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Beria (Polimi): “Il futuro è più car sharing che auto elettrica”

Dalla rivoluzione culturale del car sharing, che nel 2016 in Italia ha sfondato il milione di utenti con 6,4 milioni di noleggi, ai nuovi servizi come Uber, Blablacar, Flixbus. Dall’auto elettrica, con un mercato come l’India che ha dichiarato che nel 2030 non venderà più veicoli a motore termico, al treno che fa una concorrenza sempre più capillare all’auto, portando ovunque le rotaie o garantendo i collegamenti intermodali, come nelle intenzioni di Trenitalia nel prossimo piano. Fino alla rivoluzione delle rivoluzioni: l’auto senza conducente, che metterebbe insieme condivisione e ecologia. Sono molte le strade verso la mobilità del futuro. Quale è destinata a prevalere? FIRSTonline ne ha parlato con Paolo Beria, docente di Economia dei Trasporti del Politecnico di Milano.

Che siano tecnologici o culturali, che riguardino la mobilità urbana o a lungo raggio, quale di questi cambiamenti – già in corso o futuristici – cambierà di più il nostro modo di muoverci, modificando le nostre abitudini e consentendoci di ridurre significativamente le emissioni di CO2? 

“L’auto elettrica in Italia interessa meno dell’1% delle vendite e ci vorrebbe comunque tantissimo tempo a convertire tutti i veicoli. Il car sharing è invece già una realtà, soprattutto a Milano e nelle grandi città, e offre la possibilità di un cambiamento di mentalità, ovvero non di usare un’auto meno inquinante ma – ancora meglio – di usare l’auto solo se necessario”.

In Italia il fenomeno è letteralmente esploso: nel 2016 tra Enjoy, Car2go, Share’ngo e Drive Now, i quattro operatori più presenti, gli iscritti sono saliti oltre il milione, con ormai oltre 6mila veicoli che hanno invaso le strade dei grandi centri urbani, Milano e Roma su tutti ma anche Torino, Firenze, Catania e Modena. In tutto il mondo, secondo dati al 2014, sono già oltre 104mila i veicoli di car sharing, di cui oltre la metà in Europa, il mercato più evoluto (prima è la Germania, poi l’Italia): ancora lontani tuttavia dai 37 milioni di veicoli privati presenti in Italia e dai circa 3 milioni che circolano solo a Roma, entrambi dati in crescita, a testimonianza della necessità di un cambio di passo.

 “E’ proprio per questo che il futuro è la condivisione: costringere milioni di persone a cambiare i loro veicoli in elettrici o a metano è molto più lungo e complicato che portarli a usare anche veicoli a motore tradizionale – che comunque adesso inquinano molto meno che in passato – ma il meno possibile”.

E’ un cambio che va dunque accompagnato con altro?

 “Assolutamente sì, anche il bike sharing ha portato una nuova cultura della bicicletta, anche se vale quasi solo per Milano tra le grandi città. Andrebbero aumentate iniziative come l’Area C o ancora meglio le aree pedonali o semipedonali, per abituare le persone anche ad andare a piedi. E poi ovviamente bisogna insistere col trasporto pubblico”.

Una rivoluzione, quella del car sharing, che però rischia di riguardare solo Milano, il mercato italiano più maturo, e le grandi città. Non crede?

“Questo è uno dei temi. Quando si parla di mobilità va distinta quella urbana e quella extraurbana. Il car sharing fa fatica a sostenersi già nelle periferie, dove alcune società sono state costrette a non coprire alcune zone o ad aumentare le tariffe, figuriamoci in provincia”.

Quale potrebbe essere la nuova frontiera per portare l’auto condivisa ovunque?

“Una mossa interessante in questo senso l’ha fatta Share’ngo, il car sharing elettrico che pur essendo il meno adatto alle lunghe percorrenze ha pensato di offrire noleggi a lungo termine con la possibilità per i singoli di condividere l’auto quando non la usano”.

Praticamente un subnoleggio: la società è garantita perché il cliente paga subito l’abbonamento mensile da 300 euro, ma il cliente può recuperare parte dei soldi se non utilizza l’auto tutti i giorni, portandola anche fuori dalle zone coperte. E’ così?

“Esattamente: per quel mese l’auto diventa sua, ma allo stesso tempo è condivisa. E può usarla ovunque”.

