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Effetto Volkswagen per le banche venete

FIRSTonline

Non bastassero i tassi di interesse negativi e la deflazione a complicare il quadro del sistema bancario europeo ora gli avvenimenti che hanno portato il mercato borsistico italiano ad una doccia scozzese vedono nella mancata ammissione all’Ipo di Popolare Vicenza un incremento dell’avversione al rischio nei portafogli azionari ma soprattutto ad un ripensamento sulla partita in gioco, che deve fare i conti anche con il caso di Veneto Banca.

Che lo stop all’Ipo fosse inevitabile dopo la ritirata di Unicredit o che fosse ipotizzabile date le parole scolpite nel prospetto informativo ove è evidente che mancavano le certezze sul piano industriale al 2020 non basta a spiegare che l’effetto di ciò che è accaduto è per il Veneto e per il nostro Paese esattamente ciò che è successo per i tedeschi di fronte allo scandalo Volkswagen. Uno choc che colpisce quella parte produttiva  e super efficiente del Paese che è il fiore all’occhiello di un modello di rivincita delle vecchie logiche delle PMI di fronte alla sfida dell’internazionalizzazione e con le spalle forti nonostante la congiuntura debole e le sanzioni russe dell’anno scorso.

Lombardia e Nord-Est, il baluardo della ripresa italiana vedono sforzi e impegno degli imprenditori offuscati da questioni finanziarie che fino a pochi mesi ci eravamo illusi fossero confinate ad alcune banche locali vittime di uomini irresponsabili che son giustamente perseguiti ora per i fatti addebitati. In un recente rapporto SACE emerge chiaramente la forza di un riscatto di grande imprenditorialità e soprattutto morale con le vendite verso Paesi extra Ue aumentate del 5% e impegno in tutte le applicazioni dell’HighTech: Agritech, BioTech, sino al Fintech. Una vocazione internazionale delle imprese del territorio che merita rispetto, attenzione ed anche un riferimento bancario forte per mettere in moto le risorse e tradurle in un impeto sull’economia reale del Paese.

E come se non bastasse c’è chi nell’Unione Europea, i soliti noti bacchettati a Berlino all’Asian Development Bank Annual Meeting da Draghi, invece di impegnarsi sul rafforzamento dell’Unione Bancaria Europea e ad spendere per la crescita si diletta in sofismi sul peso e i limiti dei bond sovrani nei bilanci delle banche. E così facendo non guardano all’urgenza di frenare un effetto contagio dato dall’erosione dei margini bancari che i tassi negativi porteranno ormai a livello fisiologico, e quindi strutturale.

Nel Decreto del Governo italiano vi sono misure cruciali per ridimensionare le tempistiche su recupero crediti e procedure fallimentari disinnescando l’arma vincente delle società straniere che sguazzavano in tempistiche allucinanti approfittando della situazione e quindi quotando i NPL in maniera a dir poco opportunistica e furbetta.

La vera bolla del credito evidenziatasi nell’ultimo anno sta proprio in questo ammontare di NPL che si calcola possa valere oltre per le banche europee mille miliardi e che ha da un lato innescato una seconda ondata di deleveraging da parte delle banche come dopo Lehman e dall’altro fatto perdere l’occasione all’Ue di far fare il business alle Banche Centrali piuttosto che a società nate come i funghi all’arrembaggio dei pacchetti di debito “stressato”.

Inoltre nel Decreto si inseriscono misure di scivolo a 7 anni che però peseranno nuovamente sui bilanci che per banche come Carige, MPS e proprio Pop Vicenza son già minati da deflussi di capitali, altro fenomeno tipico di una crescente preoccupazione sul rischio di insolvenza bancario. Da qui il dubbio di un effetto contagio che possa colpire le banche che hanno aderito al Fondo Atlante ora impegnato nella ristrutturazione vicentina.

I dati ABI e Cerved ci rassicurano su un trend  finalmente virtuoso nella diminuzione nella creazione di nuovi NPL, che nel 2015 hanno cominciato a scendere, cosa che non accadeva dal 2011. Un segnale ottimo per una ripartenza o pessimo per un principio di cancrena. E così consolidamento delle BCC, ristrutturazione delle Popolari venete con il Fondo Atlante, attivo anche sul lato NPL, e decreto salvabanche per attrarre investitori esteri sulle good banks: son questi i capitoli aperti sui quali porre massima attenzione e recuperare o meno le perdite del primo trimestre. Abbiamo tardato ad agire sulle banche nelle precedenti ondate di una crisi finanziaria globale, dove ogni atto passava per emergenza e i tedeschi, tra gli altri, hanno profuso aiuti di Stato a pioggia, ora da buoni ultimi abbiamo spazi di manovra ridotti da rigidità normative e penuria di risorse purtroppo.

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