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Banda ultralarga non decolla in Italia, ma salgono gli investimenti

La banda ultralarga è ancora molto poco diffusa fra gli italiani, che continuano a preferire la rete mobile per accedere ai servizi di cui hanno bisogno. Ma a frenare l’uso della fibra sono anche i ritardi nella digitalizzazione delle imprese e della pubblica amministrazione. Questo il quadro che emerge nella Relazione al Parlamento del presidente dell’Autorità di garanzia nelle comunicazioni, Angelo Marcello Cardani.

“La disponibilità dei servizi di accesso a reti fisse a banda larga ha raggiunto il 99% delle abitazioni e quella a banda ultralarga è passata dal 36% del 2014 al 44% del 2015 – spiega Cardani – Tuttavia, la diffusione degli accessi a banda ultralarga è ancora molto basso: il 5,4% il numero di abbonati sulla popolazione contro il 30% dell`Ue, anche se in aumento rispetto al 2014, in cui la percentuale era ferma al 3,8%”.

GLI ITALIANI PREFERISCONO LA RETE MOBILE

I consumatori italiani, evidenzia Cardani, “continuano a preferire l’accesso alle reti mobili rispetto a quelle fisse (75% di diffusione contro il 53% degli accessi alla rete fissa a banda larga base, sintomo di un rallentato processo di convergenza rispetto all`Europa in cui gli indicatori sono pressoché equivalenti e pari al 72 e al 75%)”. L’1,8% del reddito pro-capite degli italiani è assorbito dalla spesa al minore prezzo disponibile per l’abbonamento a servizi a banda larga contro l`1,3% della media europea.

“All’origine delle performance poco soddisfacenti dell’Italia – ha continuato Cardani – due fattori determinanti: un minor livello di specializzazione e cultura digitale da un lato e l’invecchiamento della popolazione dall’altro. Alcune indagini, inoltre, mettono in evidenza il ruolo di freno alla diffusione dell`uso di Internet di fattori culturali e di abitudini di consumo; non si spiega altrimenti la percentuale quasi doppia dell`Italia rispetto all`Unione Europea di coloro che non hanno mai utilizzato Internet. Nel 2015, in Italia, tale percentuale è stata del 28% rispetto al 16% dell’Europa”. Per l’Autorità questo ritardo “risulta più elevato nei servizi più evoluti e rivolti alla popolazione matura: lo shopping in cui solo il 39% degli italiani usa la Rete contro il 65% degli europei; il banking (43% contro il 57%); il Video on Demand (19% contro 41%); le News (57% contro 68%)”.

L’utilizzo della rete da parte delle nuove generazioni e l’ampia diffusione degli abbonamenti a servizi di connessione dati e accesso colmano in parte il ritardo nella propensione degli italiani all’uso di servizi di social network (58% degli italiani contro il 63% dell’Unione) e musica, video e giochi, in cui l’Italia supera la media europea (52% contro 49%).

FARO ACCESO SU ENEL

In questo contesto, l’Agcom fa sapere che seguirà l’evolversi delle vicende connesse all’entrata di Enel nel settore della banda ultralarga, in particolare quelle legate all’accordo tra Metroweb e Enel Open Fiber, per valutare i possibili effetti sulla concorrenza.

GLI INVESTIMENTI CRESCONO

Sul fronte economico, l’Autorità parla di una crescita a doppia cifra per gli investimenti complessivi in infrastrutture nel settore tlc. Lo scorso anno l’aumento è stato del 20,2% e il totale ha sfiorato i 7,4 miliardi di euro. In particolare, per la rete mobile la crescita degli investimenti è stata pari al 15,5% (a 3,193 miliardi), per la rete fissa l’aumento è stato del 24% (a 4,182 miliardi) di cui la quota Olo è stata pari a 1,670 miliardi.

PREZZI IN CALO NELLE TLC

In generale, l’andamento dei prezzi nelle telecomunicazioni negli ultimi anni, rileva l’Agcom, risulta in diminuzione, con grandi benefici per i consumatori. La forbice rispetto all’indice generale dei prezzi si è allargata nel tempo. Nel 2015 continua la riduzione dei ricavi da servizi di telefonia vocale, come misurati dalla spesa degli utenti (-8,0%) e anche quella dei volumi che si sono ridotti del 10,3% rispetto all’anno precedente. Per i ricavi da servizi dati, invece, si osserva una crescita (+3,6%) tale da superare quelli da servizi voce.

CALA LA QUOTA DI MERCATO DI TELECOM

Nel 2015, la quota di mercato di Telecom Italia nei servizi a banda larga continua a diminuire, attestandosi al 47% delle linee, con una riduzione di circa un punto percentuale rispetto al 2014. La riduzione dei ricavi complessivi dei servizi di tlc su rete mobile sembra essersi arrestata: si registra solo una flessione dello 0,6% rispetto al 2014. Sensibile la riduzione dei ricavi voce (-8%). In crescita, invece, i ricavi da servizi dati (+6,2%) e quelli da altri servizi (+5,5%).

LA PAY TV RECUPERA SULLA TV IN CHIARO

Sul versante dei media, la tv in chiaro produce tuttora la parte più consistente degli introiti (4,5 miliardi di euro), anche se il divario rispetto alla pay Tv è andato riducendosi negli ultimi anni. La principale fonte di ricavo, anche per il 2015, è la vendita di spazi pubblicitari all’interno dei programmi televisivi, pesando per il 41% sulle entrate complessive.

Un’incidenza non molto inferiore (38%) sul totale è esercitata dalle offerte televisive a pagamento (incluse quelle sul web), mentre più contenuto (21%) è il peso dei fondi pubblici, che includono il canone per il servizio pubblico televisivo, le convenzioni con soggetti pubblici e le provvidenze pubbliche erogate alle emittenti. Circa il 90% dei ricavi totali è detenuto da tre operatori principali: Sky, Fininvest/Mediaset e Rai.

LA RAI DOMINA IN CHIARO, SKY REGNA NEL PAY

Nella televisione in chiaro, sebbene si riscontri una diminuzione delle quote dei primi due operatori, si conferma il ruolo preponderante di Rai, che detiene una quota superiore al 48%, seguita da Mediaset, con una quota del 35%. Nella Tv a pagamento, gli operatori con quote di ricavi rilevanti sono due: il gruppo Sky, con una quota che nel 2015 è pari a circa il 76%, e Fininvest/Mediaset, che con Premium possiede una quota di mercato pari a circa il 19%. L’indice di concentrazione del mercato della televisione a pagamento, anche se in riduzione, risulta superiore a 6.100 punti.

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