Share’ngo rappresenta il punto di incontro tra la condivisione tout court e un futuro che qualcuno vorrebbe fatto di auto elettriche, come il capo di Tesla (la società che ha prodotto il primo prototipo) Elon Musk, che ha ritwittato la notizia secondo la quale l’India, un mercato potenziale da centinaia di milioni di clienti, vorrebbe passare all’elettrico integrale entro il 2030.

“Se un grande Paese come l’India facesse un’operazione del genere le cose effettivamente cambierebbero. Al momento però l’auto elettrica ha due criticità: costa troppo e non ha le stesse performance di un veicolo termico, soprattutto nel lungo raggio. Ora, non sta scritto da nessuna parte che un prodotto nuovo, per imporsi universalmente, costi meno, ma almeno che sia migliore sì. Altrimenti entra nel mercato solo se obbligatorio, come si vuole fare in India e anche in Olanda”.

In Italia una misura del genere non è in cantiere e il mercato è ancora debolissimo, anche se in crescita. L’ad di Enel, Francesco Starace, ritiene che non si possa più tornare indietro, tanto che il gruppo elettrico investirà 300 milioni entro il 2018 per realizzare 12 mila punti di ricarica in tutta Italia. Un’altra novità è quella dei servizi innovativi come Uber, Flixbus o Blablacar.

“Il fatto che ci sia una gamma di operatori sempre più ampia è positivo. Ognuno può dare un contributo, Uber nella mobilità urbana, Blablacar e Flixbus sulle grandi percorrenze”.

E poi c’è il treno, con l’ultimo piano estivo di Trenitalia che punta apertamente a portare gli italiani in vacanza direttamente in treno, o con servizi ad esso annessi. La stessa Enjoy è partecipata da Fs, senza contare le navette FrecciaLink che collegano stazioni e località turistiche. Per rendere l’idea, ormai la linea Milano-Roma ha quasi 100 collegamenti al giorno e consente di trasportare 450 persone a viaggio a regime (900 nel caso dei Frecciarossa1000), con notevoli vantaggi per l’impatto ambientale. Cosa ne pensa?

“Trenitalia vuole diventare un grande operatore di mobilità, inserendosi anche nella partita del trasporto locale (dal 2018 ci saranno le gare, ndr): questa è una cosa che ritengo normale dal punto di vista commerciale, non rivoluzionaria ma certamente positiva”.

A questo punto dell’intervista, è opportuno un focus sulla rivoluzione più futuristica possibile, quella dell’auto elettrica a guida autonoma, ovvero senza conducente. Ci stanno lavorando le più grandi aziende high tech mondiali, dalla stessa Tesla a Google attraverso la controllata Waymo, da Apple col progetto Titan a Uber che ha acquisito Otto, società specializzata nei tir autonomi. Ma non c’è solo Silicon Valley: anche le case automobilistiche tradizionali stanno puntando in maniera convinta sul settore dell’auto a guida autonoma. Toyota ha presentato al Salone di Ginevra la i-Trill elettrica e connessa. Ford investirà un miliardo di dollari in 5 anni nella startup Argo AI, fondata da due ex Google e Uber. General Motors, lo scorso anno, ha acquisito Cruise Automation con l’obiettivo di accelerare il suo programma di auto autonome. Entro il 2018 dovrebbe portare in strada la propria versione di driverless, in partnership con Lyft, la principale rivale americana di Uber. Bmw ha quintuplicato la dotazione del proprio fondo di venture capital dedicato alle nuove tecnologie e ne ha trasferito la sede da New York alla Silicon Valley. Psa, il gruppo che controlla Peugeot, Citroën e Opel ha da poco avvitato i propri test e analoghi progetti coinvolgono praticamente tutte le maggiori case automobilistiche al mondo, da Nissan a Mercedes.

Professore, tirando le somme: sarà l’auto elettrica senza conducente la svolta finale in materia di mobilità, una rivoluzione ambientale e a misura d’uomo, oppure si tratta di un miraggio?

“Questa sarebbe la più grande rivoluzione: ci consentirebbe di non inquinare, di usare l’auto dove vogliamo, di farla guidare da chi vogliamo e persino di non guidare, guadagnando anche del tempo. Ma è una rivoluzione che potrebbe anche non compiersi”.

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