagati è contestata anche la mancata comunicazione in base alla legge Seveso sull’incidente rilevante.
La procura ha poi dato il via libera ad alcune attività di manutenzione e messa in sicurezza ma secondo l’azienda “non sono state autorizzate nei tempi utili, rendendo ora non più applicabili le procedure standard di esecuzione”.

Stando a quanto evidenziato l’azienda, “nel momento in cui dovessero essere autorizzate, oggi, dopo oltre 120 ore dall’evento, non è più possibile procedere con il colaggio dei fusi, con la conseguenza che, in caso di riavvio, si dovranno adottare procedure straordinarie, complesse e con esiti assolutamente incerti“. E “questo blocco potrebbe aver compromesso la possibilità di rispettare il cronoprogramma industriale” Anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è intervenuto ieri osservando che “più che le trattative in corso l’incidente può compromettere la ripresa degli stabilimenti e l’occupazione. Verosimilmente l’impianto è del tutto compromesso”.

Ex Ilva: cosa ha detto Confindustria Taranto

“È venuto meno quello che tutti auspicavamo: dialogo, ascolto e fiducia. Il risultato è una situazione che si aggrava minuto per minuto e che rischia di deflagrare, con ripercussioni molto serie per la tenuta della fabbrica, del clima sociale e di un intero apparato industriale”. Così Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto, commenta la situazione venutasi a creare dopo l’incendio all’altoforno 1 dell’ex Ilva di mercoledì scorso, che ha portato al sequestro dell’impianto senza facoltà d’uso da parte della Procura di Taranto.

Toma si sofferma “sul mancato riscontro della stessa Procura alla richiesta dei commissari Adi di mettere in sicurezza l’afo1 con interventi urgenti. Un passaggio che avrebbe probabilmente evitato di compromettere la funzionalità e l’integrità degli impianti, fermo restando quanto disposto dalla magistratura, e cioè il sequestro dell’altoforno e il suo conseguente stop alla produzione”.
La preoccupazione di Confindustria Taranto “è, fra le altre, quella di tornare – viene sottolineato – ad innescare una bomba sociale, dovuta anche all’aumento della cassa integrazione già annunciata dall’azienda”.

Sullo sfondo, “non preoccupa di meno – fa presente Toma – la riuscita della trattativa in corso con Baku Steel. L’azienda si stava preparando affinché alla negoziazione con gli azeri si arrivasse con le migliori condizioni possibili e prova ne è l’incontro che si sarebbe dovuto tenere il 19 prossimo con tutti i soggetti industriali che a vario titolo avrebbero potuto investire nella filiera dell’acciaio. Quello che ci auguriamo è che, a fronte di una situazione non del tutto compromessa, si possa arrivare davvero alla condivisione di obiettivi comuni e fondamentali per il territorio e per il Paese: la tenuta della fabbrica e dell’intero sistema siderurgico e, solo in virtù di questi presupposti, l’avvio dei processi di decarbonizzazione”.

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