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Cambiamento climatico, Bankitalia: “Rischi soprattutto per agricoltura e turismo. Fino al 9,5% di Pil in meno”

FIRSTonline

Il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature avranno effetti negativi sull’economia italiana nel medio-lungo termine, in particolare su agricoltura e il turismo. È quanto emerge da un progetto di ricerca pubblicato dalla Banca d’Italia. In uno di questi studi, gli analisti sottolineano come un incremento di 1,5 gradi “potrebbe condurre ad avere nel 2100 un livello di Pil pro capite tra il 2,8 e il 9,5% inferiore rispetto allo scenario base con temperature stabili. “L’agricoltura è uno dei settori più esposti” ma saranno colpiti anche industria e turismo.

Ad oggi il 2022 è l’anno più caldo mai registrato dal 1800. L’aumento delle temperature è stato di quasi un grado centigrado più alto (0.96 °C) rispetto alla media calcolata nel trentennio 1990-2020. In Europa, invece, a tutto settembre, il 2022 è al terzo posto come anno più caldo dal 1800 mentre a livello mondiale scende al quinto posto. E le previsioni future non sono per niente rassicuranti. Se l’aumento di temperatura fosse di 2°C gli estremi di calore raggiungerebbero soglie di tolleranza critiche per lo svolgimento di alcune attività umane. Oltre al riscaldamento globale i cambiamenti climatici includono variazioni nei possibili valori dell’umidità, della forza dei venti, della frequenza e intensità delle precipitazioni, sia nelle aree costiere sia negli oceani. In alcune regioni vi saranno piogge più intense e inondazioni; in altre fenomeni di siccità. E questo avrà maggiori effetti su agricoltura e turismo.

Bankitalia: il peso del cambiamento climatico sull’agricoltura

Nello studio si legge che “l’agricoltura è uno dei settori più esposti al rialzo delle temperature e a eventi meteorologici estremi indotti dal cambiamento climatico. In uno dei lavori del progetto (Accetturo e Alpino, 2022) un’analisi econometrica su mais, grano duro e uva da vino rivela che nel caso italiano gli effetti negativi sulla resa di queste colture si manifestano quando la temperatura sale oltre i 29°C circa per i cereali e oltre i 32°C nel caso dei vitigni. L’agricoltura è inoltre esposta a eventi estremi come le grandinate, ma sono pochi gli agricoltori italiani assicurati contro questo tipo di rischio, nonostante la presenza di sussidi statali. Citino, Palma e Paradisi mostrano come tale sottoassicurazione sia attribuibile sia al fenomeno di selezione avversa – per cui ai prezzi osservati è conveniente assicurarsi solo per i produttori più a rischio – sia a cosiddette “frizioni” dal lato della domanda, cioè un insieme di fattori psicologici e culturali che inducono gli agricoltori a sottostimare il valore dei contratti assicurativi. Bottoni, Frigo e Granato (2022) mostrano che i fondi comunitari erogati nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC) hanno un effetto positivo sulla probabilità di assicurarsi e aumentano anche gli investimenti in protezione delle colture. 

Inoltre, a pagare lo scotto peggiore saranno le imprese localizzate in comuni colpiti da frane o alluvioni che registrano in media una probabilità di fallimento significativamente superiore rispetto alle aziende in comuni non colpiti. “Gli effetti sulla performance delle imprese che sopravvivono agli eventi climatici sono asimmetrici: le conseguenze negative si concentrano sulle imprese di più piccola dimensione; quelle più grandi evidenziano migliori capacità di adattamento”.

Calo turismo invernale: meno neve per il clima caldo

Il cambiamento climatico avrà importanti ripercussioni sull’industria turistica in Italia, soprattutto in quella montana che rischia di essere tra i comparti più esposti all’aumento delle temperature e alla riduzione della neve naturale. “I nostri risultati indicano che, in media, nel periodo considerato un metro in meno di neve nel corso della stagione è associato a una diminuzione dell’1,3 per cento di passaggi negli impianti, a parità di altre condizioni. Le proiezioni al 2100 prevedono che il calo della neve caduta in inverno sia tra il 30 e il 45%, a causa di minori frequenza e intensità delle nevicate”. “Secondo le nostre stime, una riduzione del 40% nella quantità di neve in una stagione implicherebbe in media una diminuzione del 7 per cento di passaggi negli impianti, che potrebbe essere ben più severa nelle località che si trovano più a bassa quota. L’innevamento artificiale non appare in grado di per sé di sostenere la domanda turistica legata agli sport invernali” aggiungono i ricercatori di Via Nazionale.

Appare, per Via Nazionale, cruciale ampliare l’offerta turistica con attività non strettamente connesse alla neve e investire in infrastrutture e programmi in grado di sostenere e spingere altri tipi di turismo, come quello legato ai congressi, ai centri benessere o agli sport invernali non legati alla neve. 

Oppure invertire il tipo di turismo, dal momento che quello estivo montano viene spesso indicato come un potenziale beneficiario del riscaldamento globale, che renderebbe invece più inospitali le zone balneari nel Mediterraneo

Quando fa troppo caldo ne risente la performance degli studenti, e non solo

Infine, secondo Banca d’Italia, le alte temperature danneggiano anche i risultati degli studenti più piccoli e gli esami di matematica. Bankitalia sottolinea l’effetto negativo del caldo nelle prove Invalsi che si svolgono fra fine maggio e giugno suggerendo date diverse per aree differenti del Paese o l’utilizzo di sistemi di aria condizionata nelle scuole. “Le evidenze empiriche – si legge – indicano effetti negativi soprattutto in matematica, a temperature estreme e per gli studenti più piccoli. Inoltre, vi sono segnali di un aumentato stress emotivo durante le prove per gli studenti più piccoli, come per esempio una maggiore ansia e un peggioramento della sensazione di benessere durante le prove valutative”.

Bankitalia: “Accelerare sull’innovazione tecnologica e recuperare terreno”

Il cambiamento climatico non è un processo irreversibile e contro il quale non esistono forme di difesa, ma un fenomeno complesso che lega a doppio filo dinamiche socio-economiche e naturali: da un lato i comportamenti delle persone e delle imprese influenzano le emissioni di gas serra e dunque l’evoluzione futura del clima; dall’altro i mutamenti in atto influenzano le scelte degli stessi agenti economici che tentano di trovare strategie per la mitigazione e l’adattamento. Per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico è quindi necessaria non solo una comprensione dei fenomeni naturali, ma anche un’analisi del funzionamento della società e del sistema economico.

Lo studio enfatizza come l’Italia dovrebbe “accelerare nell’innovazione tecnologica e recuperare terreno nella produzione di brevetti ‘green’ dove ha un trend negativo dal 2008 a differenza di altri stati europei”. Il nostro paese comunque può contare su conoscenze concentrate nelle innovazioni “mirate alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico legate al settore dei trasporti e alla riduzione delle emissioni di gas serra nel settore energetico”.

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