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Banche e Fintech, una rincorsa nella pandemia

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Se torniamo indietro di pochi mesi, giusto prima dello scoppio del Covid-19, una visione comune considerava le banche ormai condannate ad un inevitabile declino, colpite dall’aggressività delle FinTech e dalle mire espansionistiche dei grandi player dell’era digitale.  

Che hanno agito, nel settore bancario, secondo le modalità già sperimentate in molti altri comparti: dai libri e al commercio al dettaglio (Amazon), al turismo (Airbnb, Booking, Uber) alla comunicazione (Facebook, Google, ecc.).

Scomponendo le catene del valore tradizionali, usando le piattaforme digitali per creare nuovi modelli di business attorno cui aggregare masse crescenti di utenti. 

Il sistema bancario ha visto così sorgere in breve, nuovi concorrenti un po’ dappertutto: chi offre sistemi di pagamento, chi prestiti ai privati e alle imprese, altri propongono prodotti di risparmio o più semplicemente sistemi per gestire i budget individuali. 

Impegnate a smaltire la grande massa di NPL accumulati, con una grande, necessaria, attenzione ai costi e una certa, tradizionale, riluttanza al cambiamento, le banche hanno perso terreno rispetto ai nuovi player digitali.

A dire il vero qualche tentativo di riscossa c’è stato: rassegnate alleanze con i concorrenti digitali (nei pagamenti in particolare), acquisizioni di startup promettenti, o infine, in tempi più recenti, creazione di sistemi (ancora molto limitati), di open banking.  

Anche questi ultimi tuttavia, alla fine sottomessi ai ritmi scanditi dai grandi player digitali e a iniziative regolatorie di cui non sempre è agevole comprendere la ratio. 

Disruptive Innovation: verso quale direzione? 

Nulla, invece, che potesse smentire la profezia di chi vedeva le banche destinate ineluttabilmente ad imboccare un malinconico viale del tramonto, incalzate dal ritmo di innovazione delle FinTech. 

O ti adatti o muori, scriveva negli anni Novanta Clayton M. Christensen, il teorico della Disruptive Innovation, osservando le trasformazioni digitali che stavano iniziando ad abbattersi su interi settori dell’industria e dei servizi.

Ma non è detto che le cose vadano sempre a finire come ci si immagina e se un insegnamento stiamo traendo oggi, dall’emergenza Covid 19, è che non bisogna mai dare nulla per scontato

Ed ecco infatti, che quello che le banche non hanno fatto in anni di discussioni e convegni sulla trasformazione digitale, l’hanno messo in atto velocemente in poche settimane, convogliando competenze interne ed esterne, risorse, processi e conoscenze verso l’unico obiettivo di restare aperte e operative. 

Lavorare nella pandemia ha imposto la spinta alla digitalizzazione, a trasferire on line tutto quanto era possibile, a instaurare in modo diffuso lo smart working, fino a pochi mesi fa piuttosto osteggiato. 

Non sembra detto dunque, che la disruption vada sempre in una sola direzione: può anche, almeno in teoria, accadere il contrario. E che la preda riesca a recuperare sul predatore. 

Calano gli investimenti nelle FinTech 

In Italia le Fintech non sono ancora molto diffuse e abbiamo pochi riferimenti. 

Ascoltando quel che si dice oggi negli Usa, tuttavia, sembrerebbe che Pandemia e Fintech non vadano molto d’accordo, per ora. Con una crisi economica della dimensione e vastità che oggi si prospetta infatti, la maggior parte degli investitori sta pensando di allontanarsi da ogni possibile progetto che richieda un certo grado di rischio e tempi lunghi di ritorno. Come quelli in genere, connessi al mondo del banking e della finanza. 

Inoltre, esistono interi settori, ad esempio i prestiti ai privati o alle piccole imprese, in cui si stanno verificando due spinte opposte ma concomitanti. Cresce il rischio per le FinTech che offrono i crediti (visto il contesto macroeconomico) e allo stesso tempo diminuisce la fiducia negli operatori solo virtuali, da parte di chi ha bisogno di prestiti. Questi ultimi, in definitiva preferiscono, rivolgersi alla filiale di una banca tradizionale, avere un punto di riferimento fisico. 

Tempi duri quindi per le Fintech e questa potrebbe essere una buona notizia per le banche tradizionali.  

La grande scommessa, comunque, si giocherà nel futuro, quando le attività economiche riprenderanno in pieno e quando inizierà a configurarsi il nuovo contesto economico e sociale in cui dovremo abituarci a convivere con i pericoli dell’infezione.  

In quale scenario e con quali sfide opereranno le banche tradizionali 

Le banche, si è visto, sono passate rapidamente allo smart working, hanno gestito altrettanto velocemente tematiche complesse come quelle della gestione dei rischi di data breach e cybersecurity.  

