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Dalí e Clemmer, fotografia tra mitologia, scienza e magia

“Salvador Dalí, Jean Clemmer, un incontro, un’opera” in collaborazione con l’archivio Jean Clemmer è il titolo della mostra che promossa dalla Fondazione Sozzani che aprirà a Milano il prossimo 17 giugno.

Salvador Dalí conobbe il fotografo svizzero Jean Clemmer nel 1962 e per l’occasione, nella casa a Port Lligat dove Dalí viveva con la moglie e musa Gala, iniziano a creare insieme alcune fotografie di “mises en scène” e “tableaux vivants”. Qui, sará Clemmer su suggerimento di Dalí, a portare una ragazza (Ginestra) appena conosciuta, che diventa il soggetto di un primo servizio fotografico che la loro amicizia e collaborazione professionale.

Il tema che ispirò Dalí fu quello della “Levitazione” nel cercare di creare una scena onirica tra mitologia, scienza e magia. Sospende la giovane Ginesta capovolta e versa otto chili di ceci che rimbalzando sul suo corpo, simulando una reazione a catena, come un’esplosione nucleare. Dalí, travestito da Ermete Trismegisto, avvolge Ginestra con una tela recuperata dai paracaduti dell’aeronautica americana e le chiede di avvolgersi e contorcendosi in una sorta di danza.

Alcuni anni dopo, nel 1968 il Daily Telegraph chiede a Dalì di offrire una nuova interpretazione della moda spagnola. Egli sceglie come fotografo l’amico Jean Clemmer e a Cadaques progetta un set dove inscena un grande Cristo come il relitto di un barcone incagliato tra ossa, tronchi e pneumatici.

Con queste esperienze, Dalí chiede a Clemmer di rappresentarlo come un’apparizione. Nasce così il ciclo delle “Metamorphoses”, le metamorfosi di Jean Clemmer, dove l’artista nasce dal corpo femminile in scene con dipinti e sagome di nudi femminili.

Jean Clemmer che intuisce lo straordinario potenziale filmico delle performance, presenta Salvador Dalí al suo amico e regista Claude Joudioux. Nel 1964 Dalí e Joudioux girano presso gli Apec Studios di Parigi il film “Le Divin Dalí”, un cortometraggio, mentre Clemmer viene incaricato di scattare le foto di scena.

La scena centrale del film “Il cannibalismo dell’angelico” era costruita su diversi piani di vetro, ciascuno con un angelo, per simulare l’idea di ascensione. Gli angeli si divoravano a vicenda, rigurgitando in un ciclo continuo di rinnovamento. Mentre una giovane donna con una testa di vitello, simula il Minotauro e rigetta: “Il vomito, lo sai” secondo Dalí, “è ciò che più si avvicina all’amore”. Mentre il cannibalismo rappresentava per l’artista un’allegoria all’alchimia come trasmutazione e rinascita.

Purtroppo la pellicola viene distrutta in un incendio poco dopo. A testimoniare il lavoro di questo cortometraggio surrealista rimangono fortunatamente le fotografie che Clemmer scattò sul set.

Jean Clemmer nasce a Neuchâtel in Svizzera nel 1926. Frequenta l’Ecole des Beaux Arts Chaux-de-Fonds. Nel 1946 dopo la Guerra si stabilisce a Ginevra come scenografo del Grand Theatre. Si trasferisce a Parigi nel 1948, dove conosce e frequenta Cocteau, Ossip Zadkine, Louise de Vilmorin, Jacques Fath e Marcel Rochas. Realizza progetti per mobili, libri, disegni e dipinti, ma è affascinato dalla fotografia e nel 1962 apre il suo studio di fotografia.

 

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Categories: Arte