Lo smart working avrà due implicazioni. Innanzitutto, sull’organizzazione del lavoro. Tramite questa modalità, infatti, è auspicabile che si possa superare la barriera del lavoro organizzato per procedure e flussi preordinati di informazioni. Che porta con sé un inevitabile risvolto burocratico: il contrario della proattività. Anche in questo caso, quello che non hanno fatto ore ed ore di coaching sul lavoro “agile”, potrebbe offrirlo in dote l’effetto Covid19. 

Sempre lo smart working potrà innalzare il livello di competenze digitali dei lavoratori.  

Nonostante gli ultimi anni abbiano visto un importante passaggio generazionale, l’età media dei bancari è elevata e il grado di istruzione vede ancora in minoranza i laureati. 

Per questo parecchio c’è ancora da fare e oggi può essere il momento adatto: dando vita alla trasformazione digitale di molte procedure interne, favorendo la costituzione di task force con il compito di diffondere la cultura informatica tra i colleghi, organizzandosi per dare assistenza ai clienti che iniziano a impratichirsi con le operazioni da remoto.  

Home Banking e nuove tecnologie  

Lavorare con la banca lontano dalla filiale rappresenta infatti la modalità che più conduce a competere sullo stesso terreno delle FinTech. 

Ancora oggi nel mondo occidentale, il ricorso all’home banking è limitato in termini assoluti e concentrato su alcune fasce di soggetti, con determinate caratteristiche di età e livello culturale. L’epoca che stiamo vivendo potrà accelerarne in modo esponenziale la diffusione se le banche vorranno farlo.

Sarà innanzitutto necessario incrementare drammaticamente il livello e il set delle tecnologie disponibili. 

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Come dimostrano esperienze già avviate in Far East, le banche dovranno adottare con rapidità strumenti di data analytics e di intelligenza artificiale.

Questi e altri mezzi potranno migliorare sia il rapporto con la clientela, che la capacità di disegnare nuovi prodotti e servizi. 

Anticipare le richieste e i bisogni, anche pensando alla fase post emergenziale, dovrà divenire una formula per rafforzare il rapporto banca – cliente. L’impiego attivo dell’ampia quantità di dati che le banche hanno oggi disponibili, potrà consentire di meglio definire il profilo del cliente, il livello di rischio, le sue preferenze. 

Analogamente, il ricorso a strumenti di behavioural economics permetterà di mettere a punto con maggiore dettaglio e precisione i servizi da offrire. 

Un mix di micromarketing ed economia comportamentale, supportato dal lavoro sui big data, per analizzare e interpretare i bisogni dei clienti ed entrare in contatto con loro, per fare proposte tagliate su misura, rispetto alle singole esigenze. 

E le filiali? 

Un banchiere americano, uno di quelli che rappresenta il volto delle banche retail, disseminate con le loro filiali nei più lontani territori e nelle più piccole enclave di quel paese, affermava in un’intervista, che i loro impiegati amano chiacchierare con i propri clienti, parlare di come stanno e dei fatti o dei problemi della loro comunità locale. Le filiali sono un luogo di vicinato, grazie a ciò quelle banche possono vantare una potenza di brand formidabile e un altrettanto forte, radicata fedeltà. 

Negli ultimi anni e in tutto il mondo, le filiali hanno rappresentato un peso per il sistema bancario in termini di costi. Oggi tornano ad essere un punto di riferimento importante per individui e imprese. 

La prossimità territoriale, che è anche conoscenza di chi in un dato contesto risiede ed opera, offre la possibilità di intervenire più efficacemente nella valutazione del credito e nella sua erogazione. 

Consente di far sentire alla comunità locale la vicinanza della banca. 

Sebbene si dovrà continuare a migliorare l’efficacia operativa delle filiali, per alleviare il peso dei loro costi sul conto economico delle banche, è difficile non vederne oggi, una loro rivitalizzazione, come punti chiave di relazione con il cliente.  

Il nuovo terreno della competizione 

Ibridazione del rapporto con la clientela attraverso la ricerca del giusto bilanciamento tra la relazione personale e quella digitale, massiccio impiego degli strumenti innovativi messi a disposizione dalle tecnologie ICT, sono i due aspetti chiave attorno a cui ridisegnare il ruolo delle banche nel contesto economico e sociale che sta configurandosi.  

Anche seguendo la logica dei concorrenti digitali (si pensi a Google, Apple, Amazon, Facebook), che hanno fatto dei market place da essi sviluppati, un luogo di incontro tra soggetti molteplici, traendone vantaggi formidabili grazie ai network effect così generati.  

Vedremo se le banche proseguiranno in questa direzione e come reagiranno le FinTech, che hanno dalla loro la grande dimestichezza con tecnologie sofisticate e l’inesauribile ostinazione dell’innovatore.  

Categories: Finanza e Mercati